Il pagellone di mercato NBA dopo la deadline: Western Conference
Ecco i voti alla prima parte di stagione dei General Manager delle squadre della Western Conference
Arriva il grande appuntamento con il pagellone ai GM NBA. Chi si è mosso bene durante la deadline e in generale ha aggiustato la squadra nel modo giusto durante la stagione? Chi ha riparato ad eventuali errori commessi in fase di mercato l'ultima estate?
Non è un'analisi molto semplice, ma proviamo a fare un focus, partendo dalla Western Conference:
GOLDEN STATE WARRIORS (Bob Myers): 6,5. Mezzo voto in più per la scelta del coach, che è sicuramente un fattore che sta lanciando gli Warriors, ma nel mezzo alcune cose che potevano essere fatte meglio. Livingston è troppo pagato e accantonando il senno di poi si può dire che anche Klay Thompson poteva essere tenuto a meno. Nella deadline resta immobile e questo è uno sbaglio, perché si potevano sacrificare un paio di prime scelte (tra la 28 e la 30 nei prossimi anni, quindi sacrificabili) per sbarazzarsi del contratto di David Lee, vera palla al piede per potersi garantire flessibilità per rinnovare tutti senza pagare un mare di luxury tax. In ogni caso campa di rendita su ciò che ha ben costruito nelle due stagioni precedenti.
MEMPHIS GRIZZLIES (Chris Wallace): 6,5. Deve fare una sola cosa e la fa: acquisire un'ala piccola di spessore. Per farlo si sbarazza di una prima e di una seconda scelta (anche qui si parla di perdite sacrificabili), oltre al contratto pesante di Tyshaun Prince. Jeff Green è la risposta per completare il roster di una squadra che ha tutto per arrivare fino in fondo. Di quanto faccia lui rispetto alle influenze di Hollinger e del patron Pera non lo sapremo mai, ma sicuramente è poco mediatico e molto metodico. Non fa mosse azzardate, cerca sempre il tassello migliore alle sue condizioni. In estate dovrà convincere Marc Gasol a rinnovare; lì si vedrà se ha le stimmate del GM d'elite.
PORTLAND TRAIL BLAZERS (Neil Olshey): 7. La mossa di prendere Afflalo è estremamente scaltra. La squadra è destinata a mutare tantissimo, ma quando posizioni gli scacchi nel modo giusto puoi uscirne vincitore senza permettere all'avversario di dettare le sue condizioni. Olshey si dimostra un GM oculato e capace di leggere bene le situazioni. Sono alcuni anni che sta facendo ottime mosse in chiave di mercato, pur essendosi raffreddato la scorsa estate. Il dilemma è uno: rinnovo di Wesley Matthews. Per scongiurare il rischio di una sparata eccessiva da parte dell'agente Olshey si cautela con l'ex Nuggets per mettere Matthews con le spalle al muro: o resti alle mie condizioni oppure io il tuo sostituto ce l'ho in casa (con player option che dovrà convincerlo ad esercitare). In estate ci sarà il rinnovo di Aldridge, ma il giocatore sembra molto legato alla città e quindi non pare troppo complesso da affrontare...attenzione però a cifre troppo alte e contratti troppo lunghi. LaMarcus è al top della carriera, ma si avvia alla parabola discendente. Un contratto troppo lungo potrebbe far ritrovare i Blazers con un caso “simil David-Lee”.
HOUSTON ROCKETS (Daryl Morey): 5,5. La sensazione è che contrariamente alle sue abitudini quest'anno si stia facendo prendere dalla fretta. La condotta durante la stagione sicuramente ha consegnato una Houston rinforzatissima, ma a che prezzo? Gli errori iniziano con l'arrivo di Josh Smith, dove tiene Dorsey (biennale garantito, perché?) e taglia un Tarik Black che ora, considerando l'infortunio di Howard, farebbe molto comodo. Acquista Corey Brewer intasando un ruolo nel quale ha già a disposizione giocatori come Harden, Terry, Papanikolaou e Ariza. Poi alla deadline sembra uscire dai binari: per prendere McDaniels (utile certamente perché in estate scadranno Brewer, Papanik e Terry, ma devi rinnovarlo) fa fuori Canaan, salvo poi accorgersi a mezz'ora dal termine della deadline che gli manca un playmaker. In modalità panico butta due seconde scelte e Shved per Pablo Prigioni e i suoi 37 anni. Ha sempre dimostrato di saper pescare giocatori fuori dal contesto NBA (vedi Beverley)...perché scambiare due scelte per l'argentino invece di continuare la politica del free agent fuori dall'NBA?
