ESPN continua nella sua crociata 'anti-Kobe'
Henry Abbott definisce Bryant come il più grande giocatore della storia dei Lakers ma anche come l'uomo che sta affondando la franchigia.
Tra ESPN e Kobe Bryant non corre buon sangue, ormai è ben noto. Dopo l'articolo a firma di Royce Webb, che aveva definito il Black Mamba come un disastro da 30 mln di dollari, adesso arriva Henry Abbott, altra firma di ESPN, a mettere il dito nella piaga.
Il titolo del pezzo di Abbott è piuttosto esplicativo: Kobe, il miglior giocatore di sempre della storia dei Lakers ma anche l'uomo che sta distruggendo la franchigia dall'interno.
Si parte subito dopo le Finals del 2010, ennesimo titolo per i Lakers, che sembrano aver una squadra destinata a dominare per anni con Kobe, Pau Gasol, Andrew Bynum ancora sano fisicamente e veterani leader come Fisher. Proprio The Fish subito dopo quelle Finals, entusiasta per la vittoria, si lanciò in un proclama: "Questo è solo l'inizio, continueremo a vincere, baaaby!!"
Le cose, però, non sono andate esattamente come previsto. Negli ultimi 4 anni, infatti, i Lakers sono andati in caduta libera, hanno perso la maggior parte dei giocatori che avevano reso grande la squadra e hanno visto scomparire anche il faro della franchigia, quel Jerry Buss che aveva reso grandissimi i Lakers. L'unico elemento rimasto di quella squadra è proprio Kobe Bryant che, secondo fonti vicine ad ESPN, è stato anche uno dei motivi principali del crollo della squadra negli ultimi anni.
Kupchak, dopo le finali del 2010, iniziò a preparsi ad ogni evenienza, sapeva che Kobe aveva spinto il suo corpo oltre ogni limite immaginabile e voleva prepararsi ad un futuro senza di lui, visto che anche Jerry Buss iniziava a nutrire qualche dubbio sul futuro della franchigia gialloviola. Il GM dei Lakers è un membro della vecchia guardia, lavora con la squadra fin dal 1986, e sa che in una lega dove ci sono una quindicina di superstar in grado di cambiare il volto di una squadra e 30 squadre che cercano di accaparrarsele, bisogna sperare in un miracolo per cercare di arrivare primi. In realtà, però, le cose per i Lakers erano sempre andate in modo diverso, fin da quando presero Kobe Bryant nel draft del 1996. A quel tempo i Lakers pensavano che Kobe fosse il vero diamante di quel draft ma non avevano una scelta neanche lontanamente vicina al range di Kobe e così si mossero a modo loro. Puntando sul loro appeal, sulla loro storia, i Lakers riuscirono a convincere l'agente di Kobe a non mostrarlo nei workout pre-draft alle squadre dei piccoli mercati e Arn Tellem, l'agente di Kobe a quel tempo, rese molto chiaro a squadre come Charlotte che il suo assistito non aveva intenzione di giocare per squadre piccole. Alla fine tuttò andò come doveva andare: Charlotte scelse Kobe alla 12 e lo spedì a Los Angeles in cambio del centro Vlade Divac. I Lakers, dunque, ottennero il loro uomo, anche se inizialmente sembrava non avessero le risorse per farlo.
Una storia piuttosto comune: la maggior parte dei migliori giocatori della storia NBA hanno spinto per finire in una franchigia come i Lakers, da Kareem Abdul-Jabbar a Shaquille O'Neal. Dal 2012 il piano dei Lakers divenne molto chiaro, il vice-presidente Jim Buss, figlio di Jerry, dichiarò che la squadra puntava tutto sulla free-agency del 2014: 'Puntiamo molto su quella free-agency, vogliamo essere nella condizione di fare dei grandi colpi, quindi strutturemo i contratti dei nostri giocatori di conseguenza"
Kupchak aveva strutturato la maggior parte dei contratti in modo tale che scadessero quando giocatori come Lebron o Paul George sarebbero stati disponibili sul mercato. Fino a quel momento, Kupchak fu molto aggressivo nel cercare delle trade per arrivare a giocatori determinanti come Chris Paul e Dwight Howard. In tutto questo i Lakers riuscirono a mantenere la loro prima scelta nel tanto decantato draft del 2014, in questo modo la squadra poteva draftare una potenziale superstar e gli asset e lo spazio salariale necessario per firmare grandi free-agent nell'Estate del 2014 o del 2015. Il piano sembrava perfetto....
