Hackett: Olimpia è ora di vincere. L'idea è restare qui a lungo, anche oltre il 2015
Le parole di Hackett a La Repubblica
Daniel Hackett ha parlato a La Repubblica della sfida al Baskonia di Sergio Scariolo e del suo primo mese in casa Olimpia.
Sfida a Scariolo. In tutte le partite c'è una piccola storia, qui c'è il fascino della sfida a Scariolo. Ma credo significhi più per l'Armani che per me. Lo rispetto, non ho ruggini, poco tempo fa mi mandò un sms di auguri per il mio arrivo a Milano. E poi, tanti anni fa, vinse a Pesaro dove sono cresciuto.
Nuovo leader Olimpia Milano. Sono me stesso, con le mie caratteristiche tecniche ed emotive. I compagni mi hanno accolto a braccia aperte e cerco di ricambiarli coinvolgendoli nel gioco, e con la mia piccola esperienza vincente. Ma qui non ho visto cose da aggiustare, semmai da migliorare. La fiducia c'è, il percorso è lungo, avremo alti e bassi: lo scudetto non si vince a gennaio.
Milano. Città affascinante, ambiente in cui si respira entusiasmo. Una trappola, se non stai coi piedi per terra. Ma qui c'è la storia del basket e il bisogno che l'Olimpia torni a vincere. A Siena abitavo a due minuti dal palazzetto e andavo a piedi, qui conosco appena il percorso per il Lido, San Siro e il Forum. E la strada per casa di CJ Wallace ai Navigli: con lui sono interminabili partite di Pes alla Playstation. Lui è il Real perché tifa Cristiano Ronaldo e io il Barcellona. Chi vince? Lui.
Colpito da. Samardo Samuels. La sua cultura giamaicana, sempre sorridente. E il modo in cui si veste. Il signor Armani? Solo un saluto veloce in parterre. Ma ho apprezzato le sue parole per me. Si vede che ha a cuore l'Olimpia e il basket.
Condannati a vincere. Per voi è una condanna, per noi è l'ora di farlo, dopo gli enormi sforzi per farlo. E in Europa abbiamo fiducia, già prima di battere l'Olympiacos: la coppa ci preparerà al campionato, il sogno sono i quarti di finale, tutto quello che vena sarà grasso che cola.
Vero Daniel Hackett. Ho tre dimensioni, posso fare anche l'ala piccola. A Treviso fare solo il play mi opprimeva, è cambiato tutto quando ho giocato i tre ruoli a Pesaro e Siena. Ora, con l'esperienza e la crescita fisica, sto di nuovo sviluppando il mio ruolo naturale di play. Anche grazie alla fiducia di Banchi.
Rapporto con Banchi. In tre episodi. Il primo incontro alla stazione di Siena, ci fu subito feeling. Poi, quando mi chiese di non interpretare il professionista modello, ma di essere me stesso: sorridente o incazzato, ma trascinatore. Infine, playoff 2013, dopo un mese di problemi fisici piansi a fine allenamento. Mi mise una mano sulla spalla: tranquillo, mi aiuterai a vincere un altro trofeo.
Futuro tra Olimpia e NBA. Con l'Italia è tutto a posto, sono pronto per tornarci. A Milano l'idea è di restare a lungo, anche oltre il 2015. L'Nba non è più un'ossessione: lo è stata dai 22 anni in poi, un po' per immaturità e un po' perché sentivo di appartenere a quel livello. Ora, se arriva la chiamata, bene.
Social network. Ho avuto momenti in cui sono sbottato e mi sono costati guai. Ma non ho più Twitter, solo Facebook, e ho promesso alla società di star tranquillo”.
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