NBA Top 10 Small Forwards: le 10 migliori ali piccole della Lega
Continua il viaggio nella Top 10 per ogni ruolo in NBA
10. Thaddeus Young
La scommessa dei Sixers nel 2013. Nei corridoi del Wells Fargo Center si vocifera che la partenza di Iguodala non abbia fatto versare troppe lacrime alla dirigenza, proprio per la presenza del numero 21. Ormai alla sesta stagione Young ha sempre prodotto buoni numeri (oltre 12 punti e 5 carambole) pur con un minutaggio non da starter. Mancino, super atleta, le sue ottime percentuali al tiro dimostrano la sua qualità offensiva, frutto di un buon tocco dalla media e un eccellente gioco spalle a canestro. Vedremo cosa sarà in grado di fare con maggiori responsabilità sulle spalle, soprattutto in difesa dove è un eccellente stoppatore, ma deve migliorare. La stagione dei 76ers passa anche dalle sue mani.
9. Danilo Gallinari
No, il nostro non è certo un tributo nazionalista, il Gallo è ad oggi una delle migliori 10 ali piccole della lega. Come in altri casi, probabilmente la passata stagione qualcuno del suo stesso ruolo ha avuto un impatto maggiore, ma già dalla pre-season abbiamo il sentore che nel 2013 il Nostro farà il bello e il cattivo tempo per i Nuggets, giocandosi con Lawson il ruolo di leading scorer della squadra. Tutti noi non ci siamo ancora dimenticati di quella gara 7 in cui Danilo ha sbagliato tutto o quasi e se davvero è il campione che tutti pensiamo sia, dovrà, per prima cosa, far dimenticare quella prestazione. Nella NBA di oggidì in pochi sono più completi dell’ex Olimpia, capace di condurre o concludere un contropiede con la stessa efficacia, di difendere su 3 ruoli e servire assist straordinari. In attacco legge molto bene la posizione del difensore per batterlo dal palleggio e concludere in penetrazione, oltre ad essere un eccellente tiratore sia piazzato che in arresto e tiro. Deve migliorare il suo in-between game (tutto quello che succede dall’arco dei tre punti all’area pitturata) portando più spalle a canestro gli avversari che spesso gli sono inferiori per centimetri. Ok, lo ammettiamo facciamo un po’ il tifo per lui, ma davvero qualcuno pensa che non meriti la posizione numero 9?
8. Loul Deng
Con D-Rose costretto ai box, ottimisticamente, fino a Febbraio, il peso offensivo dei Bulls peserà anche, se non soprattutto, sull’inglese, autore fra l’altro di uno splendido torneo olimpico. Nel sistema di coach T, Loul è un difensore eccezionale, nettamente fra i primi nel suo ruolo, grazie alle lunghissime braccia e alla mobilità laterale unite ad un attitudine da vero guerriero. In attacco è giocatore da 17 punti per gara, ma ci si aspetta che senza la sua point guard titolare produca anche qualcosa di più.
Non fatevi ingannare dal suo atteggiamento pacato, il nativo di Wau (Sudan) è un leader come pochi, che non ha paura di tuffarsi per un palla vagante così come di prendersi (e non di rado segnare) il tiro della vittoria. A 27 anni è all’apice della sua carriera, con quella tecnica e in quel sistema non abbiamo dubbi che bissera la sua presenza all’ All Star Game e che trascinerà i suoi almeno fino al ritorno dell’1. Almeno.
7. Gerald Wallace
Crash, come viene soprannominato, ha l’occasione della carriera. I Brooklyn Nets, se escludiamo i Kings dei primi 2000 dove però Gerald più che altro guardava, sono la prima squadra vincente (almeno sulla carta) di cui vestirà la maglia. E sembrano fatti apposta per le sue doti: è uno dei primi difensori della lega, capace di difendere su più ruoli, stoppare e rubare molti palloni. In attacco le suo qualità atletiche gli permettono di accumulare bottini interessanti, pur non essendo un realizzatore naturale. Qualche anno fa in quel di Charlotte produsse una serie di stagioni memorabili e coach Johnson si aspetta da lui quel livello di gioco. Probabilmente, nel ruolo, il miglior rimbalzista della NBA.
6. Danny Granger
Se guardiamo le statistiche notiamo un giocatore buono, ma non super e soprattutto in calo rispetto alle passate stagioni. Ma Danny è il vero motivo per cui Indiana è una squadra solida e con un futuro promettente, capace di mettere in difficoltà anche gli Heat durante la scorsa edizione dei playoffs. L’ex Lobos è un attaccante completo, abile nel mettere in difficoltà la stragrande maggioranza delle difese avversarie con il suo tiro dalla media (in cui ha percentuali altissime) e spalle a canestro. Pur essendo un’ala piccola non è il giocatore più versatile del mondo e questo è forse il suo unico limite. Anche quest’anno sarà il leader dei Pacers e non è da escludere una cavalcata analoga a quella della stagione passata.
