Parliamo di Durant, dei Thunder e dei Thunder senza Durant
Torna la traduzione di uno degli articolo di Grantland. Oggi si parla di Oklahoma City Thunder
Mercoledì, giorno di traduzione di uno degli articoli di Grantland. Il pezzo dal titolo "We Need to Talk About Kevin: On Life Without Durant for the Oklahoma City Thunder" è stato scritto da Zach Lowe e tradotto da Giacomo Sauro.
È stato un dilemma maledetto: la rincorsa al titolo come asso da giocare per convincere Kevin Durant a rimanere a Oklahoma City, ma per provare la rincorsa i Thunder e Durant hanno dovuto prendere un rischio non calcolabile con il suo piede destro.
Alla fine ci ha pensato il corpo di Durant a parlare e a forzare una decisione per una società che tra solo 15 mesi si troverà con una superstar tra le più grandi della sua generazione che diventerà free agent proprio nell’anno in cui il tetto salariale salirà a un livello mai raggiunto prima. Nel frattempo Serge Ibaka starà fuori almeno un mese in seguito a una artroscopia al ginocchio, ciò significa che se i Thunder andranno ai playoff è probabile che salterà tutto il primo turno. Anche senza Ibaka, dei Thunder in salute sono sempre una bestia pericolosa, ma risulta difficile credere che possano difendere abbastanza bene da fermare il ciclone Warriors, la squadra con il miglior attacco della lega.
Con l’infortunio di Ibaka le possibilità di titolo si sono assottigliate, e la bilancia rischi/benefici di Durant ha iniziato a pendere verso la parte sbagliata. Quando giovedì il piede di Durant ha iniziato a fargli male la decisione di fermarsi è venuta da sé. Gli specialisti sostengono che, con il giusto periodo di riposo, la frattura al quinto metatarso del piede destro di KD guarirà del tutto. Giocarci sopra adesso, dopo un secondo intervento e le conseguenti complicazioni, aumenterebbe il rischio di infortunarsi nuovamente nel lungo periodo e creerebbe una situazione che i medici negli ultimi due giorni hanno iniziato a descrivere come insostenibile. (Molti hanno criticato i Thunder per aver inizialmente affrettato il recupero di Durant, ma io non sono di questo avviso. Durant ha molta voce in capitolo sulle scelte che riguardano la sua salute, e noi ignoriamo quasi totalmente lo stato del suo piede a dicembre e gennaio.)
I Thunder e Durant stanno facendo la scelta corretta, ma per la società il prezzo non è indifferente: sta sfumando l’ultima possibilità di inseguire l’anello con Durant prima che il suo diventi il contratto in scadenza più discusso dai tempi di LeBron James stagione 2009/10. James diventò free agent in un momento in cui era insolito che cinque o sei squadre fossero disposte a offrirgli il massimo possibile. Durant invece lo diventerà in concomitanza con l’aumento di spazio salariale più grande di sempre, un’eccezione che porterà ogni maledetta franchigia decente a potergli offrire di tutto pur di guadagnarsi le sue prestazioni. Qualche squadra si potrà pure permettere di far scegliere a Durant un altro free agent da massimo contrattuale da avere come compagno.
I Thunder metteranno su la faccia giusta e diranno che sono fiduciosi, che non vedono l’ora che arrivi l’opportunità (questo sì che si chiama girare la frittata) di far vedere a Durant che sono loro la squadra giusta per lui. Non fatevi però ingannare da questo atteggiamento spaccone, lo sanno che la partenza di Durant è un’opzione concreta e conoscono la situazione salariale. Insieme a Philadelphia è stata Oklahoma City a opporsi con forza alla riforma della lottery, con tutta la frenesia che ne è scaturita nel mercato minore. I Thunder hanno scambiato prime scelte future per Dion Waiters ed Enes Kanter in trattative separate, e sebbene questi giocatori siano giovani e le scelte protette questo tipo di mosse per vincere subito è una novità dei Thunder di quest’anno. È il segno che la squadra sa che il tempo stringe, perché fallire oggi significa che le ripercussioni nel futuro sono sempre più vicine.