Poi, però, iniziarono i problemi. Dopo l'addio di Phil Jackson nel 2011, la squadra iniziò a crollare e quando arrivò la famosa free-agency del 2014 e i Lakers iniziarono a contattare le tante superstar disponibili, i messaggi che arrivarono non furono positivi. Niente Lebron, niente Paul George, niente Chris Bosh, niente Kevin Love. Nessuno di questi grandi giocatori è arrivato a Los Angeles.
Abbott torna indietro di qualche tempo e si sofferma sull'arrivo di Ramon Sessions ai Lakers: 'Nella primavera del 2012 ai Lakers arrivò Ramon Sessions, point-guard specialista del pick and roll. Sessions fece bene durante quel periodo, a parte la prestazione opaca durante i playoffs. Ma quando a fine stagione gli venne proposto di rimanere ai Lakers, possibilmente anche da titolare, Sessions rifiutò. Sessions firmò un contratto più lungo e che gli garantiva maggiore sicurezza salariale ma come backup di Kemba Walker agli Charlotte Bobcats, che venivano dalla peggiore stagione della loro storia. Sessions fu sempre molto evasivo sui motivi dell'addio ai Lakers ma in molti giurano che il rapporto del giocatore con Kobe era stato molto difficile. All'interno la dirigenza dei Lakers era furiosa e riteneva che Kobe fosse stato il motivo dell'addio di Sessions. Un agente di lungo corso ha dichiarato ad ESPN "dietro gli stendardi dei titoli, c'è un sacco di marcio dentro i Lakers. Non si può andare oltre quello che Kobe vuole quindi ci si può muovere solo intorno"
Un fattore comune alla lunga permanenza di Bryant ai Lakers è sempre stato questo: la colpa è sempre dei suoi compagni di squadra, non la sua. Tutti i grandi giocatori passati in questi anni ai Lakers (Shaq, Gasol, Bynum, Howard), hanno dovuto sopportare le sfuriate di Kobe e la sua ritrosia a difenderli di fronte alle critiche dei media. Quando le cose andavano bene erano compagni preziosi e membri dello spogliatoio impeccabili, quando le cose andavano male, invece, era tutta colpa loro e Kobe non alzava un dito per difenderli o per calmare le acque.
"Ho avuto molti clienti, tutti ottimi giocatori, negli ultimi 5 anni che non avevano nessuna intenzione di giocare con Kobe," ha dichiarato un agente che ha gestito diverse superstar NBA. "I miei assistiti notavano che i compagni di Kobe diventavano sempre i capri espiatori della situazione, dei pezzi di carne da lanciare in pasto alla stampa. Chiunque provava a sfidare Kobe sul piano mediatico, finiva per essere asfaltato dai media, persino un giocatore come Shaq."
Moltissimi addetti ai lavori sono concordi nel dire la stessa cosa: Kobe è stato in grado di ridicolizzare e distruggere la carriera di diversi giocatori, compresi diversi suoi compagni di squadra. Se non facevi come diceva lui, finiva male, in un modo o in un altro.
