Il pagellone di mercato NBA dopo la deadline: Eastern Conference
Ecco i voti alla prima parte di stagione dei General Manager delle squadre della Eastern Conference
Ecco la seconda parte del pagellone di mercato NBA. E' il giorno della Eastern Conference, dove un movimento di mercato giusto può voltarti la stagione (cosa impossibile ad ovest). Chi si è mosso meglio dall'estate alla deadline?
ATLANTA HAWKS (Danny Ferry): 7. Vale per lui lo stesso discorso fatto per Myers. Campa di rendita sull'ottima stagione da GM dell'anno passato. Quest'anno si limita a goderne i frutti, aiutato anche da un Mike Budenholzer assolutamente perfetto, da Coach Of The Year a mani basse. I suoi movimenti sono più che altro conservativi: conferma Brand, strappa Sefolosha ai Thunder per i diritti di Big Sofo e mette sotto contratto Kent Bazemore. Forse si sbarazza con troppa fretta di Lou Williams, ma nel complesso la sua condotta è lineare e pulita senza strafare troppo. Mezzo voto in più per essere riuscito a recuperare la prima scelta spesa per Adreian Payne, mai integratosi nel sistema a causa di troppa concorrenza e dell'esplosione di Mike Scott.
TORONTO RAPTORS (Masai Ujiri): 7. E' una vera volpe e la stagione solidissima dei Raptors è gran parte merito della sua condotta. La squadra è quadrata e completa, manca forse di talento in alcune zone del campo, ma il record parla chiaro: secondo posto e competitività anche contro squadre dell'ovest. Dare 12 milioni a Lowry non è una cosa difficile, più rischioso è scommettere, ma è quasi un obbligo quando sei pesantemente in hard-cap e hai poco margine di manovra. Scommettere ad esempio su Lou Williams in arrivo da una marea di infortuni, così come affidare un ruolo importante a James Johnson, di ritorno in NBA, con un contratto molto leggero. In estate ci saranno molte scadenze, l'obiettivo sarà completare il roster con un'ala grande di spessore che faccia il lavoro sporco di Amir Johnson e garantisca anche qualche punto in più (Millsap? Monroe?). Intanto la squadra veleggia verso il miglior record di franchigia e pare che la maggior parte delle scommesse si stia rivelando vincente. Toronto molto difficilmente avrà mai una reale chance di vincere il titolo, ma per passare da barzelletta a squadra competitiva ci vuole anche una sana dose di rischio. Masai se lo è preso e per ora paga (da vedere se pagherà anche per Caboclo).
CHICAGO BULLS (Gar Forman): 6. E' un voto piuttosto difficile da dare, perché pesa molto su di lui lo scambio al draft di Nurkic e Harris in cambio di McDermott, che per il momento si rivela sotto le aspettative. Forman è un tipo prudente, anche troppo in diverse occasioni. Quest'anno più che sul rinforzo della squadra cerca di ringiovanire il roster e depennare qualche milione dal monte salari. Amnistia Boozer e lo rimpiazza con Pau Gasol: metà stipendio, stesso impatto, forse anche migliore (ma occhio alla player option sul terzo anno); dalla parte opposta però spende decisamente troppo per Nikola Mirotic, consumando tutta la mid-level; va bene dare fiducia al rookie, ma 5 milioni a salire sono davvero tanti, specialmente dopo aver preso il suo connazionale. Buone le mosse di Brooks al minimo, il rinnovo di Hinrich, scudiero di Thibodeau. Così a pelle la squadra non sembra né migliorata, né peggiorata, continua a dipendere troppo dalle lune sulle condizioni di Derrick Rose e viene trascinata in alto da un Jimmy Butler pauroso. A proposito di Butler: egli ha dichiarato di non sentirsi da massimo salariale, ma viene stranamente difficile credere che il GM dei Bulls non pareggi qualsiasi offerta gli pervenga per lui. Per chiudere il solito discorso: ma un cambio per Noah migliore di Mohammed non riesci proprio a trovarlo? Mirotic permette lo spostamento di Gibson da 5 in alcuni frangenti, ma sotto canestro manca sempre un tassello, specialmente ora che Noah è in una forma precaria.