I dirigenti delle altre squadre hanno già notato come queste mosse (in particolare l’ingaggio di un giocatore di post basso come Kanter, che gioca anche con naturalezza il pick and pop con Westbrook) lasciano intravedere il percorso futuro di una squadra in cui il peggiore dei casi si è verificato e Durant se ne è andato.
Tuttavia i Thunder fanno bene a essere fiduciosi sulla permanenza di Durant. La cessione di James Harden non ha funzionato e probabilmente non era neanche finanziariamente necessaria, ma la fretta con cui si vuole affibbiare a Oklahoma City l’etichetta di tragica incompiuta è sempre stata esagerata, quando non inopportuna.
Questa squadra avrebbe in bacheca un titolo se Westbrook e Ibaka non fossero stati vittima di infortuni proprio durante i playoff 2013 e 2014. I critici diranno che quegli infortuni sono la ragione per la quale non si sarebbe dovuto cedere Harden; il terzo campione può passare da quasi in esubero a fondamentale nel momento in cui un compagno superstar è fuori. I critici hanno ragione, in parte; i Thunder hanno sostituito Harden con giocatori più giovani (e scelte al draft) che non erano pronti per l’intensità dei playoff, e ne hanno pagato il prezzo.
Però anche con Harden, e con gli stessi infortuni, non è detto che i Thunder sarebbero stati abbastanza forti da vincere il titolo quelle stagioni. Ibaka è particolarmente insostituibile quale unica minaccia a difesa del ferro dietro una difesa sul perimetro confusionaria e inefficiente. Harden avrebbe aumentato le probabilità di titolo, ma non sappiamo di quanto esattamente.
I Thunder hanno considerato tutto questo quando hanno chiuso l’affare con i Rockets, malgrado ora sembri che abbiano commesso un errore. Tuttavia ciò non vuol dire che la squadra è alla deriva, che è una specie di patetica causa persa che arranca negli ultimi giorni di un’era segnata, con i giocatori che controllano su HoopsHype le ultime indiscrezioni sul proprio futuro. I Thunder con Durant, Westbrook e Ibaka possono decisamente puntare al titolo, anzi forse sono proprio la squadra migliore della NBA; questo fatto rende l’interminabile serie di infortuni di questa stagione doppiamente dolorosa.
In questa stagione ci sarebbe potuto/dovuto essere un testa a testa con i Warriors. Quei tre campioni sono all’apice della carriera, e i risultati della trattativa Harden (scelte, giocatori e flessibilità) stavano finalmente iniziando a farsi sentire sul parquet. L’attacco e il gioco continuano a essere solidi, ma questa squadra avrebbe dovuto essere semplicemente la migliore.
A settembre, quando i Thunder torneranno a radunarsi, ci saranno ancora tutti. Se Durant diventerà free agent avrà un bel po’ di situazioni allettanti tra cui scegliere, anche se nessuna di queste offrirà la stessa possibilità di giocare per altri cinque anni assieme a Westbrook e Ibaka. Non so se sia mai capitato che un campione lasciasse altri due campioni al loro apice a questo livello. L’aumento di spazio salariale che aiuterà il resto delle squadre varrà anche per i Thunder. In caso rimettessero sotto contratto Kanter in estate rimarrebbero fuori dalla corsa per i free agent migliori nell’estate del 2016, ma Oklahoma City potrebbe avere ancora o un po’ di spazio salariale o l’intera midlevel exception per inserire un elemento di qualità. Secondo fonti della lega, il tetto potrebbe alzarsi da 90 milioni di dollari nel 2016/17 fino a 105 milioni l’anno successivo, così che i Thunder potrebbero fare ulteriori innesti senza sconfinare nella luxury tax (ma ci sono molti fattori in gioco, tra cui l’eventualità che Ibaka ottenga il massimo nel suo prossimo contratto).
