La mentalità di Mikhail Prokhorov e il futuro nebuloso dei Brooklyn Nets
Il proprietario dei Nets ha deciso di dare uno scossone alla sua franchigia ma la sua mentalità 'ristretta' rimane il più grosso ostacolo alla risalita dei Nets
Nel pomeriggio di Domenica 10 Gennaio, Mikhail Prokhorov, owner dei Brooklyn Nets, ha deciso di dare una scossa all'ambiente della sua squadra, licenziando l'head-coach Lionel Hollins e riassegnando ad un nuovo ruolo, ancora da definire, il GM Billy King. Entrambi erano in scadenza di contratto e il tempismo di questa mossa rimane sospetta. Ci si aspettava che al termine della stagione nè Hollins nè King sarebbero rimasti al loro posto ma la decisione di cacciarli a metà stagione, all'apparenza, ha poco senso, visto che il livello del roster è letteralmente quello che è, dunque è improbabile che Tony Brown, che è stato scelto come coach ad-interim della squadra, possa avere la possibilità di cambiare davvero qualcosa.
Nel comunicato che annunciava i licenziamenti, Prokhorov ha parlato di un cambiamento di mentalità necessario, di una ventata d'aria fresca che serviva alla squadra. Ma quello che il proprietario russo dei Nets non è ancora, probabilmente, riuscito a capire è che la gran parte dei problemi della sua squadra sono derivati dal suo atteggiamento negli ultimi anni. Fin dai primi anni Prokhorov è sempre andato in una sola modalità: all-in. Per il patron russo l'unica cosa che contava era quella di costruire una contender nel più breve tempo possibile, anche quando era evidente che i Nets non erano ancora pronti per fare quel tipo di salto e che le mosse di mercato fatte avrebbero compromesso il futuro a lungo termine della squadra. Cerchiamo di fare un piccolo recap.
Nel 2010 i Nets venivano fuori da una stagione orribile, con 70 partite perse e il solo Brook Lopez come giocatore di un certo livello attorno al quale cercare di costruire. I Nets ottennero la terza scelta assoluta nel draft del 2010 e la utilizzarono per selezionare Derrick Favors, un prospetto molto interesssante, che soprattutto dal punto di vista difensivo si sarebbe potuto sposare bene con Lopez. Molte squadre avrebbero cercato di avere pazienza, costruendo attorno a Lopez e sfruttando le scelte alte che, inevitabilmente, sarebbero arrivate negli anni a venire, facendo crescere i giovani presi al draft come Favors. Ma Prokhorov non era di quella idea, voleva subito una stella che potesse risollevare il "brand" della franchigia e chiese a Billy King di buttarsi a capofitto su Carmelo Anthony, che voleva lasciare a tutti i costi i Nuggets. Alla fine Anthony finì ai Knicks ma King aveva comunque ricevuto la richiesta di fare una mossa importante, cercando di prendere una star via trade. E così King fece, finalizzando lo scambio con gli Utah Jazz, che avrebbe portato Deron Williams ai Nets. Williams aveva compromesso il rapporto con coach Sloan a Salt Lake City e voleva cambiare aria, dunque King decise di dare il via alla trade. I Nets cedettero Favors insieme a due prime scelte future ai Jazz per ricevere Williams. La scelta del 2011 era potenzialmente molto alta e infatti si trasformò nella quarta scelta assoluta, con la quale i Jazz scelsero Enes Kanter ma in quel draft c'erano anche giocatori come Klay Thompson e Kawhi Leonard, che tendenzialmente ai Nets non avrebbero fatto proprio schifo.