CLEVELAND CAVALIERS (David Griffin): 5. Si chiacchiera sempre dei Cavaliers, è una normale amministrazione quando LeBron circola nei paraggi. David Griffin non ha avuto un'estate semplice, dovendo far fronte a una marea di problemi senza fine con cambi di roster, pressione mediatica da far spavento. Il risultato conferma sì una squadra fortissima, ma il prezzo che paga per tutto questo è troppo salato. Onestamente è difficile credere che non abbia condizionamenti esterni nelle sue mosse, ma alcune sono incomprensibili. Abbassa il valore di Waiters mettendolo in un contesto errato, ma rimedia egregiamente con J.R. Smith e Iman Shumpert. Regala ad Anderson Varejao un contratto folle, che il brasiliano ripaga subito rompendosi per tutta la stagione. A quel punto con l'acqua alla gola è costretto a spendere e spandere per correre ai ripari. Con il senno di poi magari due prime scelte per Mozgov saranno pure state spese bene, ma danno la chiara percezione di un GM in balia totale degli eventi. Non lo biasimiamo sia chiaro, ma quando costruisci intorno a LeBron devi almeno essere sicuro di avere gli uomini giusti. Di tre cose sole a Cleveland sono certi: LeBron James, Kyrie Irving e il coach David Blatt, capace di resistere a tutto uno stato d'America che chiedeva la sua testa, prendere in pugno la situazione e rimettere il treno sui binari. Alla deadline non succede nulla, anche perché “the King” si sente soddisfatto.
Un piccolo consiglio: hai i diritti su alcuni tra i migliori lunghi europei (Kaun, Macvan e Karaman)...perché non provi a portarne uno a Cleveland?
WASHINGTON WIZARDS (Ernie Grunfeld): 6.5. La squadra è completa e onestamente bisogna cercare di valutare il suo lavoro senza far pesare il giudizio sulla sfortuna che si è abbattuta con gli infortuni di Bradley Beal. Non deve fare grosse mosse, ma deve fronteggiare alcune defezioni. Ariza non lo tiene per evitare di entrare in luxury, ma si consola con un Paul Pierce a salario via mid-level (almeno 3-4 milioni risparmiati). Allunga la rotazione con Kris Humphries e si porta a casa un preziosissimo Rasual Butler con un contratto al minimo. La squadra è in un momento di difficoltà anche a causa della forma precaria di Marcin Gortat e l'assenza di Bradley Beal, ma la sua progressione da GM è fatta di alcune piccole cose ben fatte. Appena recupererà tutti i giocatori coach Wittman riaccenderà la macchina con l'obiettivo di migliorare la semifinale di conference dello scorso anno. Alla deadline cambia Andre Miller con Ramon Sessions, mossa intelligente, perché Miller è in netta parabola discendente e con questa trade ricava anche 2.5 milioni di trade exception, che nella situazione di Washington possono essere oro colato.
MILWAUKEE BUCKS (John Hammond): 8 (il migliore). E' probabilmente il GM più sottovalutato d'America, ma ha un cervello e una puntualità da far spavento. Tantissimi suoi colleghi eviterebbero di cambiare qualsiasi pedina quando le cose nella stagione vanno benissimo, ma invece lui trova il modo di rinforzarsi salvando pure un mucchio di salario. Le sue mosse iniziano alla grande già in estate. Rimedia una prima scelta per prendersi Dudley, in cambio di Radulijca e Delfino (in sostanza nulla). L'arrivo di Kidd non è un suo merito, ma la squadra che gli consegna è davvero ideale al gioco dell'ex Nets. Perde Jabari Parker prematuramente, ma si scatena il giorno della deadline: si sbarazza di Knight in scadenza e di Marshall rotto e si porta a casa Carter-Williams (rookie scale ancora per due anni), Tyler Ennis (rookie scale per tre anni) e persino il centro con cui cambiare lo strechato Larry Sanders, il tutto senza perdere una sola scelta (quella ce la mette Phoenix). Capolavoro.
