Portland: ultima chiamata
"Non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare"
La stagione appena conclusasi ha senza dubbio visto tra le “squadre rivelazione” i Portland Trail Blazers. Reduci da un'annata '12-'13, la prima di Terry Stotts nel ruolo di head coach, chiusa con 33 vittorie e 49 sconfitte, i Blazers sono stati infatti in grado di migliorare il proprio record di ben 21 W chiudendo a quota 54, a fronte di 28 sconfitte, e venendo eliminati in semifinale di Conference per mano degli Spurs poi futuri campioni.
La cosa che a prima vista potrebbe più sorprendere è il fatto che questo sostanziale miglioramento sia avvenuto nonostante lo zoccolo duro della squadra sia rimasto immutato. La “rivoluzione”, infatti, ha coinvolto i cosiddetti comprimari: fuori Hickson, Babbitt, Maynor, Pavolovic, Price, Jeffries e Smith e dentro Robinson, Lopez, Wright, Watson, Williams e McCollum, arrivato con la 10 chiamata assoluta al Draft.
Chi non avesse seguito la stagione di Portland potrebbe perciò dedurre che questo salto di qualità si sia verificato proprio grazie all'impatto avuto dai nuovi rincalzi. Nulla di più falso! Il supporting cast si è rivelato quasi sempre non all'altezza, tanto da pagare dazio rispetto alla media NBA praticamente in tutte le categorie statistiche, con il solo Mo Williams ad aver meritato una media d'impiego superiore ai 15 minuti per gara.
Stotts, già di per se restio ad un uso ampio delle rotazioni, si è visto perciò costretto a spremere al massimo i “titolarissimi” Lopez-Aldridge-Matthews-Lillard-Batum, questi due veri stacanovisti con quasi 3500 minuti giocati tra regular season e playoff.
Proprio gli starters, dunque, sono stati gli artefici quasi esclusivi della positiva stagione: basti pensare che Lillard, Aldridge e Matthews hanno fatto registrare il career high per punti proprio quest'anno.
Alla luce di questa breve analisi, è facile capire perchè la sensazione comune quando si parla dei Blazers è che si tratti di una squadra a cui sarebbero sufficienti un paio di innesti di livello, che rinforzino la panchina, per poter diventare una contender. E da questa free agency proprio questo ci si aspettava. Sono invece arrivati Chris Kaman, sfruttando la mid-level exception, con contratto un biennale da 9.8 milioni di dollari (secondo anno garantito solo per 1 milione) e Steve Blake grazie alla bi-annual exception da 4.2 milioni totali (secondo anno con player option).
Molti tifosi sono rimasti piuttosto delusi da questi ingaggi: Kaman è reduce da una stagione anonima e costellata dagli infortuni ai Lakers mentre Blake, alla sua terza esperienza a Portland, pur essendo un giocatore apprezzato per la sua mentalità, tanto che Kobe Bryant si lamentò pubblicamente per la sua cessione ai Warriors lo scorso febbraio, viene percepito come un downgrade rispetto a Mo Williams, ormai vicino alla firma con i Mavs.
Analizzando queste due operazioni più nel dettaglio, però, ci si rende conto che difficilmente il GM Neil Olshey avrebbe potuto fare di meglio visti lo scarsissimo margine di manovra dettato da un salary cap decisamente intasato e da un mercato pesantemente condizionato al rialzo dal più grande aumento del tetto salariale della storia della Lega. Kaman è un veterano con magnifici fondamentali offensivi che ben si dovrebbe completare con l'atletismo di Robinson nella second unit e che potrebbe offrire soluzioni interessanti anche in un eventuale tandem con Aldridge, Blake invece porta esperienza ed ordine in un backcourt dove queste due qualità tendono a latitare.
Quindi ora i Blazers possono a tutti gli effetti venir considerati una contender? A parere di chi scrive la risposta è un secco NO. Sia chiaro, la squadra è forte ma credo manchi ancora qualcosa per poter essere davvero attrezzati per andare fino in fondo.