La squadra si ritrovò, dunque, con il duo Williams-Lopez, che da solo non poteva certamente portare la squadra lontana. E infatti nel primo anno, a causa anche di diversi infortuni, la squadra non arrivò neanche ai playoffs. Nel 2012, con Deron Williams che si avvicinava alla free-agency e la minaccia dei Dallas Mavericks, che spingevano per riportare a casa Williams, Billy King decise di fare un'altra mossa da "win-now", cedendo una prima scelta protetta in top-3 ai Portland Trail Blazers per prendere Gerald Wallace, che fra l'altro era virtualmente in scadenza di contratto, avendo una player-option per l'anno successivo che dopo decise di non esercitare. Quella scelta ceduta a Portland divenne la sesta assoluta e i Trail-Blazers la utilizzarono per selezionare Damian Lillard, che divenne immediatamente uno dei giocatori chiave di Portland. I Nets avevano deciso di cedere quella scelta perchè in quel draft apprezzavano solo tre giocatori e dunque, se non potevano scegliere in top-3, non erano interessati a tenerla. Pessima scelta. Wallace scelse di diventare free-agent e King riuscì a trattenerlo ma solo dandogli un contratto fin troppo pesante, quando era evidente che Gerald Wallace fosse entrato nella parabola discendente della sua carriera. Anche Williams rimase, firmando un contratto al massimo salariale e rinunciando alle proposte dei Dallas Mavericks. A quel punto King fece di tutto per cercare di formare una sorta di big-three a Brooklyn, prima inseguendo senza esito Dwight Howard e poi finalizzando una trade per Joe Johnson con gli Atlanta Hawks. Solo due anni prima Johnson aveva firmato un ricchissimo rinnovo di contratto con gli Hawks, ben 123 mln di dollari in 6 anni. In quello scambio i Nets cedettero praticamente 3/4 del roster (Farmar, Anthony Morrow, Jordan Williams, Johan Petro, che aveva firmato a sua volta un contratto senza senso con i Nets, un triennale da 10 mln di dollari per uno che a malapena andava bene per fare il quindicesimo nel roster, e DeShawn Stevenson), la loro prima scelta del 2013 e la possibilità di scambiare altre due prime scelte future senza alcun tipo di protezione. Questa volta le scelte cedute dai Nets non si trasformarono in nulla di eccezionale ma il contratto di Joe Johnson ha condizionato per anni le mosse di Brooklyn, portandola a pagare una delle luxury tax più alte della storia della NBA. I Nets arrivarono al 2012, l'anno del trasferimento definitivo a Brooklyn, con il seguente nucleo: Deron Williams, Joe Johnson, Gerald Wallace, Brook Lopez e una serie di role player a completare il roster. Quella stagione i Brooklyn Nets vinsero 49 partite e si qualificarono per i playoffs, venendo eliminati al primo turno dai Chicago Bulls. Prokhorov aveva promesso di arrivare al titolo in 5 anni. Al terzo anno i Nets erano, a malapena, una squadra da playoffs in una Eastern Conference non di altissimo livello. In Estate, allora, i Nets decisero di provare il tutto per tutto, facendo un mega scambio con i Boston Celtics, dai quali arrivarono Paul Pierce, Kevin Garnett e Jason Terry (tutti ultra trentenni) in cambio di tre prime scelte non protette e un ulteriore scambio di scelta, anche in questo caso senza nessun tipo di protezione. Con quella mossa, i Nets presero il loro futuro a lungo termine e dissero ai Celtics: 'prendetelo e fatene quello che volete'. Sulla panchina arrivò Jason Kidd, alla prima esperienza assoluta da head-coach, e l'inizio di stagione fu orribile, complici anche le difficoltà dello stesso Kidd (tra le quali le divergenze con l'assistente Lawrence Frank) e gli evidenti limiti fisici di Garnett, che saltò parecchie partite. Pierce non riuscì mai ad andare d'accordo con Deron Williams, che considerava un giocatore soft e senza nessun tipo di cuore. Brooklyn chiuse la stagione regolare con un record peggiore dell'anno precedente ma riuscì comunque ad andare ai playoffs, battendo i Toronto Raptors al primo turno (suggerimento a Masai Ujiri, mai scherzare con Paul Pierce prima di una serie di playoffs, mai!). Al secondo turno i Nets vennero battuti senza troppi problemi dai Miami Heat e la stagione finì, ancora una volta, prima del previsto. Durante la off-season, Pierce decise di uscire dal contratto con i Nets e di firmare per gli Washington Wizards, lasciando Billy King totalmente senza alternative. Jason Kidd se ne andò sbattendo la porta, dopo che la dirigenza rifiutò la sua proposta di far fuori Billy King per affidargli totale controllo sul mercato. Lionel Hollins venne scelto come nuovo allenatore ma le cose non funzionarono fin dall'inizio, con il declino di Garnett sempre più evidente. Alla deadline King mandò Garnett ai Timberwolves in cambio di Thaddeus Young. I Nets vinsero solo 38 partite ma si qualificarono ancora una volta ai playoffs, venendo però subito eliminati dagli Atlanta Hawks per 4-2. Gli stessi Hawks che qualche settimana fecero lo scambio di scelte con Brooklyn, mandano i Nets a scegliere verso la fine del primo giro, anzichè a metà, sempre grazie alla trade per Joe Johnson. Cinque anni che dovevano portare al titolo e che si sono trasformati in una serie di insuccessi tanto prevedibili quanto tristi.