MIAMI HEAT (Pat Riley): 6. E' difficile criticare un santone come Riley, ma se la stagione non sta andando come previsto è anche in parte colpa sua. L'estate nella quale LeBron James torna da dove era venuto lui dà la sensazione di perdere il filo del discorso e di fare mosse dettate dal rischio di restare senza niente. Strapaga Bosh con un contratto folle che si trascinerà fino al 2019, tiene Andersen a oltre 5 milioni (va bene la riconoscenza, ma se vai il luxury tax per questo ci pare eccessivo), spende la mid-level per McRoberts (ci può stare, ma allora non tieni sia Bosh che Haslem). Riesce in compenso a strappare Luol Deng alle altre squadre con un contratto leggerino, ma nel complesso il suo operato è insufficiente. Si riscatta bene durante l'anno e il giorno della dealine: Hassan Whiteside lo estrae dal cilindro (ha contratto anche il prossimo anno, quindi si rinnoverà con la early bird l'anno in cui scade il Birdman) e il giorno della dealine insolitamente si scatena: pesca Dragic per due prime scelte (sono sue quindi sacrificabili e potenzialmente basse), Granger e un mucchio di contratti rimpiazzabilissimi (eccetto Cole, ma con Dragic non avrebbe avuto più spazio). Insomma male in estate, ma in crescendo durante l'anno. Ovviamente si spera che Bosh ritorni meglio di prima dal brutto problema al polmone che lo affligge.
BROOKLYN NETS (Billy King): 5.5. Non è facile potenziare una squadra che ha un payroll come la sua, ma almeno quest'anno rispetto al solito non va fuori giri. Tanto rumore il giorno della dealine, ma alla fine rimedia solo Thad.Young per Garnett in scadenza, un po' poco. Durante l'anno fa quel poco che serve: bene la firma di Bojan Bogdanovic, ottima la scelta di Hollins come coach, ma la sua incapacità a scambiare i contrattoni a disposizione (Johnson, Jack, Williams, Lopez) certo non gli fa guadagnare punti. La squadra è abbastanza forte e bene allenata, ma più di così non può fare e troppi giocatori sono in parabola discendente. Incomprensibile poi lo spendere dollari a destra e a sinistra per acquistare seconde scelte a fine draft e per selezionare giocatori di basso impatto.
CHARLOTTE HORNETS (Rich Cho): 5. Lo scorso anno fu quasi perfetto e i risultati si videro, quest'anno è decisamente troppo avventato e le difficoltà che incontra la squadra sono evidenti, anche se poi il disastro viene scampato. Dovrebbe costruire intorno a Jefferson e sbaglia: Lance Stephenson a quella cifra può anche essere un affare, ma in quel contesto non gira e se ne accorge subito. Strapaga Marvin Williams con un biennale (incomprensibile come sia uscita quella cifra) togliendo spazio e minuti a Vonleh. In realtà Walker, Jefferson e Kidd-Gilchrist basterebbero a fare dei tranquilli playoff, ma la squadra si avvita sulle sue contraddizioni e rischia l'implosione, prima che l'ottimo coach Clifford metta delle nuove grarachie e dia delle direttive per tutti. Mette una mezza pezza nell'ultimo mese con Mo Williams per Gary Neal (anche se avrebbe Roberts), ma rimane troppo affollato in alcuni settori e ormai metà della frittata è fatta. Il valore della squadra resta buono, ma la sensazione è che ci siano troppe teste calde (da Lance, a Taylor, passando per P.J.). Servirebbe un generale in campo che dia i tempi di gioco; dovrebbe essere Jefferson, ma caratterialmente è troppo morbido.