Innanzitutto partiamo proprio dalle mosse di mercato: mi pare chiaro che per migliorare uno dei peggiori supporting cast della Lega l'ingaggio di due veterani come Kaman e Blake non sia sufficiente, soprattutto considerando che nel frattempo se n'è andato Williams cioè l'unico panchinaro che si sia rivelato all'altezza la scorsa stagione. In molti, poi, nutrono grandi aspettative su Robinson e McCollum. Se andiamo a vedere la realtà dei fatti ci rendiamo però conto di come T Rob stia confermando le perplessità che lo accompagnavano in uscita da Kansas: si tratta di un giocatore che a livello collegiale, nonostante sia sottodimensionato per il ruolo, dominava grazie ad
una fisicità nettamente superiore ai suoi pariruolo ma che in NBA sembra non riuscire ad imporsi allo stesso modo. E tutto questo finisce inevitabilmente per limitarlo. La risposta, o forse la speranza, più ricorrente di chi crede che il ragazzo abbia del potenziale ancora inespresso è che per poterlo sviluppare avrebbe di più minuti sul campo. Il problema è che, allo stato attuale, il suo spazio risulta irrimediabilmente limitato dalla presenza ingombrante di LMA; riesce quindi difficile credere che nell'immediato ci possa essere il tanto auspicato radicale miglioramento.
CJ McCollum, invece, è stato costretto da un infortunio a saltare l'inizio della passata stagione ma, una volta entrato in rotazione, ha dimostrato di non riuscire ad adattare le sue sopraffine qualità di scorer ad un ruolo in cui gli si chiede di avere un impatto immediato: l'impressione è che per accendersi debba avere la palla in mano per molti minuti, cosa che con Lillard in squadra sembra arduo da immaginare. Oltretutto una recente proiezione effettuata da Kevin Pelton di ESPN.com basata sulle statistiche avanzate evidenzia come McCollum risulti, in prospettiva, il peggiore tra le scelte in lottery del Draft 2013.
Sembrerebbe non resti altro da fare se non sperare in un ulteriore innalzamento dell'asticella da parte dei titolari, sulla falsariga di quanto avvenuto quest'anno. Anche qui però, se andiamo ad analizzare in maniera più dettagliata i fatti, ci accorgiamo di una cosa: la scorsa RS ben 12 vittorie sono avvenute con uno scarto di 5 o meno punti e sono state quasi sempre vittorie dovute più ai meriti dell'attacco che della difesa. La serie di playoff vs. Houston è non è che l'emblema di questa tendenza. Se sommiamo questo dato all'uso intensivo che Stotts ha fatto del suo quintetto base, l'impressione che si ricava è che gli starters abbiano giocato ai limiti di quelle che siano le loro effettive possibilità, se non oltre, e che la fortuna per una volta abbia sorriso ai Blazers.
Sarebbe dunque pericoloso contare su un ulteriore miglioramento da parte di questi giocatori anche perchè, eccezion fatta per Lillard, si tratta di atleti nel prime della loro carriera.
Ultimo ma non ultimo, il livello di competitività altissimo in questa Western Conference.
Se dunque le prospettive immediate sono a tinte chiaroscure, proviamo ad immaginare quelle future.
Nell'immediato sarebbe essere utile una operazione di mercato che possa portare una SF di riserva più continua di Wright e più forte del pessimo, a livello NBA, Claver. Una mossa che non farebbe la differenza ma aiuterebbe a migliorare la ancora, a mio parere, insufficiente panchina.
Sul lungo periodo invece è impossibile non concentrare l'attenzione sull'estate 2015. Possiamo dire che questa è la “data di scadenza” di questo gruppo: diventeranno infatti unrestricted FA Aldridge, Matthews, Lopez, Wright e Freeland mentre ci sarà la team option per Lillard, Robinson, Kaman, McCollum e Leonard. In pratica solo Batum ha un contratto sicuro per il 2016.
E qui arrivano i problemi!
Innanzitutto il rinnovo di LMA: pur essendoci già ora la possibilità di estendere il proprio contratto, il lungo da Texas ha fatto sapere che non intende rifirmare quest'estate pur, contestualmente, lanciando messaggi d'amore per Portland. Atteggiamento che definire ambiguo sarebbe riduttivo.
Ammesso e non concesso dunque che Aldridge decida di rifirmare, pare scontato che gli venga offerto il massimo salariale cioè un quinquennale da 108 milioni di dollari.
Altrettanto scontato sembra l'esercizio della team option in chiave '15/'16 per Lillard. Tuttavia la prossima estate il numero 0 sarà anche eleggibile per un rinnovo del suo contratto da rookie in scadenza nel 2016. Salvo imprevisti al momento davvero inimmaginabili, anche per lui ci sarà un max contract, cioè un quadriennale da circa 63 milioni. Questo a patto che per Lillard non scatti la cosiddetta “Derrick Rose rule”, la quale prevede che il massimo per cui un rookie possa rinnovare il proprio contratto passi dal 25% al 30% del salary cap. I presupposti per accedere al cosiddetto supermax contract sono che il giocatore:
* sia stato MVP;
* oppure sia stato per due volte votato starter all'All Star Game;
* oppure sia stato eletto per due volte in un quintetto All NBA.