LOS ANGELES CLIPPERS (Dave Wohl-Doc Rivers): 4. Analisi molto complessa quella sui Los Angeles Clippers, ma il risultato è estremamente negativo. Rivers come GM non sembra essere proprio nel posto giusto, anche perché dimostra di non essere in grado di mettere le falle alla squadra che lui stesso allena. La condotta sul mercato è senza bussola: stretcha Farmar su cui spreca la biannual exception, salvo poi restare senza playmaker di riserva e quando cerca di prenderne uno non trova niente di meglio da fare che regalare Bullock, Douglas-Roberts e anche una seconda scelta per prendere suo figlio Austin, che è tutto meno che un playmaker. Oltretutto si ritrova senza un 3 cambio (ha solo Barnes) e durante la deadline si dichiara disposto a cedere anche Jamal Crawford per tappare la falla. Alla deadline pertanto ti aspetti le fiamme per i Clippers invece non succede nulla. Fortuna dei losangelini e di Ballmer che almeno come allenatore è sublime, perchè in tutto il resto è disastroso o peggio: dannoso.
DALLAS MAVERICKS (Donnie Nelson): 7. Ha sicuramente un'estate complicata da affrontare, con almeno 3 rinnovi da fare (Ellis, Chandler e Rondo). Rischia sì di ritrovarsi con un pugno di mosche, ma anche in quel caso (aiutato da Dirk) avrà molto spazio salariale; in sostanza cade in piedi. Le buone mosse iniziano dall'estate quando si sbarazza del contratto folle (da lui stesso firmato) di Calderon per riportare a casa Chandler, che i Knicks cedono con troppa fretta. Su Rondo fa un mezzo capolavoro, aiutato dalla volontà del giocatore, ceendo solo Brandan Wright, Crowder, Powell, una prima e una seconda. Portarsi a casa Rondo sfruttando la fame chimica di Boston nel prendere scelte (poco importa che siano tra la 18 e la 23) è davvero un colpo da GM di spessore. In mezzo anche movimenti minori, come il ritorno di Barea nel suo habitat e un rinnovo leggero di Devin Harris. Forse poteva tentare di spuntare un cambio centro migliore di James alla deadline in cambio di una seconda scelta, ma si consola con Stoudemire.
SAN ANTONIO SPURS (R.C. Buford): 6. Combina poco se non nulla, quando forse qualcosina avrebbe potuto farla. La squadra è in una fase di difficoltà anche per via dell'età che prima o poi deve per forza farsi sentire. Forse scottato dal rifiuto di Leonard a non rinnovare a meno del max salariale passa tutto l'anno a testare giocatori per il futuro, intravedendo in Reggie Williams le qualità per il panchinaro di rottura che tanto piace a Popovich. L'estate è alle porte e scadranno Belinelli, Ginobili, Duncan, Danny Green e appunto Leonard. Sarà forse arrivato il tempo della rivoluzione in casa Spurs? Può essere e il luogo è uno di quelli che può attirare i free agents. Se non cede alle richieste dell'MVP delle finali dovrebbe conservare spazio salariale per fare un paio di aggiunte di livello.
OKLAHOMA CITY THUNDER (Sam Presti): 8,5 (il migliore). Qualora Clayton Bennett abbia deciso di entrare in luxury tax, il lavoro di Sam Presti prenderà una piega molto più rabbiosa. Nelle ultime sessioni di mercato era stato silente ad aspettare l'occasione per turare le falle del roster senza pagare la tassa, ma sembra che abbia avuto il via libera per imperversare sul mercato senza preoccuparsi del surplus monetario. E in questa circostanza tutto il suo talento non può che emergere, infatti è il dominatore assoluto degli ultimi giorni di mercato. Il terreno se lo prepara prima: Waiters per Lance Thomas è una follia (positiva) e alla deadline si scatena su una marea di tavoli come un esperto biscazziere di Las Vegas: Brook Lopez è troppo difficile, ma c'è il piano B: Kanter. Spunta il turco e Novak in cambio di Perkins, ormai pari a una palla al piede. Per turare la falla deve liberarsi di Reggie Jackson (avrebbe dovuto comunque rinnovarlo a cifre eccessive), ma riesce a portarsi a casa un cambio ottimo di Westbrook (Augustin) e un cambio buono per Durant (Singler). In sostanza esce con una squadra fortificata in ogni settore, con già tutti garantiti il prossimo anno salvo Kanter che andrà rinnovato a una cifra sensata. Avevamo la sensazione di una squadra che fosse solo Westbrook-Durant. Adesso abbiamo un roster completissimo per fare ogni tipo di gioco possibile. Scott Brooks non ha più scuse: questa squadra adesso deve vincere.