DETROIT PISTONS (Stan Van Gundy): 7. A volte fare il GM equivale a prendere delle decisioni anche drastiche. Tra queste c'è quella di pagare Josh Smith ben 5.4 milioni di dollari per le prossime 5 stagioni senza che egli giochi. Mossa sbagliata? Non proprio, perché dopo la sua cacciata i Pistons hanno preso una marcia di spessore, arrivando dal fondo alle prote della zona playoff, dov'è prevista una tonnara senza precedenti per l'ultimo posto. In estate esagera con contratti a giocatori come Meeks, ma firma solo gente funzionale al sistema. Avrà la grana Monroe da risolvere in estate, ma intanto ha mostrato (se ce ne fosse bisogno) di avere il polso della situazione. Alla deadline si prende Reggie Jackson (da valutare con Jennings dal prossimo anno), pagandolo caro e perdendo due pezzi importanti come Augustin e Singler, ma rimpiazza tutto facendosi ridare Tyshaun Prince in cambio di palle al piede come Jerebko e Datome. Lavoro che si può considerare decisamente positivo, ma che è appena iniziato e su Monroe ruota il futuro della franchigia.
INDIANA PACERS (Kevin Pritchard - Larry Bird): 5.5. Paul George ha lasciato il segno, in tutti i modi interpretabili, ma la stagione dei Pacers per ora è una mezza delusione, sia perché viene mostrato in modo chiaro che senza PG23 la squadra è debole, sia perché alcuni errori sul mercato sono abbastanza rognosi da digerire. Bird e Pritchard tirano a campare in attesa di George, ma chi prendono? Rodney Stuckey è al minimo, ma non centra niente con il sistema Pacers, meglio C.J. Miles, ma per una squadra con quel monte ingaggi i 18 milioni in 4 anni sembrano eccessivi (dovuti anche all'assenza di una guardia). Va bene dare fiducia a Solomon Hill, ma la condotta della coppia al comando di Indiana sembra veramente statica, quasi come fossero sullo sperone del mare ad aspettare che la barca (con Paul George sano dentro) faccia ritorno dal viaggio. Si potevano valutare alcuni rookies (Bird è un mago nello scovarli), invece si è preferito un usato più o meno sicuro per tirare a campare. Annata fin qui parzialmente sprecata.
BOSTON CELTICS (Danny Ainge): 5. Siamo al discorso dello scorso anno, tale quale: non si capisce dove voglia andare Danny Ainge. Il GM dei celtics scambia, taglia, muove pedine come un giocatore di scacchi, ma sembra che la partita si trascini stancamente verso un nulla di fatto. Sicuramente ha ancora dei contratti di cui sbarazzarsi, ma quello che porta in dote è veramente risicato rispetto a ciò di cui avrebbe bisogno. In tutto questo la squadra (bene allenata) continua a galleggiare nel mezzo senza dargli una reale chance di mettere le mani su un prospetto al draft di grande spessore. Boston non ha nulla su cui costruire e continua a cambiare così tanti giocatori da rendere impossibile o quasi il lavoro di Stevens. Ainge in un anno ha preso 10 trade exceptions, tagliato 15 giocatori e chiuso una marea di scambi. Quali? Prende poco per Rondo, solo giocatori di rotazione e una prima 2015 molto bassa, fa il colpo migliore strappando una prima scelta per Brandan Wright, spunta una prima (bassa anch'essa) per Jeff Green. Quando pensi che la linea guida sia tracciata spreca una prima scelta per liberarsi di Thornton (in scadenza) in cambio di Isaiah Thomas e il suo quadriennale. Prende Jerebko e Datome perché sono suoi pallini. Risultato? Incamera un mare di scelte, ma quali sono realmente decisive per far tornare competitiva la sua squadra? La sua strada continua a non convincere.