Ripetiamo: i Thunder fanno bene ad avere fiducia nel proprio posto in prima fila per la corsa a Durant, nonostante anche la sua città natale, Washington, stia preparando l’assalto. Ma il contratto di Durant è sostanzialmente in scadenza, e il prossimo mercato dei free agent può prendere all’ultimo pieghe imprevedibili. Non si sa mai. L’ultima stagione in cui Oklahoma City poteva affidarsi ad alcune certezze è ormai andata.
Che ne sarà allora del finale di stagione di OKC?
I Thunder con l’ultimo super campione che rimane sono comunque una buona squadra. Sono ottavi sopra i Pelicans, ma non rappresentano una minaccia per i Warriors. Delle 14 partite che mancano, 8 saranno in casa, anche se avranno 3 back-to-back e solo 3 gare facili facili, contro Sacramento, i Lakers e all’ultima contro Minnesota. I Pelicans avranno più partite in trasferta, ma in termini di difficoltà il calendario è analogo a quello di OKC; lo scontro diretto è però a loro favore.
Oklahoma City è 8-5 nell’ultimo periodo senza Durant; tre di queste sconfitte sono maturate in finali al cardiopalma contro Portland, Phoenix e Chicago. Quando Westbrook gioca senza Durant il record e il margine di vittoria sono buoni. OKC potrebbe resistere in ottava posizione anche se Durant non dovesse più mettere piede in campo quest’anno.
Tuttavia le vittorie, specialmente le più recenti, non sono state convincenti, in primis perché i Thunder non possono difendere contro nessuno. Nel periodo successivo alla pausa per l’All-Star sono 24esimi per punti concessi per possesso. Ibaka e Durant non sono solo campioni, sono giocatori a tutto tondo, e senza di loro i Thunder faticano non poco. Scott Brooks, non esattamente un maestro di scacchi, deve scegliere tra quintetti scarsi in attacco e quintetti scarsi in difesa.
Il quintetto titolare, con Andre Roberson e l’accoppiata Kanter/Steven Adams, segna solo 92,5 punti su base 100 possessi, quasi come Philadelphia, il peggior attacco della NBA. Kanter può progredire nella media distanza, specialmente in collaborazione con Westbrook, ma ha abbandonato gli esperimenti per allargare la difesa degli ultimi giorni a Utah per concentrarsi sul gioco interno, il che lo porta nel territorio di Adams. Nessuno marca Roberson, quindi quando Westbrook gioca il pick and roll trova l’area intasata.
(foto: via Grantland)
(foto: via Grantland)
Adams non ha il piazzato, quindi le squadre astute lo lasceranno perdere per provare a evitare il passaggio sotto a Kanter.
(foto: via Grantland)
Waiters a Oklahoma City è un disastro: ha il 37% totale e il 27% da 3, una percentuale alla Josh Smith; di conseguenza i difensori si azzardano ad allontanarsi sempre di più.
(foto: via Grantland)
Brooks ha inserito Waiters in quintetto al posto di Kyle Singler per rinvigorire l’attacco, ma Waiters si sta prendendo dei tiri da 2 dal palleggio veramente tremendi. Sono poi piuttosto sicuro che mercoledì contro Boston abbia stabilito il record non ufficiale per gli appoggi che colpiscono solo il tabellone.
L’attacco migliora quando Roberson e Adams sono in panchina, ma Brooks fa entrare al loro posto giocatori che non sanno difendere: Anthony Morrow, D.J. Augustin e Mitch McGary. Mettete in campo due o tre di questi insieme a Kanter e al posto della difesa vi ritroverete un cumulo di macerie.
Kanter si sta comportando bene sia in attacco sia a rimbalzo (e ha anche scoperto che si può passare la palla!) ma in difesa non sa che pesci prendere. Ecco qui sotto la sua idea di protezione del canestro quando arriva in aiuto dalla linea di fondo.
Non sorprende che Utah fosse ansiosa di concedere più minuti a Rudy Gobert. Contro il pick and roll Kanter è impalpabile; va di qua e di là, ma il tempismo e i movimenti sono tutti sbagliati, e qualsiasi trattatore di palla di livello può accedere all’area senza troppi problemi. Se alcune squadre hanno già iniziato ad attaccarlo a ogni possesso nelle fasi delicate della partita, è probabile che ai playoff questo accada ancora di più. Quando Kanter è in campo Oklahoma City concede 109 punti su 100 possessi, persino peggio della difesa peggiore della lega.