Abbott, poi, passa all'analisi della vicenda Dwight Howard e analizza il suo addio ai Lakers: 'Dopo una stagione davvero difficile per i Lakers, arrivò la free-agency del 2013, bisognava cercare di convincere Howard a rimanere. Il lungo aveva già avuto contatti con Mavericks, Rockets, Warriors e Hawks, trattenerlo non sarebbe stato semplice. L'incontro con i Lakers si tenne il 2 Luglio a Beverly Hills, negli uffici dell'agente di Howard. Kupchak, che era il più grande sostenitore di Howard ai Lakers, preparò l'incontro nei minimi dettagli e puntò molto sullo stile, dicendo agli altri membri che si sarebbero dovuti presentare di essere impeccabili nel vestire e nel modo di approcciarsi. "Dobbiamo fargli capire che questo è il posto dove può realizzare i suoi sogni," disse Kupchak. Quando la delegazione dei Lakers prese posto, fu subito piuttosto chiaro che Steve Nash aveva seguito in pieno le indicazioni di Kupchak. presentadosi vestito di tutto punto e sostenendo il suo GM nell'opera di convincimento di Howard. Ma Kobe, invece, si presentò all'incontro in maglietta e pantaloncini, una catena d'oro sgargiante e un atteggiamento molto seccato. Durante l'incontro Howard chiese ai suoi compagni di squadra perchè, nel corso della stagione appena conclusa, non lo avessero difeso quando le cose stavano andando male, lasciando che tutta la colpa del fallimento dei Lakers ricadesse sulle sue spalle. Nash si mostrò comprensibile e disse che, se avesse saputo che Howard si fosse sentito in quel modo, avrebbe agito diversamente e lo avrebbe difeso dalla stampa. Bryant, invece, disse chiaramente ad Howard di smetterla di frignare e di imparare a vincere, facendogli capire che il suo atteggiamento non gli piaceva affatto e che aveva ancora tanta strada da fare. Una fonte vicina ai Lakers ha dichiarato ad ESPN: 'Kobe lo distrusse letteralmente, nel giro di un quarto d'ora era chiaro che Howard non avrebbe mai rifirmato con i Lakers". Poco dopo quell'incontro, infatti, Howard decise di firmare per i Rockets, rinunciando a quasi 30 mln di dollari.
In molti fecero passare l'addio di Howard come una decisione legata alla sua incompatibilità con il sistema di gioco di coach Mike D'Antoni. Ma fonti vicine ai Lakers, in realtà, raccontano una storia diversa: 'Vedeva un giocatore avere carta bianca e giocare totalmente fuori dagli schemi, senza che nessuno battesse ciglio. Le persone che dicono che Howard non fosse in grado di reggere la pressione di Los Angeles dice una cosa ridicola....Howard amava Los Angeles, era il suo sogno di sempre. Celebrità, fama, belle donne, era come vivere in un reality show, era perfetto per lui"
Anche Steve Nash non riuscì a nascondere la sua delusione dopo la prima stagione giocata in maglia Lakers a fianco di Kobe: 'Penso che sarebbe bello riuscire a trovare un equilibrio, un territorio comune dove Kobe fa il suo ma la palla continua a muoversi per creare nuovi spazi," dichiarò Nash a Zach Lowe di Grantland. "Ma sapevo che era difficile che potesse succedere, quando giochi con Kobe, la palla sarà nelle sue mani per la maggior parte del tempo"
Bryant è sempre stato un grande realizzatore, tirare per lui non è mai stato un problema, anzi. Al momento, è il quarto realizzatore di sempre nella storia della NBA, dietro solo a gente come Abdul-Jabbar, Karl Malone e Michael Jordan. Ma è anche molto vicino a diventare il record-man per tiri sbagliati nella storia della NBA: "Il vero problema è che Kobe non è efficiente quanto pensa di essere," ha dichiarato una fonte interna ai Lakers. "Se fosse un giocatore con tanti intangibles, come Lebron, o se avesse un carattere diverso, per i Lakers non sarebbe così difficile attirare talento da mettergli intorno, mantenerlo e vincere ancora."
Abbott, allora, arriva alla domanda finale del suo articolo: Perchè i Lakers lo scorso Novembre hanno deciso di rinnovare il contratto di Kobe per altri 2 anni, nonostante sapessero perfettamente i limiti caratteriali e fisici della superstar?