5. Rudy Gay
La sensazione è che il suo momento, la sua stagione di grazia, debba ancora arrivare. Il miglior risultato della storia dei Grizzlies è stato raggiunto con lui in borghese (2010, da testa di serie numero 8 eliminazione degli Spurs e passaggio al secondo turno), ma nonostante questo Rudy è sicuramente una delle prime 5 ali piccole della lega. Vederlo giocare è un piacere per la sua eleganza, la sua pulizia tecnica e il suo eccezionale atletismo che gli permette schiacciate sensazionali. Non esita quando c’è da prendersi l’ultimo tiro e, se non fosse per le vene realizzative di Gasol e Randolph, sarebbe uomo da oltre 25 punti ad uscita. Se tutto va per il meglio la prossima stagione sarà finalmente un All Star.
4. Paul Pierce
The Captain and The Truth. Per uno che è stato scelto dopo “Tractor Traylor” (R.I.P) e Larry Hughes ormai 14 primavere fa essere ancora considerato tra i top nel suo ruolo non è male. Ormai in fase calante, a noi piace ancora di più, perché venendo meno l’atletismo (che comunque non è mai stato il suo forte) si nota maggiormente la sua tecnica straordinaria. Delle sue capacità di mettere punti a tabellone sia fronte che spalle a canestro ormai già sappiamo. Così come delle sue sottovalutate doti di passatore e difensore (nonostante l’età è ancora uno dei pochi che può provare a contenere LBJ). La sua leadership non si discute e presto il suo numero 34 penderà accanto a quello di Larry Legend dal soffitto del TD Garden.
3. Carmelo Anthony
In termini strettamente offensivi non esiste sul pianeta un giocatore potenzialmente più difficile da marcare di Melo. Nessuno ha quelle mani per tirare accoppiate a quel fisico e a quella velocità di piedi. Nessuno. Eppure Anthony ad oggi è da considerarsi un devastante attaccante, ma niente di più. E’ un leader? E’ capace di essere il pilastro di una squadra contendente per il titolo? Tutti nella Mela vorrebbero rispondere di si, ma per adesso i fatti hanno dimostrato il contrario. A livello tecnico quello che rischia Carmelo è un po’ quello che è successo ad Iverson per tutta la sua carriera (senza, ovviamente, voler accostare i due che sono troppo diversi per mille motivi) ossia un giocatore fortissimo al quale è molto difficile affiancare un cast di supporto che ne faccia anche un giocatore vincente.
Ma se i Knicks quest’anno raggiungeranno almeno il secondo turno di playoffs, allora New York avrà un nuovo ed unico Re. E questo Anthony lo sa.
2. Kevin Durant
Se Melo può essere considerato potenzialmente inarrestabile, nel caso di KD dobbiamo togliere il potenzialmente. Durant è il miglior attaccante del mondo e non solo: è sicuramente uno dei primi 5 giocatore del pianeta. Ha già dimostrato di essere capace di portare i suoi fino all’ultimo ballo e non ci sono dubbi che ci riproverà anche quest’anno. Nel suo mirino c’è anche il primato per punti segnati nella storia della lega, qualora decidesse di giocare per una ventina d’anni. Anche quest’estate a Londra ha fatto capire come non ci sia antidoto al suo gioco e l’età ovviamente ci porta a pensare che ci siano ampi margini di miglioramento. Scary.
Se non esistesse LeBron sarebbe lui il padrone di casa nella NBA, ma non è detto che non lo diventi già nei prossimi anni.
1. LeBron James
Il miglior giocatore di basket del mondo. Dopo l’anello anche i più critici hanno dovuto accettare il fatto che si scrive NBA, ma si legge LeBron James. Se qualcuno su Marte chiedesse che tipo di giocatore sia, risponderemmo con un “Karl Malone che palleggia e si muove come Kenny Anderson”. E’ la perfetta evoluzione di Magic unita ad un atletismo che nessuno ha (e forse ha mai avuto) nella lega. A differenza di altri fenomeni ha mostrato di essere davvero un vincente non tanto e non solo per il titolo 2012, ma per come ha saputo sconfiggere anche l’enorme pressione che si è portato appresso negli ultimi due anni e la gara 6 contro Boston ne è stata la perfetta dimostrazione. Come detto la Lega è sua e adesso gioca contro la storia: se mai dovesse aggiungere altra argenteria anulare allora davvero anche MJ potrebbe essere messo in discussione. Ah, dimenticavamo: anche per quest’anno il titolo di MVP ha un unico favorito.