NBA Top 10 Point Guards: i migliori dieci play della Lega
Le dieci migliori PG della NBA
10. Brandon Jennings
Probabilmente se giocasse in un mercato più grande ne parleremmo in maniera diversa anche se non necessariamente migliore. Young Money è una delle point guard emergenti della lega e su questo non ci piove. La scorsa stagione ha segnato 19.1 punti, ma le sue percentuali rimangono ancora troppo deboli (41% dal campo l’anno passato e il 39% in carriera) così come la sua capacità di coinvolgere i compagni a dovere come dimostrano i “soli” 5.5 assist per gara, pochini soprattutto se si considera il gioco offensivo dei Bucks che lo vede spesso con la palla in mano. Jennings tuttavia, siamo sicuri, sarà presto un All Star: è un leader naturale e nei playoffs 2010, gli unici giocati finora, trascinò letteralmente i suoi fino ad una memorabile gara 7 contro Atlanta, mostrando un carattere e un coraggio che in pochi possono vantare. E nonostante in molti continuino a discuterne il fisico (nettamente tra le guardie più leggere della NBA) BJ ha giocato 211 gare sulle possibili 230 nelle ultime 3 stagioni, dimostrando di poter competere stando lontano dagli infortuni.
La stagione 2013 sarà decisiva. Monta Ellis gli toglierà pressione in attacco e questo dovrà essere sinonimo di scelte di tiro migliori e un maggior numero di assistenze.
9. Kyrie Irving
Rookie dell’anno della passata stagione non ci sono dubbi che l’ex Duke sarà una delle, se non la, point guard del futuro nella NBA. Le cifre pur rimarchevoli (18.4 punti, 5.4 assist con il 46% dal campo e il 40% da oltre l’arco) dicono poco di questo splendido giocatore che ha saputo reggere la pressione di una Cleveland che, orfana di LeBron, era alla disperata ricerca di un’altra star su cui porre le proprie speranze. Leadership, etica del lavoro e una mailiza tecnica che fanno spesso dimenticare la sua carta d’identità, che recita all’anno di nascita, 1992. Dovrà continuare la sua crescita, ma non ci sono dubbi che per lui The Sky’s the Limit.
8. Ty Lawson
Alzi la mano che pensava che l’ex Tar Heel potesse diventare questo incredibile giocatore all’uscita dal college. Dopo un primo anno degno di nota, ma come cambio di Chancey Billups, ceduto quest’ultimo è diventato titolare ed è semplicemente esploso. Coach Karl è riuscito nel mettere in condizione il 3 di esprimere tutto il suo potenziale, dandogli la palla in mano e anche una certa carta bianca in attacco e Ty lo ha ripagato giocando alla grandissima. Anche in questo caso per l’All Star Game è solo questione di tempo. Le sue penetrazioni e la sua capacità di finire in traffico, grazie ad un fisico atletico e tosto, sono da Top 3 NBA, così come la sua capacità di essere decisivo quando conta. Con tutto il talento che ha intorno quest’anno dovrà condividere un po’ di più l’arancia. Gode di tantissima fiducia da parte della società (è l’unico dell’era Anthony ad essere rimasto) e fin ora non è mai stato messo in discussione, ma chiaramente i Nuggets adesso sono attesi a qualcosa di più di un’eliminazione al primo turno dei Playoffs e su TL pesano, in questo senso, non poche
7. Tony Parker
Il francesino, se non esistesse sul pianeta il Dottor James LeBron, sarebbe stato l’MVP della passata stagione e se lo sarebbe meritato. Tony è ormai il leader indiscusso dei suoi Spurs, in particolare dell’attacco che inizia e finisce con le sue iniziative, ad eccezione delle pennellate mancine di Manu. Come possa, ancora a 30 anni, mantenere tali medie in una squadra come San Antonio e soprattutto continuare a realizzare nel pitturato con quel fisico rimane un mistero. Ma Parker è questo e ne darà prova anche la prossima stagione. Con Nando de Colo avrà un cambio amico, in tutti i sensi, e ne gioverà, arrivando più fresco alla post season, cosa che non sempre è riuscito a fare. Molto interessanti anche i 7.7 assist per gara distribuiti l’anno passato, segno anche di una maggiore maturità tecnica. Uno dei migliori giocatori del mondo nel sapere dare tutte le sere esattamente quello di cui necessita la squadra.