Lillard quest'anno è stato inserito nel Terzo Quintetto, quindi ha completato metà del suo percorso.
Facendo due conti vediamo come, se dovesse verificarsi questa eventualità, il contratto a cui
potrebbe ambire l'uomo da Weber State diventerebbe un quadriennale da 75 milioni. Tutto ciò con un aggravio annuo di circa 3 milioni sul cap.
Insomma, le decisioni della prossima estate potrebbero portare i Blazers ad avere nel 2016 una cifra compresa tra i 37 ed i 40 milioni impegnata solo per i contratti di Lillard ed Aldridge!
Questi meritatissimi rinnovi, anche considerando il categorico monito della proprietà ad evitare di superare la soglia della luxury tax, ridurrebbero in maniera drammatica lo spazio di manovra per poter creare o anche solo mantenere un supporting cast sufficientemente competitivo.
Uno scenario che mi ricorda per diversi aspetti quanto successo ad Indiana: i Pacers infatti, con i rinnovi di Hibbert e George, si sono ritrovati una situazione salariale che permette loro scarso margine di manovra.
Il punto di contatto più grande tra le due situazioni è che sia Indiana che Portland sono due “small markets”. Questo significa che la loro capacità di attrarre degli All Star durante la free agency è molto limitata e quindi, nei limiti del possibile, devono fare di tutto pur di non lasciarsi scappare quelli che hanno già in casa.
La differenza più lampante invece è che sfruttando la flessibilità del cap data dai contratti da rookie di queste stelle, i Pacers sono riusciti a costruire una squadra in grado di competere per il titolo. É andata male, ma il gioco valeva la candela.
La conclusione che si può trarre da questo accostamento è che il treno per il titolo dovrebbe passare per l'Oregon questa stagione, quando i contratti di LMA e Lillard saranno complessivamente intorno ai 18,5 milioni: una cifra ridicola per due All Star e terzo quintetto All NBA!
Peccato che questi Blazers, come ho spiegato prima, al momento non siano ancora al livello dei top team della Lega. Olshey dovrebbe quindi fare di tutto per cercare delle operazioni di mercato in grado di colmare il gap, ma considerando lo spazio salariale e gli asset a disposizione del GM questa sembra davvero una missione impossibile.
Cos'altro si potrebbe fare a questo punto? Certo, la tentazione di accontentarsi e dunque continuare con questo gruppo, rinnovando Aldridge e Lillard, è molto forte ma rischia di rinchiudere Portland nello stesso limbo dorato in cui sembrano essere bloccati per gli anni a venire i Pacers: non essere sufficientemente forti da lottare per l'anello ma nemmeno abbastanza scarsi da scegliere in Lottery ed assicurarsi le future stelle della Lega.
Per evitare questo, la provocazione che lancio è la seguente: bisogna cedere Aldridge subito!
Certo, i Blazers con questa mossa azzardatissima, impopolare e quasi contraddittoria si priverebbero di quella che allo stato attuale è probabilmente la PF migliore dell'NBA e di una di quelle stelle tanto preziose per uno small market come Portland. Tuttavia con una manovra del genere, a patto di trovare la controparte in grado di mettere sul piatto le giuste pedine, la franchigia dell'Oregon potrebbe sostituire LMA con qualcuno in grado di essere a sua volta una stella in un futuro prossimo, oltre ad uomini in grado di allungare la rotazione, e mantenendo quella flessibilità e quel margine di manovra fondamentali per costruire un gruppo davvero da titolo. Senza dimenticare che cosi facendo si disinnescherebbe il rischio, sempre presente, di perdere il numero 12 a zero il prossimo anno.
Il partner ideale per questo tipo di operazione potrebbe essere quella Cleveland piena zeppa di giovani talentuosi e futuribili ma che, con il ritorno di Lebron James, è alla ricerca di giocatori “pronti all'uso”. E un anno di Aldridge a 15 milioni sarebbe un affare anche per i Cavs!
Mi rendo conto che la possibilità che si verifichi uno scenario così estremo sono praticamente nulle, ma il punto focale del discorso è che i Blazers non stanno dando l'impressione di essersi ancora resi conto di trovarsi già oggi ad un bivio fondamentale dove una scelta sbagliata, o ancora peggio l'immobilismo, rischiano di condizionare il futuro della franchigia per il decennio a venire.
Servirebbero delle decisioni immediate e coraggiose, che purtroppo Olshey e la dirigenza non sembrano avere la personalità per prendere, dimenticando una massima di Sir Winston Churchill che si attaglia perfettamente al mondo NBA: "Non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare."
Articolo di A. De Piccoli
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