Boniciolli: Su Candi le chiappe rischiate sono le mie e del club. Ora vorrei allenare solo 30enni
Le parole del coach della Fortitudo Bologna, Matteo Boniciolli, dopo la firma del quinquennale da parte di Leo Candi
Matteo Boniciolli ha rilasciato una lunga intervista a Walter Fuochi su La Repubblica parlando dell’accordo quinquennale con Leo Candi che ha firmato il suo primo contratto da professionista (via Bolognabasket).
Tutto è bene quel che finisce bene? Ma sì, diciamolo, perché alla fine ne godremo tutti. Però c’è stato un tragitto, in questa vicenda, che invita a qualche riflessione più complessiva.
Ci sta. Perdere a centomila euro, a favore di qualsiasi club di A, uno tirato su a pane e brioches farebbe rodere il fegato a chiunque. Sì, e non tanto per il singolo caso Candi, ma per la stortura del sistema. Prima però fammi dire che siamo tutti felici. Per Leo, che potrà continuare a crescere allenandosi in una struttura che è tra le prime d’Italia. Ovviamente per me e per la società, che riavremo un talento, e per tutto il basket italiano, di cui mi sento un dipendente, perché è il movimento che mi dà da vivere e perché ritengo un dovere lavorare affinché il migliore di tutti, Ettore Messina, non debba più giocare una finale usando un solo play.
Rimane da sputare il rospo. Non ho nulla contro le agenzie, ne ho anch’io una che mi offre sul mercato, ma è arrivata l’ora che pure loro partecipino al rischio d’impresa. Non più come funziona adesso: se il giocatore va, lo offri a tutti e ci guadagni; se non va, imponi a chi ce l’ha il sacrosanto rispetto del contratto. Vado al pratico. Durante la stagione la società mi chiama: Matteo, vinciamo in casa e perdiamo fuori. Che dici, li faremo i playoff? Perchè sai, con quegli incassi, si sistemano tanti conti. Vuoi un play al posto di Sorrentino, così Candi può fare il cambio, senza pressioni? No, vado avanti così. E’ andata bene. Se andava male, ora sarei ad allungare la fila dei 22 allenatori, ripeto 22, “di rincorsa”. Ossia disoccupati. E dico: sulla crescita di Candì, le chiappe rischiate sono state le mie e quelle del club. Non ci sto più. Voglio allenare solo giocatori di trent’anni. O, se allenerò ragazzi, voglio che il rischio d’impresa sia condiviso. M’offrono tanti giovani che vogliono giocare nella Fortitudo. Bel nome, bel club, bello staff tecnico, bella città. Bene, siamo una Bocconi del basket? Per entrare alla Bocconi si paga. Si studia, si lavora, ci si laurea, s’esce con tanti vantaggi. Ma pure l’ente formatore ha i suoi.
Molto rivoluzionario. O lontano. Ma qui, o facciamo qualcosa di forte, di rivoluzionario, o ce ne andiamo a spasso tutti, perchè il basket non genera risorse per quanto spende e oggi non saprei cosa raccontare a un investitore che volesse metterci soldi. So invece cosa non vorrei più spiegargli: il perché il giocatore vince sempre.
Intanto, alla ripresa, come si rapporterà con Candi? Come a uno che ha cambiato status. E’ un adulto, perché a 19 anni s’è adulti, in un’altra Europa. Ed è un professionista, perché, con un pluriennale a paga più alta di un laureato, si ha avuto ed ora si dà. Avrà davanti Ruzzier, che è più forte, e dovrà meritarsi tutti i minuti che gli sfilerà. E se alla prima partita farà il fallo stupido su uno che tira da tre, e noi la perderemo, perché Mantova e Di Bella io non li ho dimenticati, può darsi che anziché alla partita dopo, entrerà tre mesi dopo. E magari, se la mia società mi dirà se voglio un play di trent’anni, fatto e finito, stavolta ci penserò su.
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