Sarà l'anno dei Pacers?
Gli scorsi playoff hanno definitivamente consacrato Indiana come squadra di altissimo livello.
La crescita collettiva dei Pacers nel 2012/2013 è sotto gli occhi di tutti, il grave infortunio di Danny Granger ha finito per responsabilizzare gli altri uomini chiave, capaci di aumentare esponenzialmente il loro rendimento sui due lati del campo. In una NBA dove in molti cercano di correre - anche se nei playoff tra le ultime quattro rimaste solo gli inimitabili Spurs giocavano in quel modo (sesti NBA con 96.3 possessi a gara), al contrario di Miami (N.23 NBA, 92.9 possessi), Memphis ( penultima NBA con 91.1 possessi) e Indiana (N.25 NBA con 92.8 possessi) -, i Pacers hanno preferito giocare un basket più tradizionale, con due lunghi veri e con tanta intensità a rimbalzo – primi NBA per rimbalzi a partita con 45.9 ed anche percentuale di rimbalzi presi con il 52.9%-,ed in difesa.
Defense
Nessuno in NBA ha concesso meno agli avversari , sia come percentuale dal campo – 42%, davanti ai Thunder ed ai Grizzlies- che da tre punti – 32.7% davanti a Memphis e Portland -.
Si è parlato molto di come ad inizio stagione coach Vogel – snobbato abbastanza clamorosamente come coach dell’anno, autore di diversi accorgimenti tattici decisivi nel corso della stagione ed anche nei playoff. Il basket dei Nuggets (del vincitore George Karl) sarà stato sicuramente più bello da vedere, ma non altrettanto efficace – abbia fatto mettere vicini e con le braccia allargate i vari Hibbert, West, George, Stephenson e Hill - tutti più o meno con taglia fisica ed apertura di braccia sopra la media dei rispettivi ruoli – per farli rendere conto dell’enorme potenziale a disposizione; stando ai risultati sul campo sembra proprio che il messaggio sia stato recepito…
Nell’expected effective field goald percentage , statistica usata per giudicare la distribuzione dei tiri - si calcola in base al tipo di conclusioni prese. Ai primi posti ci sono Houston e Denver, che non a caso hanno avuto come regola l’evitare il più possibile le ‘long two’, i tiri dai 5/6 metri che sono quelli con la percentuale più bassa di realizzazione. Nowitzki è escluso dal discorso...– , in attacco i Pacers - secondo hoopdata -sono undicesimi NBA con il 49.7% mentre in difesa sono quinti – primi i Bulls con un valore del 47.7%-.
Hibbert, George e compagni sono stati anche primi nella effective field goald percentage concessa agli avversari (percentuale di tiro che da il giusto valore al tiro da tre punti) con il 45.3% ed anche come numero di long twos concesse - il 28.2% delle conclusioni totali - a confermare la bontà della strategia difensiva di chiudere l’area e negare a tutti i costi il tiro da tre, preferendo concedere tiri a più bassa percentuale.
I due All Star
George
Nonostante gli ottimi numeri difensivi, non è stata tutta rose e fiori la stagione di Indiana, anzi l’inizio senza Danny Granger è stato a dir poco traumatico, specialmente nella metà campo offensiva: l’immenso Paul George – al terzo anno in NBA -, consapevole della sua maggiore importanza in attacco e voglioso di dimostrare sul campo di meritarsela, ha cercato di strafare, prendendo troppe iniziative al di fuori delle situazioni dinamiche nelle quali è spesso inarrestabile , fino a quando Vogel gli ha impedito di spezzare i raddoppi in palleggio…. La conseguenza è stata un Novembre ( 7 vinte e 8 perse per Indiana) chiuso con il 39% dal campo (solo ad Aprile ha tirato peggio , ma si tratta di 6 gare giocate dalla squadra in generale con il freno a mano tirato in vista dei playoff) e appena 2.2 liberi a gara ( peggior dato della stagione). Dopo quel necessario periodo di adattamento al nuovo ruolo l’ex Fresno State è letteralmente esploso sui due lati del campo , fino a vincere il premio di Most Improved Player, dominare i primi due turni playoff contro Atlanta e New York, per poi duellare con King James nell’equilibratissima finale della Eastern Conference. Nonostante i rumors sui Lakers - prontamente smentiti dallo stesso George- , difficilmente Indiana lo lascerà andare….