ORLANDO MAGIC (Rob Hennigan): 5.5. I disastri li combina in estate, dalla quale si salvano solo le due seconde scelte prese per Anthony Randolph, per il resto un bollettino di guerra. Durante la deadline non si muove e fa bene perché la squadra ormai è quella e nessun movimento potrebbe fargli sterzare la stagione, Parte con l'obiettivo di competere e di tenere un payroll abbastanza basso (relativamente visto che va per i 57 milioni di $). Rinnova Vucevic a una cifra onesta (gliene diamo atto), senza cedere a pressioni di agenzia, pesca gli ottimi Payton e Aaron Gordon, ma poi sulle trade e in free agency smarrisce la retta via: liquida Afflalo per Fournier e i diritti su Marble (poi firmato), regala una pensione d'oro a Channing Frye e un bello stipendio a Ben Gordon, l'ideale per ridurre i minuti di Oladipo e dello stesso Fournier nel modo meno intelligente possibile. Alla fine la stagione si rivela (prevedibilmente) sulla stessa lunghezza d'onda di quella dello scorso anno e lui fa pagare il conto a coach Vaughn. Il prossimo anno gli scade il contratto, o trova finalmente la quadratura del cerchio o siamo sicuri che la sua poltrona la prenderà qualcun'altro.
PHILADELPHIA 76ERS (Sam Hinkie): 7. Il suo slogan è #TogetherWeBuild, ma fino a questo momento ha mostrato di essere sì capace di costruire, ma anche altrettanto capace di distruggere tutto in quattro e quattr'otto. Le sue mosse possono apparire senza senso, ma in realtà lui sta solo cercando gli uomini giusti su cui costruire. E' come se fosse un ingeniere che è alle fondamenta di una casa, siccome non gli paiono solide, ci mette un po' di tritolo e ricomincia da capo finché non lo aggradano; Carter-Williams è buono, ma non eccelso? Via per una scelta e ricominciamo. Lo stesso vale per tutti gli altri. Senza entrare nel merito se sia giusto o sbagliato quello che sta facendo (ricordiamo che perdere sempre provoca disaffezione e perdita di intoriti), parliamo delle sue qualità di selezionatore di giocatori. Quattro chiamate al draft: Embiid, McDaniels, Grant e Micic (che sta impressionando in Germania), tutte indovinate. Pesca giocatori dal sommerso (Frazier, Sims lo scorso anno), sfrutta i tagli altrui per accaparrarsi quelli che crede buoni (Covington, Wroten). Insomma dà la sensazione di avere un piano in ogni mossa che fa, oltre ad avere un occhio veramente clinico. Si può credere che sia pazzo, o che sia un genio, il confine è labile e dipenderà solo dai risultati, ma se ci limitiamo a valutarlo solo sulla qualità dei giocatori che trova, allora il voto è ampiamente positivo e il suo piano prosegue grazie al cap bassissimo con cui lavora e che gli permette di assorbire e tagliare qualsiasi giocatore le squadre avversarie vogliano rifilargli.
NEW YORK KNICKS (Steve Mills - Phil Jackson): 4.5. Parliamoci chiarissimo: una catastrofe. Va benissimo che si voglia ridisegnare tutto da capo, va benissimo che si voglia cavalcare la TPO fino all'estremo, ma la progressione del mercato dei Knicks è agghiacciante. Svendono tutto in cambio di nulla, quando con un minimo di pazienza avrebbero potuto prendere qualcosa di buono. Solo un piccolo esempio: cosa avresti potuto ricavare per Chandler il giorno della deadline? Sicuramente meglio del contratto pessimo di Calderon e del monte di giocatori da massa che si portano a casa i Knicks. Phil vuole il triangolo d'attacco, ma non ha un solo giocatore che lo possa fare. Con il primo scambio fa la fortuna di Dallas, con il secondo dà una bombola di ossigeno a Cleveland regalando un buon prospetto e un realizzatore affidabile. Recupera parzialmente a stagione inoltrata, scovando Langston Galloway e firmandolo a poco e scippando (è il caos di dirlo) due seconde scelte in cambio di Prigioni. In ogni caso se fai la peggior stagione nella storia della franchigia qualche colpa (molte) devi averne e Phil Jackson se le è già assunte in toto. Anno zero, il peggio è fatto, ora può solo risalire.
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