Un giorno il suo numero 9 penzolerà dal soffitto del AT&T Center.
6. Steve Nash
Vederlo in gialloviola, circondato da tutto quel talento, è stato un regalo all’umanità cestistica e anche a lui. Non è facile descrivere Steven John Nash: anche avesse 26 anni dovrebbe essere, per fisico e atletismo, un Chris Quinn con più tiro da fuori e non un due volte MVP. Figurarsi a 38 anni suonati. Eppure ancora oggi, nessuno è in grado di guidare un attacco a livello corale maglio del canadese, che anche in questa stagione probabilmente chiuderà in doppia cifra per assist smazzati. Se volete però andare più a fondo nelle cifre, inspiegabili, prodotte dal Nash, date un’occhiata alle percentuali di tiro sempre attorno al 50% dal campo, il 40% da 3 e il 90% ai liberi. Semplicemente pazzesco.
In difesa soffrirà come sempre le tante guardie più atletiche, ma se ne accorgeranno in pochi. Il pick n’ roll con Gasol sarà roba da rinascimento fiorentino.
L’anello sarebbe solo giusto, ma anche se non arriverà Steve Nash ha già cambiato, per sempre, la pallacanestro.
5. Russell Westbrook
Lo continuano (e continuiamo) a criticare per essere una shooting first point guard, pur avendo a fianco il miglior attaccante del mondo, e lui continua a rispondere distruggendo sera dopo sera ogni avversario che si trova di fronte. E dopotutto stiamo parlando di un uomo da quasi 24 punti per gara che ha giocato (e anche molto bene) le scorse finali NBA. Serve altro? L’ex Bruin, come ha mostrato anche quest’estate a londra è l’esterno più atletico del globo, capace di schiacciare in testa a qualsiasi lungo NBA, ma anche dotato di un arresto e tiro mortifero dalla media. I suoi 5.5 assist di media preoccupano tutti tranne che il suo coach e i suoi compagni di squadra, segnale che il suo gioco è ben inserito nel sistema che, come detto, ha raggiunto l’ultimo ballo. Sottovalutato difensore migliorerà col tempo nella comprensione del gioco e nelle scelte di tiro, ma se c’è uno che fa paura è proprio il numero 0.
Ah dimenticavamo: sebbene di botte ne prenda parecchie, non ha mai saltato una sola gara tra i pro.
4. Deron Williams
Per tecnica e fisico semplicemente il miglior esterno dietro della lega. Nessuno ha le visioni di D-Will con il tiro di D-Will e soprattutto con il fisico da linebaker di D-Will. E’ stato per troppo tempo all’ombra di altre guardie pur producendo anno dopo anno cifre incredibili (20 punti e 10 assist di media con nonchalance), ma adesso dopo l’oro di Londra e soprattutto il contrattino siglato corrispondente a quasi 100 milioni di dollari, Williams è sotto i riflettori e per questo deve vincere. Ha tutto per farlo compresa una nuova casa, quella di Brooklyn, dove gli stimoli non verranno certo a mancare. In più avrà come compagno di backourt un altro buono davvero come Joe Johnson. Giocatore semplicemente favoloso. Se mai riuscirà ad aggiudicarsi anche dell’argenteria anulare, allora parleremo di Hall of Fame.
