NBA focus: chi dopo Steph?
Il passo da 'semplice' All Star a vero campione è uno dei più difficili da compiere, sono almeno tre i giocatori che stanno provando a farlo in questo primo mese di regular season
In questo primo mese di partite Curry è riuscito addirittura a sorprendere anche i suoi supporters più accaniti, coniugando a livelli mai visti prima efficienza, volume e coefficiente di difficoltà. 'Rischia' di finire gli 82 games con oltre 400 triple mandate a bersaglio, da solo ne ha segnate di più dei Nets....
Dietro di lui la situazione è più fluida, LeBron è sempre LeBron, Davis pur tra alti e bassi produce numeri di altissimo ivello, come la coppia di assi dei Thunder. Harden per ora è il grande assente, al suo posto sono almeno tre gli atleti che si stanno proponendo come candidati per il prestigioso trofeo e per un posto nel first team, vediamoli insieme:
Kawhi Leonard
Gli Spurs sono una delle poche squadre che evitano di ricorrere alla small-ball, anche per pochi tratti di partita. Sembra quasi che Popovich lo stia facendo di proposito, per abituare il team alla presenza di Aldridge, e anche per 'nascondere' al mondo il potenziale di un assetto con l'ex Blazers e Kawhi Leonard più tre esterni. Sulla carta una delle poche, pochissime five-man unit in grado di giocarsela con l'ormai celebre lineup dei Warriors, con Green da 5, che in soli 64 minuti ha realizzato 91 punti in più di quelli subiti, di gran luga il migliore della lega.
L'ex San Diego State continua a crescere anno dopo anno, fa sempre meno errori ed è ormai il leader offensivo del suo team. Nella sua esplosione c'è la chiara impronta dello staff tecnico, che lo ha preso quando era un diamante grezzo di due metri con atletismo e mani giganti, e lo ha trasformato in una vera e propria stella. Di quelle che parlano poco e lavorano tanto, in classico stile Spurs.
Blake Griffin
I Clippers stanno faticando più del previsto per diversi motivi, dal buco in ala piccola alla scarsa consistenza della second unit. Di certo non per colpa di Blake Griffin, un altro che continua a migliorare il suo repertorio stagione dopo stagione:
Nessuno ha segnato più canestri di lui dalla media distanza (dopo anni di dominio di Nowitzki prima e Aldridge poi), un tipo di tiro che le difese gli hanno sempre concesso nel corso degli anni. Invece di cercare altre soluzioni Griffin ha lavorato duramente su questo fondamentale, ed i risultati per ora gli stanno dando ragione. In questi casi è importantissimo trovare il giusto equilibrio tra dentro e fuori, molti tendono ad accontentarsi del tiro per evitare i contatti sotto i tabelloni. Non è così per Blake, secondo Player Tracking la stragrande maggioranza dei suoi 'mid-ranger' sono tiri aperti, ed oltre il 46% dei suoi tiri totali li prende entro i 10 piedi dal ferro, mandandone a segno due su tre...
Come se non bastasse la sua notevole efficienza offensiva, Griffin sta anche facendo registrare i suoi migliori dati in carriera per percentuale di assist, usage e percentuale di palle perse. Quasi mai ad un aumento del 'carico' offensivo corrispondono miglioramenti per quel che riguarda efficienza offensiva, assist e palle perse, specialmente se - come in questo caso- si parla di prima opzione offensiva.
Paul George
Poco da dire, George è tornato ed è più forte di prima. Con qualche aggiustamento (tipo il sempre positivo Miles dirottato al suo posto sulle power forward) il sottovalutatissimo Vogel è riuscito a mettere la sua stella nelle condizioni ideali per rendere al meglio.
Nelle 11 vittorie l'ex Fresno State viaggia con medie fantascientifiche: 29.6 punti, 8.1 rimbalzi, 4.1 assist e 1.8 recuperi, tirando con il 47% sia da due che da tre, e l'85% ai liberi su 7.6 tentativi per game. Non si tratta di numeri messi insieme in un contesto perdente, Indiana ha vinto 11 partite su 16 nonostante un avvio di stagione non esaltante di Monta Ellis, principale acquisto estivo della rivoluzione orchestrata da Bird.
Con lui in campo i Pacers segnano più di 10 punti ogni 100 possessi in più degli avversari, quando riposa l'offensive rating scende da 104.4 a 94.5, ed il defensive rating sale da 94.3 a 99.3.
Non era proprio il caso di chiedere di fare a sportellate con i lunghi avversari ad uno con il suo talento e la sua capacità di difendere con voglia e grinta su ogni tipo di esterno.
Probabilmente anche le sue perplessità sull'idea small-ball derivavano proprio dalla prospettiva di non poter fare al 100% quel che gli piace di più, e questo Vogel lo ha capito.
I risultati gli stanno decisamente dando ragione.
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