"Per rispondere alla domanda sul rinnovo di Kobe bisogna concentrarsi sulla persona di Jim Buss, il VP dei Lakers, nonchè figlio del defunto Jerry Buss. Prima che il padre di Jim passasse a miglior vita e consegnasse al figlio la squadra, per anni molti addetti ai lavori si erano presi gioco del Buss figlio. Peter Vecsey lo definì "un animale da party" e Magic Johnson dichiarò più volte che Jim non era all'altezza di suo padre e che stava sbagliando tutto nella gestione della squadra. Quando Phil Jackson se ne andò nel 2011, disse che non aveva mai parlato con Jim e che il suo rapporto con la "cosiddetta dirigenza Lakers" era inesistente. Jeanie, sorella di Jerry e compagna di lunga data di Phil Jackson, non perdonò mai al fratello la decisione di assumere Mike D'Antoni anzichè Jackson dopo l'inizio disastroso della stagione 2012-2013. Tutti questi eventi non hanno contribuito a migliorare l'immagine di Jim Buss agli occhi dei tifosi dei Lakers ma Jim continua a seguire la regola fondamentale insegnatagli dal padre: "i panni sporchi si lavano in casa". Ogni qualvolta che Buss è stato attaccato o da Kobe o da Phil Jackson sui media, Buss non ha mai risposto pubblicamente, proprio per non creare ulteriore attenzione mediatica su delle vicende interne. Tutto questo ha portato Jim ad avere un atteggiamento prudente nei confronti di Kobe, quindi niente amnesty clause come diversi amici e addetti ai lavori gli avevano suggerito. Anche perchè i motivi per trattenere Kobe non mancavano. I Lakers, infatti, sono una franchigia molto diversa dalle altre: hanno molti più incassi è vero ma si basano su una gestione esclusivamente familiare. Molti proprietari NBA hanno anche altri interessi economici e la squadra di basket è solo una delle entrate dei loro gonfi portafogli. La famiglia Buss, invece, si regge solo sui Lakers, non ci sono investimenti in altri settori, si vive solo in gialloviola. Dunque, non c'è guadagno più grande di quello che possa venire dai contratti televisivi stipulati per i Lakers. 3 miliardi di dollari in 20 anni dalla Time Warner per la trasmissione delle partite, senza Kobe sarebbe stato difficile strappare lo stesso tipo di cifra."
Kobe, nel frattempo, ha continuato a fare come meglio credeva, soprattutto quando si è trattato di aiutare i Lakers a firmare grandi free-agent. Quando doveva esserci l'incontro con Carmelo Anthony, Kobe volò in Europa ma promise che si sarebbe messo in contatto telefonicamente con Carmelo, cosa che non è successa, ricordando ai Lakers quello che Bryant aveva fatto nel 2012 con Steve Nash. Pochi giorni prima che i Lakers chiudessero l'acquisto di Nash, il giocatore canadese chiese di poter parlare con Bryant per chiedergli di lasciargli di più la palla in mano, in modo da garantire un attacco più fluido. Quando i dirigenti dei Lakers chiesero a Bryant di chiamare Nash, il Mamba rispose stizzito e disse che, al massimo, era Nash che doveva chiamare lui. Si creò una tale confusione che l'affare con Nash rischiò di saltare ma alla fine Kupchak riuscì a mettere una pezza sulla situazione.
Dopo quest'ultima off-season, in casa Lakers si è arrivati ad una conclusione, che forse era evidente da tempo: "Nessuno deille grandi superstar del momento vuole giocare con Kobe. Jim Buss sta solo aspettando che lui se ne vada"
Qualunque tipo di progetto di rebulding dovrà aspettare l'addio di Kobe: "E' come sposarsi contro la propria volontà," ha dichiarato una fonte interna ai Lakers. "Sei costretto a farlo e l'unico modo che hai per uscirne è aspettare che, in un modo o nell'altro, finisca."
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