3. Rajon Rondo
Non si può definire Rajon Rondo se non con “WOW”. Insieme a Nash, è un playmaker vero, nel senso che ha lui le chiavi dell’attacco ed è lui che decide quando e come mettere in ritmo i suoi compagni. E lo fa semplicemente in maniera perfetta. I Boston Celtics sono la sua squadra e i suoi vanno fin dove li porta lui e, come dimostrato nella passata stagione, non si fermano al primo turno. Nessuno nella lega gioca con la sua creatività e con la sua determinazione. Mani rapide a dir poco (2 furti di media in carriera) è più in difficoltà nella fase difensiva classica, ma anche questo fa parte del pacchetto. A differenza di altri il suo gioco si eleva a dismisura nei playoffs,. Ha dimostrato anche di saper segnare tanto e bene quanto coach Rivers glielo chiede e con i nuovi compagni non è da escludere che le sue medie in fase realizzativa aumentino, soprattutto nella prima parte della stagione. Il giocatore più divertente della NBA e se qualcuno lo definisse anche la miglior point guard non andrebbe troppo lontano dalla verità.
2. Derrick Rose
Anche senza l’Adidas a ricordarcelo, tutti noi sappiamo che D-Rose sta lavorando duro per tornare ad essere quello che fu 2 anni fa: il miglior giocatore della NBA. E se l’infortunio subito quel maledetto 28 Aprile non fosse occorso, chissà se la parata per il titolo si sarebbe svolta a South Beach. Rose, che sembra di molto avanti nei tempi di recupero, quando tornerà sarà di nuovo la point guard più immarcabile della lega, capace di schiacciare come solo il suo collega di OKC sa fare, ma anche disciplinato in attacco, uno dei pochi che migliora davvero i compagni. In difesa è sicuramente un cliente poco gradito ai suoi avversari e come se non bastasse adora assumersi le sue responsabilità quando solo i campioni veri possono prendersele. E’ di Chicago e con questo gruppo di giocatori il suo gioco va a meraviglia senza contare che coach Thibodeau è perfetto per lui. Insomma al rientro, il Numero 1 sarà non solo di nuovo una delle migliori point guard della lega, ma anche un candidato più che legittimo per il premio di MVP.
1. Chris Paul
Le rivoluzioni avvengono spesso davanti ai nostri occhi, senza che ce ne accorgiamo. Oggi i Los Angeles Clippers sono posizionati nei ranking prestagionali tra i primi ad ovest, i free-agent gradiscono la piazza ed accorrono per unirsi al gruppo, e persino la NBA ha iniziato ad inserirli nei promo pubblicitari. I Clippers sono una squadra “normale” adesso, che ha ambizioni da titolo, almeno in futuro prossimo. Ma i Clippers “normali” non furono mai (se vi interessa il come ed il perché andatevi a leggere cosa ha scritto l’avvocato Buffa al riguardo) fino a quando Chris Paul non ha indossato per la prima volta la canotta bianco-rossa-blu dell’altra squadra di Los Angeles. Chris ha semplicemente rivoluzionato, appunto, un’intera organizzazione dentro e fuori dal campo, una cosa che mai, ad eccezione forse del biennio in cui Larry Brown sedeva sul pino, a nessuno era riuscita. Questo anche perché CP3 è più che un eccezionale giocatore di basket. Un leader e un vincente prima di tutto fa esattamente qualsiasi cosa possa servire alla sua squadra per vincere, sia questo segnare 40 punti o servire 20 assist, ma anche, se non soprattutto, mettere in condizione chi gli sta in torno di dare il massimo. E lo fa dall’alto, si fa per dire, del suo metro e ottanta. Non c’è nessuno nella lega come Paul e chissà quando ci sarà di nuovo. Il vero floor general della NBA, più forte anche di Isaiah Thomas, che pure ricorda, CP3, sarà prima o poi MVP. Ed il fatto che lo faccia a Los Angeles sponda Clippers, beh per noi basta e avanza per eleggere lui come la miglior point guard della lega.
Pagina di 3