Adesso Prokhorov cerca di cambiare di nuovo le cose, parlando di un cambio di mentalità, ma già a partire dal comunicato di licenziamento di Hollins e di ridimensionamento di King si capisce che il russo sembra non aver imparato la lezione. Nessuno all'interno del front-office era stato informato delle decisioni e tutti gli assistenti di Hollins sono venuti a sapere della notizia solo attraverso i media. Per diverse ore c'è stata moltissima confusione, con diversi elementi del front-office che non sapevano letteralmente chi comandasse in quel momento, considerando che l'assistente GM Frank Zanin pensava di essere stato licenziato esattamente come King. Fare una mossa del genere a poche settimane dalla deadline di mercato, tendenzialmente non aiuta a consolidare l'ambiente e crea ancora più confusione su quello che potrebbe essere il futuro della franchigia. Prokhorov continua ad operare solo con una strettissima cerchia di persone, il suo braccio destro Razumov e il CEO Brett Yomark. Billy King per diversi anni ha avuto un buon rapporto con il patron russo ma solo seguendo ciecamente i suoi ordini. Alla prima mossa fuori posto, cioè la scelta di Lionel Hollins come nuovo head-coach, King è diventato un altro elemento da poter scartare senza tanti problemi. Adesso, però, arriva la domanda fatidica: come si va avanti? Quale sarà il futuro di questi Nets?
La risposta è estremamente difficile da trovare. Nei prossimi 3 anni i Nets non hanno virtualmente nessuno spazio di manovra: la scelta del 2016 andrà a Boston, quella del 2017 i Celtics potranno scambiarla, costringendo quasi certamente i Nets a scegliere tra la metà e la fine del primo giro, e quella del 2018 sarà di nuovo dei Celtics. Anche nel secondo giro i Nets hanno ceduto gran parte delle scelte per i prossimi anni e dunque al draft si potrà fare davvero poco o niente. L'aspetto attuale del roster non è certamente incoraggiante, gli unici due giocatori di un certo livello sono Brook Lopez e Thad Young, entrambi sotto contratto pluriennale. Ma attorno a loro non c'è praticamente nulla, i Nets non hanno a disposizione un nucleo di giovani attorno ai quali poter costruire qualcosa. L'unico giocatore giovane di un certo interesse sembra essere Rondae Hollis-Jefferson, che potrebbe diventare un discreto lungo, ma non certo un giocatore attorno al quale poter costruire qualcosa che si avvicina, anche lontanamente, ad una contender. Il resto del roster attuale è quasi tutto in scadenza di contratto: Jack ha un altro anno di contratto ma solo parzialmente garantito, Karasev è a scadenza, Ellington, Larkin, Robinson e Bargnani hanno tutti delle player option per l'anno prossimo ma si tratta di opzioni al minimo o quasi, dunque è probabile che la maggior parte di loro decida di uscire dai contratti per testare il mercato. Bogdanovic è ancora nel suo contratto da rookie ma ci sono diversi rumors di trade sul suo conto, Willie Reed e Markel Brown potrebbero essere entrambi restricted free-agent, se i Nets estenderanno loro le qualifying offer. E ovviamente scadrà il contrattone di Joe Johnson.
Nella conferenza stampa Prokhorov ha detto che pensa che la squadra possa essere di nuovo una contender già dal prossimo anno, altro segnale che il russo sembra non aver proprio capito la lezione. Riflettendo con razionalità, non c'è mezza chance che i Nets siano una contender l'anno prossimo. L'unica cosa che avranno a disposizione è lo spazio salariale ma nella prossima free-agency ci saranno moltissime squadre con tanto spazio salariale a disposizione, grazie all'ingresso del nuovo contratto televisivo e al conseguente innalzamento del salary cap. Inoltre, c'è un solo giocatore che nella prossima free-agency potrebbe rendere una squadra immediatamente da titolo o quasi, ovvero Kevin Durant. E ovviamente Durant non andrà mai ai Brooklyn Nets, perchè se c'è una mezza chance che Durant lasci i Thunder, è solo per una squadra che gli possa garantire immediate chances da titolo e i Nets certo non possono farlo. I Nets seguiranno quasi sicuramente sia DeRozan che Conley ma entrambi sono estremamente difficili da prendere, Batum e Turner sono due obiettivi, sulla carta, più fattibili ma che certo non trasformerebbero i Nets in una contender e il rischio di overpaying in questi casi è sempre molto alto.
