NBA Focus: Golden State Warriors
Steve Kerr riuscirà a portare Curry e compagni al vertice della Western Conference?
Negli ultimi due playoffs NBA la Golden State di Mark Jackson è riuscita ad impressionare nonostante due importanti assenze.
Nel 2013 l'infortunio di David Lee lanciò quasi involontariamente l'assetto small con Harrison Barnes da finta power forward. In 12 partite l'ex UNC chiuse con 16.1 punti (48% da due, 36% da tre) e 6.4 rimbalzi di media, e risultò fondamentale per aprire il campo alle scorribande di Curry e compagni. Sembravano tornati i tempi del corri e tira esasperato di coach Nelson, ma Jackson in seguito ha dimostrato di non gradire particolarmente quel tipo di assetto.
Nel 2014 invece è mancato all'appello nel momento clou il totem Andrew Bogut, ma la squadra è comunque riuscita a giocare alla pari con i Clippers, cedendo solo alla fine di gara 7.
Il licenziamento di Mark Jackson sembra sia dipeso anche e sopratutto dalla sua incapacità di mantenere buoni rapporti con staff e dirigenza. Guardando solo ai risultati ottenuti, probabilmente avrebbe meritato una chance di giocarsi i playoff con la squadra al completo...
Dopo aver contattato invano Stan Van Gundy, la dirigenza ha puntato forte su Steve Kerr, uno che da giocatore ha vinto ben 5 titoli NBA, ed ha giocato per/con delle autentiche leggende come Phil Jackson - che lo voleva fortemente ai Knicks- ,Greg Popovich, Michael Jordan e Tim Duncan. L’ex cecchino (45% da tre in carriera, solo lui e Hubert Davis superano il quasi 44% di Stephen Curry) guadagnerà circa 25 milioni di dollari nelle prossime 5 stagioni, non male per un debuttante...
A lui toccherà trovare il modo per migliorare l'attacco (N.12 NBA con 105.3 punti segnati ogni 100 possessi) senza però compromettere l'ottima difesa della scorsa regular season (99.9 punti subiti ogni 100 possessi, N.3 NBA e prima nella Western Conference, decisamente non male con Curry e Lee da 'nascondere') Una delle chiavi è stata la capacità di forzare gli avversari a tirare dalla media e fuori dalla restricted area. Secondo una statistica chiamata expected points per shot solo tre squadre hanno concesso tiri a più bassa percentuale di realizzazione, ovvero gli Spurs, i Pacers e i Bulls.
I dati completi:
.
A proposito di Curry e della sua difesa, l'ex assistant coach Brian Scalabrine ha rivelato a Doug Gottlieb che l’ex Davidson spesso chiedeva di marcare i playmaker avversari, ma era Jackson che preferiva risparmiarlo, dirottandolo sull’esterno meno pericoloso.
La missione di Kerr non è assolutamente impossibile, anzi, ai Warriors non manca talento offensivo e ci sono ottimi passatori in ogni posizione, Bogut compreso. Saranno adottati alcuni principi del TPO - come anticipato da Luke Walton, nuovo membro dello staff- ed in generale il nuovo coach chiederà ai suoi di migliorare la circolazione di palla ed evitare uno dei vizi dello scorso anno, ovvero le frequenti conclusioni in isolamento.
Curry e compagni infatti hanno concluso il 10.7% dei loro possessi con un tiro in questa situazione ( N.4 NBA dietro New Orleans e le due di New York, 8.33% la media NBA), spesso a discapito del pick’n’roll (12.8% dei possessi totali con il palleggiatore, 7.6% con il roller. La media NBA di possessi conclusi dal palleggiatore nel pick’n’roll è stata del 15%, e solo tre squadre hanno utilizzato di meno dei Warriors questa soluzione) e sopratutto delle situazioni di spot-up (15.1% del totale, ultimi in NBA. Media della lega a 18.5%). Non la migliore tattica quando hai tiratori di quel calibro a disposizione….Il tutto è confermato anche dai dati di SportVu.
Ultimi NBA per numero di passaggi a partita, quasi 15 meno della penultima e ben 91 in meno della prima (Charlotte con 344.3).
Kerr ha parlato anche della possibilità di giocare con l’assetto piccolo, cambiando Lee con uno tra Barnes e Green: ‘Mi piace David Lee e penso che sarà il nostro starter, che segnerà molti punti come scorer interno, ma avremo bisogno anche di tiro perimetrale dallo spot di power forward’.
Per versatilità, doti fisiche e difensive Draymond Green sembra il più adatto per la small-ball, e lo ha dimostrato ampiamente nella battaglia playoff contro i Clippers, chiusa dall’ex Michigan State con 11.9 punti (64% da due, 27% da tre ma 5 su 8 in gara 7, 79% ai liberi), 8.3 rimbalzi, 2.9 assist, 1.7 recuperi e 1.7 stoppate.
La tabella mostra come lo starting five sia già una garanzia, con Iguodala che al primo anno ad Oakland ha chiuso al primo posto NBA per plus/minus medio, un incredibile +13.3, nonostante un ruolo offensivo minore rispetto alle sue abitudini (solo da rookie ha fatto registrare un usg% minore del 13.3 dello scorso anno).
Le riserve invece, Draymond Green escluso, hanno quasi sempre tradito - N.23 NBA per valutazione-, e la dirigenza è intervenuta firmando Shaun Livingston (ottimo sui due lati del campo lo scorso anno ai Nets, giocando quasi sempre in appoggio ad un playmaker. Per lui partenza ad handicap a causa di un infortunio), il cavallo di ritorno Brandon Rush e Leandro Barbosa. Ritornerà in azione dopo l'infortunio anche il centrone Festus Ezeli, mentre Jermaine O’Neal non ha ancora deciso se ritirarsi o continuare. Dal team della Summer League sono stati firmati il fratello d’arte Justin Holiday, il playmaker tutto grinta e difesa Aaron Craft (di lui Kerr ha detto: ‘Amo il suo essere competitivo, la sue difesa, l’energia e l’intelligenza, impersonifica quello che vogliamo essere come squadra'), più James McAdoo e Mitchell Watt.
L’ago della bilancia resterà comunque Curry, che ha raggiunto livelli spaventosi in attacco. E’ andato in doppia cifra media solo con i tiri dal palleggio, 11.1 punti (unico giocatore NBA a riuscirci, secondo Durant a 8.1) a partita con il 43% totale ed il 39% da tre. Per SportVu ,tra i 40 giocatori che hanno tentato più tiri dal palleggio nella scorsa stagione nessuno ha fatto registrare percentuali migliori.
Dati incredibili se si considera anche il notevole coefficiente di difficoltà della maggior parte delle conclusioni dell’ex Davidson. Un’arma devastante, che può ancora migliorare.
Anche la differenza tra i suoi numeri nelle vittorie e in quelli nelle sconfitte dimostra che i Warriors hanno sì bisogno dei suoi punti, ma anche della sua regia, della capacità di coinvolgere i compagni e di giocare in controllo. Non a caso sono arrivate 42 vittorie nelle 53 partite in cui la squadra ha fatto registrare più assist degli avversari, e ben 26 sulle 29 in cui Curry e compagni hanno perso meno palloni.
Tutto sembra indicare che, giocando di squadra, questi Warriors hanno il potenziale per giocarsela contro chiunque. Se poi riuscissero per una volta ad arrivare ai playoff con la squadra al completo…..
Pagina di 2