McGary si impegna, ma negli spazi brevi è lento e deve ancora imparare a difendere a un livello NBA.
Morrow non è mai stato un gran difensore, mentre Augustin è fisicamente piccolo; gli avversari hanno vista facilissima contro la difesa dei Thunder quando Brooks schiera contemporaneamente in campo Augustin e Westbrook in un quintetto dal doppio playmaker. Contro Boston ha giocato Steve Novak. Lo ha fatto perché (e la ragione non è pessima) Boston schierava in ala piccola Gigi Datome con la sua crocchia, una delle poche pseudo ali che Novak può marcare.
Si potrebbe trovare una via di mezzo dando più minuti a Singler e Nick Collison, ma il primo non ha mai ingranato da quando è a Oklahoma City e il tempo per guadagnarsi la fiducia di Brooks sta scadendo. Tuttavia se le alternative rimangono il duo Augustin/Westbrook e quella roba che propone Waiters, allora Singler merita più minuti. Anche più minuti per Collison sono sempre benvenuti, ma il fisico non è più quello di un ragazzino e tende a commettere troppi falli.
Semplicemente Brooks non ha molte opzioni oltre a quella di lasciare scorrazzare libero Westbrook, ma questo non è sostenibile quando il livello si alza, né per Westbrook né per i Thunder. Non c’è un chiaro sistema offensivo a cui ricorrere. All’inizio della stagione i Thunder avevano parlato di sfruttare l’assenza di Westbrook e Durant per consolidare un gioco di attacco in continuità, sul vago modello degli Spurs, per capirci. Vi ricordate quando Perry Jones III ha segnato 68 punti totali in tre partite consecutive? Da allora ne ha segnati 95 e pare che sia vivo.
Porca miseria, sugli 11 giocatori che si dividono più o meno tutti i minuti 5 non erano neanche in squadra all’inizio della stagione. Un sesto, McGary, prima di febbraio aveva giocato solo una volta. Non era questo il programma, ma neanche l’ambiente è adatto allo sviluppo di continuità e chimica di squadra. In questo momento i Thunder sono una macchina da punti guidata da Westbrook che ha bisogno di abbastanza vittorie 115-110 per strappare i playoff.
Dopo di che la storia sembra scritta. Se i Thunder arriveranno ai playoff saranno probabilmente schiacciati dai Warriors e manterranno la scelta al primo turno che devono a Philadelphia (passando per Denver); quella scelta è protetta nelle prime 18, e se i Thunder agguanteranno l’ottava piazza è probabile che finiscano proprio alla 18esima posizione (ammesso che la quinta classificata a est mantenga il vantaggio sui Thunder).
Tra l’altro i veri vincitori in tutto questo sono i Warriors. Sembra banale ma è così. Tutti i vincitori del titolo hanno bisogno di un po’ di fortuna negli infortuni e negli accoppiamenti, anche perché gli infortuni, quando più quando meno, hanno condizionato i playoff di quasi ogni stagione. Lasciate perdere i distinguo e guardate la storia della NBA: nel periodo pericolosamente vicino a quasi ogni maggio o giugno c’è un infortunio che influenza le probabilità di vittoria.
I Warriors sono il raro caso di squadra in testa sia per punti segnati che per punti concessi. Nonostante siano eccezionalmente forti, sorridono per non dover affrontare (specialmente al dannato primo turno) al completo una squadra che può arrivare a quel livello.
Questo è quanto i Thunder di quest’anno avrebbero potuto essere ma non saranno. Potranno rifarsi nel 2015/16, ma ormai incombe inesorabilmente il futuro di Durant. Il “caso Durant” era già lì, eclissato parzialmente dalla remota possibilità di una cavalcata ai playoff.
Non più ormai. I Thunder hanno i minuti contati e in ballo c’è il futuro di una franchigia. La NBA può essere un posto crudele, molto crudele.
TRADUZIONE DI GIACOMO SAURO