PHOENIX SUNS (Ryan McDonough-Lon Babby): 4,5. McDonough svela le carte e purtroppo per Phoenix si mostra come un GM incapace di gestire delle situazioni un pelo complicate. La prima estate in carica era stato totalmente favorito da una condotta di squadra clamorosamente sopra le aspettative, quando lui stesso aveva smantellato parte del roster per tankare. Quest'estate invece deve costruire qualcosa intorno a quello che c'è e il disastro è servito sul piatto. Imbottisce la squadra di guardie finendo per scontentarle tutte, strapaga P.J. Tucker, resta debole nei lunghi e paga alla distanza in campionato tutto questo. In mezzo si ha la sensazione costante che ogni giorno cambi idea. Non ha lunghi e si libera di Tolliver (stretch power forward utilissima nel gioco di Hornacek) per Mitchell, che viene tagliato. Prende Bullock che non serve a nulla (hai già Warren, Tucker e Green), perdendo pure Shavlik Randolph, che non sarà una cima, ma almeno allunga la rotazione dei lunghi. Alla deadline poi va letteralmente fuori rotta: Dragic gli sbatte la porta in faccia e lo spedisce a Miami insieme al fratello (mostrando subito per quale motivo fu firmato), sfascia tutto il settore guardie liberandosi anche di Thomas appena firmato proprio ora che avrebbe potuto avere la maglia da titolare ad un prezzo non eccessivo. Ma la cosa più grave di tutte è che non riesce a portare a casa un solo singolo lungo per allungare la rotazione, tanto che il giorno dopo richiama Earl Barron dalla Cina con un decadale. Cosa porta a casa in cambio? Tre prime scelte: una di Cleveland (bassissima) e due di Miami (potenzialmente pure basse). In sostanza poco, e pensare che era stato proprio lui una settimana prima ad andare in conferenza stampa a dire che lo sbilanciamento del roster era dovuto a un suo errore. Chiude la deadline con 11 esterni e 3 lunghi, aggiungendo anche Brandon Knight (da rinnovare, stessa sorte di Dragic), perdendo Plumlee e gestendo Tyler Ennis nel modo peggiore possibile (oltre a perdere la scelta dei Lakers). Bocciatissimo senza attenuanti (e intanto la squadra crolla: 6 K.O. nelle ultime 7 gare).
NEW ORLEANS PELICANS (Dell Demps): 6,5. La squadra dopo varie stagioni di rebuilding ha finalmente una quadratura e in questo il lavoro di Demps va riconosciuto. Purtroppo pagherà ancora a lungo la scelta di pareggiare quel contratto a Eric Gordon. Nella stagione la fortuna proprio non arride: Davis si infortuna, Holiday si infortuna e la squadra non riesce mai a giocare con continuità con lo starting five. Lui però con intelligenza mette i puntelli dove servono: Pondexter è molto utile, specialmente se per averlo ci si libera del contratto di Austin Rivers, sfruttando la brama di Doc Rivers di averlo nella sua squadra. Alla deadline puntella con Norris Cole il reparto playmaker e sicuramente è un movimento di mercato ben eseguito. Diciamo che mette i puntelli giusti, senza sbavature e senza strafare. L'architrave della squadra è fatta e non può che crescere. In estate c'è da rinnovare Asik; da vedere quanto riuscirà a tirare la corda con il turco.
DENVER NUGGETS (Tim Connelly): 7,5. Se quello che sostiene ESPN è vero, e lui non conosce il mestiere, si può dire che qualcuno lo consiglia bene. Connelly non aveva convinto nella sua prima estate da GM, quando intasò la squadra nel settore lunghi e prese esterni poco funzionali. Quest'anno invece si sta riscattando. Le buone cose iniziano dal draft con Jusuf Nurkic, centro che, gestito bene da Brian Shaw, permette di spuntare due prime scelte da Cleveland per Timofey Mozgov. Alla deadline dà una rasoiata netta al salary cap, scendendo addirittura in room, grazie ai 17 milioni risparmiati da Afflalo e McGee. Non è molto semplice cercare di capire quali possano essere i piani futuri dei Nuggets, perché la prossima estate avranno spazio da usare sul mercato. La domanda è: per che ruolo? Lawson non è più intoccabile, Gallinari e Chandler sono da valutare, Faried è inamovibile e Nurkic è l'uomo del futuro. Una guardia? Forse, ma nel frattempo un cap tanto pesante quanto inutile è diventato improvvisamente flessibile, oltre a due prime scelte (di Cleveland) in più in casa.