A chi affidare il futuro dei Nets? Chi sarà il nuovo coach e chi il nuovo GM? E' circolato parecchio il nome di John Calipari, pupillo del CEO Brett Yomark, che farebbe carte false pur di averlo a gestire la squadra. Intendiamoci, Calipari è un uomo mediatico straordinario ed un ottimo reclutatore a livello collegiale ma tecnicamente è un allenatore normalissimo e non sa assolutamente niente di NBA. La sua unica esperienza NBA, proprio con i Nets a metà anni '90, fu un vero e proprio fallimento. Ha connections con tanti giocatori, perchè a Kentucky ha creato una macchina sforna one and done, ma affidargli a lungo termine il futuro di una franchigia NBA, lasciandogli totale controllo tecnico, sarebbe una pessima idea. La NBA è una cosa competamente diversa dalla NCAA e ogni anno non si può reclutare una nuova squadra. Calipari sa fare benissimo il suo lavoro a Kentucky, è molto meglio lasciarglielo fare senza andarlo a disturbare. Inoltre, in una delle poche cose sensate dette da Prokhorov durante la conferenza stampa, il patron russo vorrebbe un allenatore e un GM con competenze ben delineate e destinte. E questo ha molto senso, negli sport professionistici americani i coach che fanno anche i GM non fanno quasi mai una grande fine (Doc Rivers, finora, è per distacco uno dei peggiori GM della storia recente della NBA). Il problema è che qualunque GM verrà contattato, Prokhorov dovrà entrare nell'ordine di idee di offirgli un contratto estremamente lungo. Nessun GM andrà a Brooklyn con un contratto da 2-3 anni, perchè il futuro della squadra nei prossimi 3 anni è sostanzialmente bloccato, visto che la squadra non sceglierà al draft (almeno che qualcuno non decida di regalare qualche prima scelta, comunque bassa, per uno tra Brook Lopez e Thad Young ma al momento pare improbabile). Qualunque professionista di un certo tipo cercherà un contratto di almeno 5-6 anni, l'unica timeline che gli permetterebbe di sviluppare un minimo il futuro di questa squadra. I prossimi mesi verrano utilizzati, con tutta probabilità, per prendere contatti con i vari candidati al ruolo.
E adesso arriviamo al capitolo allenatore. Anche qui la soluzione del caso è tutt'altro che semplice. Il posto di head-coach dei Nets, al momento, non è esattamente il più affascinante della terra. Va bene New York, va bene i soldi, va bene tutto ma il livello della squadra è molto basso e le possibilità di sviluppo a breve termine sono davvero poche. I più interessati potrebbero essere i classici allenatori che si vogliono rimettere in gioco dopo una più o meno lunga pausa. Vengono quasi spontanei, dunque, i nomi dei vari Jeff Van Gundy, Vinny Del Negro, Mark Jackson (che sembra particolarmente interessato al posto di Brooklyn), lo stesso Monty Williams, fatto fuori dai Pelicans la scorsa Estate. Un altro nome che potrebbe tornare di moda per Brooklyn è quello di Ettore Messina, che ha già lavorato in passato con Prokhorov al CSKA Mosca e che il patron russo apprezzza particolarmente. Più difficile, invece, l'ipotesi che potrebbe portare ad un ex assistente che si siede per la prima volta sulla panchina da head-coach. Altrettanto improbabile pare, al momento, l'ipotesi di un allenatore che arriva dal college (qualcuno che non sia Calipari, possibilmente).
Indipendentemente dal nuovo allenatore e dal nuovo GM, però, sarà fondamentale che Prokhorov inizi a cambiare qualcosa nella sua mentalità. Il voler vincere è un'ambizione più che legittima, ogni proprietario di una squadra NBA vuole farlo. E' normale che sia così. Ma per arrivare a quei livelli ci vuole un certo tipo di metodo e di cultura all'interno della franchigia ed è proprio questo aspetto che Prokhorov sembra trascurare. Il patron russo parla con pochissime persone e la stragrande maggioranza del front-office è all'oscuro delle sue mosse. Recentemente Prokhorov ha ottenuto il 100% delle quote, sia dei Nets che dell'arena, e questo gli darà ancora più potere in ambito decisionale, non dovendo avere a che fare con owner di minoranza. Ma quello di cui avrebbe maggiormente bisogno Prokhorov è la pazienza, la capacità di comprendere che una squadra da titolo non si costruisce con mosse affrettate ma con una programmazione a lungo termine e con un dialogo continuo con i 'subordinati'. Il russo deve imparare a lasciar fare al GM il suo lavoro, evitando di dargli troppe imposizioni, e deve capire che una squadra da titolo non si costruisce in un'Estate, tantomeno con il materiale che ha attualmente a disposizione la sua squadra. Dare una barcata di soldi a Calipari o strapagare un DeRozan o un Batum non cambierà le cose ma farà tornare ai Nets al punto di partenza, allungando ulteriormente, se possibile, l'attesa del tanto agognato titolo.
Ancora una volta, la strada per il titolo parte dall'alto, se la proprietà non si comporta in un determinato modo e non fa le mosse giuste, allenatori, GM e giocatori possono contribuire il giusto. Quando Prokhorov capirà questo, le cose per Brooklyn potranno cambiare davvero, fino ad allora il futuro rimane piuttosto nebuloso.
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