Hibbert
Fresco di ricca estensione , il centrone da Georgetown ha avuto problemi in attacco – in parte giustificato da problemi fisici , che però non lo hanno condizionato più di tanto in difesa, dove ha sempre recitato un ruolo fondamentale…- per buona parte della regular season; nelle 31 gare giocate nel solo 2012 ha tirato appena il 39% dal campo - in casa addirittura il 33%, probabile che soffrisse davanti al suo pubblico per la pressione derivante dal nuovo contratto, anche perché il trend è continuato per tutta la regular season, chiusa con il 41% dal campo in casa ed il 48% in trasferta -, una percentuale inaccettabile per un giocatore con il suo fisico e le sue doti. Dall’inizio del 2013 in poi è tornato ad un più consono 48%, ma il meglio lo aveva lasciato per la postseason…
Questa è la mappa di tiro di Hibbert nella regular season:
NBA.com
Questa invece è quella dei playoff:
NBA.com
In regular season Hibbert ha 'salvato' le sue medie con i tanti rimbalzi offensivi, tra i centri titolari NBA il solo Anderson Varejao - su sole 25 partite giocate- ne ha preso una maggiore percentuale - 16.7% contro il 14.9% di Hibbert. Tra i non titolari meglio di lui hanno fatto solo Jordan Hill (18.1% su 29 gare giocate) e Andre Drummond (15.3% su 60 giocate, cifra incredibile per un rookie arrivato in NBA dopo una sola stagione di college)-. A tal proposito non sorprende nemmeno il terzo posto tra i centri titolari - con almeno metà gare giocate -nella percentuale di canestri segnati senza bisogno dell'assist di un compagno, il 47.7% di quelli totali - meglio di lui solo DeMarcus Cousins e Greg Monroe, tra le riserve lo supera solo il discreto Jermaine O'Neal visto a Phoenix -. A testimonianza del gioco di squadra di Indiana, gli assist ricevuti da Hibbert dagli altri elementi del quintetto variano dai 32 di Lance Stephenson ai 54 di George Hill (39 per West e 49 per George)
Nei playoff è stato tutto un crescendo, con Hibbert a tentare con fiducia sempre maggiore anche soluzioni in palleggio e dai 2/3 metri, subendo falli a ripetizione - ben 4 volte oltre la doppia cifra di viaggi in lunetta, era successo solo una volta in regular season-, prendendo ben 4.7 rimbalzi a gara in attacco, con la ciliegina della serie contro i futuri campioni NBA, chiusa a 22.1 punti e 10.4 rimbalzi con il 55% dal campo e l'80% ai liberi su 6.6 tentativi a gara...
Il problema maggiore di Indiana - che la dirigenza ha cercato di colmare durante la offseason - è stata la panchina, che per la classica valutazione (voci positive - voci negative delle varie cifre) con 25.8 è stata inferiore solo a quella ormai famosa - in negativo...- di Portland (21.1).
Complice anche l'infortunio di Granger, in regular season solo il quintetto base dei Thunder ha giocato più dei 1218 minuti di quello dei Pacers - starting five che ha fatto registrare un net rating (differenza tra punti segnati e punti subiti ogni 100 possessi) di +12.1, dato ottimo considerando i tanti minuti in campo. Per contestualizzare meglio, quello di Oklahoma ha fatto registrare un net rating di +12.3-, e Vogel nei playoff ha addirittura aumentato il minutaggio dei suoi starter, portando ad esempio Hibbert dai 28.7 della stagione regolare ai 36.6 della postseason. Tra gli arrivi dello scorso anno hanno deluso sia Gerald Green che D.J. Augustine - riabilitatosi in parte nei playoff -, e la mancanza di almeno un tiratore affidabile anche in difesa si è sentita specialmente nella finale di Conference.
Con il ritorno di Granger, e gli arrivi di C.J. Watson - un upgrade per qualità anche difensive rispetto a Augustine-, Copeland - stretch-four che non c'era e che potrebbe servire in determinate situazioni tattiche - e Luis Scola - giocatore la cui efficacia non ha bisogno di presentazioni, per arrivare a lui è stata sacrificata anche la prima scelta del prossimo draft, probabilmente perchè il lato economico della trade si sposa bene con la situazione da qui alla prossima estate -, e gli auspicabili miglioramenti di 'Born Ready' Lance Stephenson - tenuto in grande considerazione dal suo caoach, ancora 'selvaggio' tatticamente ma con energia e fisicità di alto livello- e Paul George - che ha appena 23 anni....-, Indiana sembra avere decisamente le carte giuste per arrivare fino in fondo.
Poi si sa, spesso basta un piccolo infortunio nel momento sbagliato a rovinare tutto, ma è innegabile la qualità del lavoro svolto da coach Vogel - aiutato in spogliatoio (ed anche in campo, ben oltre le pur buone cifre) dal preziosissimo David West -, Larry Bird ed il resto del management.
Come sempre la base sarà la difesa - di recente David Aldridge ha riferito che Vogel nei scorsi playoff ha manifestato la voglia di giocare di più a zona quest'anno, opzione che ben si adatterebbe alle famose braccia dello starting five-, e per non farsi mancare nulla è arrivato nello staff - per sostituire Brian Shaw che debutterà da head-coach a Denver- Nate McMillan, specialista in materia...
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