UTAH JAZZ (Dennis Lindsey): 6. Il voto è una somma di cose buone e di altre meno buone. E' onestamente difficile capire a cosa voglia portare la ricostruzione di Utah. Se in quel di Salt Lake non c'è un clima iper-appetibile dai free agents, si scatena la psicosi del tenersi in casa chi si ha già a costo di strapagarlo. Il draft porta in dote Exum e ci sono già i primi dividendi sulla chiamata (steal senza discussioni) di Rudy Gobert. Però in mezzo c'è un rinnovo spaziale da top player a Gordon Hayward, uno eccessivo per Alec Burks e spazio salariale alla prossima tornata estiva che non permetterà cambi di rotta netti. I Jazz sono una squadra ancora sostanzialmente debole e che non sembra avere un potenziale tale da giustificare certe cifre a cui rinnovano i giocatori. La trade per Kanter è gestita un po' in modo leggero: si può spuntare da un prospetto di livello qualcosa di meglio di Perkins, Jerrett e i diritti di Tibor Pleiss (comunque molto utili)? In sostanza bene al draft (eccetto il caso Burke), discreto in free agency, dove il solo Trevor Booker pare totalmente azzeccato come acquisto, senza scordarsi Joe Ingles, il meno pagato, ma più utile di molti altri.
SACRAMENTO KINGS (Pete D'Alessandro): 6,5. Difficile dargli un voto. Lui il suo lavoro lo sa fare e anche piuttosto bene, ma se poi il Dolan della West Coast, detto Vivek Ranadive, si mette in mezzo lui non può fare altro che obbedire. In estate disegna la squadra giusta per Mike Malone: Collison da play, tanto post per Cousins e la squadra decolla. Poi succede il patatrac e la gestione Corbin è a dir poco deficitaria; rattoppa con George Karl, ma ormai l'anno è andato. Non ha convinto la scelta di Stauskas, mentre piace molto il modo in cui mantiene in roster Rudy Gay con un'estensione contrattuale abbastanza morbida. In deadline sostanzialmente osserva, accontentando il nuovo coach che chiede Andre Miller e lo prende in cambio di Sessions sfruttando la trade exception. Situazione in evoluzione continua.
LOS ANGELES LAKERS (Mitch Kupchak): 5. Kupchak non è nella sua versione migliore, anche perché in questo momento l'appeal dei Lakers è bassissimo, tanto che i malumori sono così forti che Magic Johnson farebbe a pezzi tutta la famiglia Buss pur di prendersi la franchigia. Kupchak però ci mette del suo facendo degli errori abbastanza pacchiani, tra cui quello di tenere Kobe Bryant a una cifra incommentabile dopo un infortunio serio. Il secondo errore è considerare Pau Gasol un giocatore inutile e lasciarlo andare via senza sforzarsi di ritenerlo importante (e ai Bulls mostra di poterlo ancora essere). E' sfortunato per il fatto che Randle faccia subito crack e lo obblighi a rivedere i piani. Quello che fa nel mezzo della stagione è utile: Boozer pescato dall'amnesty a pochi dollari può servire, Tarik Black pescato dallo svincolo anche. Il fatto è che si tratta di cose troppo infime nel contesto Lakers per far sì che lo si possa elogiare. Dal giorno della trade Howard sono iniziate le disgrazie per i Lakers e non sarà possibile alcuna ricostruzione fino al pensionamento di Bryant.
MINNESOTA TIMBERWOLVES (Flip Saunders): 6. La prima cosa che dovrebbe fare è dare un calcio in quel posto a tutto lo staff medico, perché sui Timberwolves ogni anno si abbatte una tempesta di infortuni muscolari da sembrare la pioggia di meteoriti che estinse i dinosauri. La squadra non può decollare, sia perché per oltre metà stagione i 3 migliori giocatori stanno fuori, sia perché il resto del roster è giovane. Alcune cose le fa benissimo, a cominciare dalla gestione di Kevin Love e da quello che riesce a portarsi a casa, mentre altre cose sono più rischiose o totalmente sbagliate. Rinnova Rubio a una cifra pericolosa, invocando l'aumento di cap per giustificare la somma, firma Radulijca e non gli fa mai vedere il campo. Tra questi movimenti intasa il roster nella zona ali piccole, ma riesce a sbloccare la situazione portandosi in dote anche cose buone. Per Mo Williams (in scadenza), Corey Brewer (con Player option) e Ronny Turiaf riesce a spuntare tre seconde scelte e Troy Daniels, che gira a sua volta. Alla deadline è un po' troppo sornione: non riesce a piazzare Budinger e tampona garantendosi spazio salariale con la cessione di Young per Garnett (operazione vintage che serve per portare anche gente al palazzo). Sicuramente è vittima delle defezioni continue nel roster, ma un voto più positivo non lo merita. Payne per una prima protetta può essere un azzardo, ma con KG davanti a fare da mentore ha qualcuno che gli possa insegnare il mestiere. Inoltre c'è sempre l'esperimento di Dieng da ala forte. Cantiere apertissimo, ma occhio a come si montano i ponteggi.
Nei prossimi giorni anche il pagellone per la Eastern Conference.
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