Eastern Conference: We Have A Problem
Appare lampante che l'esiguità della competizione nella Eastern conference comincia a diventare un problema sempre più allarmante
Appare lampante che l'esiguità della competizione nella Eastern conference comincia a diventare un problema sempre più allarmante: al momento di scrivere, il record complessivo a poco più di tre quarti di regular season è di 403 vinte e 491 perse, ovvero il 45% (tenete presente che la Western Conference è 492-404 cioè 55%), con una delle sue squadre più blasonate, i New York Knickerbockers, alla settima sconfitta consecutiva dopo un inizio drammatico.
Nel caso specifico abbiamo una squadra partita per vincere la division e giocarsi la conference, che si trova con un reccord irritante di 21-40, 1-9 nelle ultime 10 e 26 partite di ritardo rispetto alla prima della classe che gioca alla Bankers FieldHouse di Indianapolis.
Ma New York è solo la punta di un iceberg targato Eastern conference che mai come quest'anno è stato deludente nonostante le iniziali previsioni:
I Detroit Pistons sono gomito a gomito con New York in questa graduatoria, essendo passati da un mercato estivo dove si sono accaparrati i servigi sia di Josh Smith che di Brandon Jennings (in più, posto in panchina per Rasheed Wallace, l'arrivo di Gigi Datome e l'esplosione di Drummond), lasciando presagire una stagione NBA quantomeno combattuta per un quinto/sesto posto nel cartellone playoffs, a dopo ben 60 partite, un record di 24-36, al momento fuori dai giochi Post-season.
Brooklyn ha raggiunto da poco la soglia del 50% di vittorie dopo un periodo al di sotto delle loro potenzialità. L'arrivo di Marcus Thornton ringiovanisce un roster che dire esperto è usare un eufemismo. L'idea di Prokhorov di ammassare talento come su di un cono gelato, non sempre si è rivelata giusta nella lunga storia NBA, e basta guardare i casi più recenti: Leggi Lakers del 2004 con Shaq-Kobe-Malon-Payton o quelli del 2013 di Bryant-Gasol-Howard-Nash: i primi raggiunsero le finali come ci si aspettava ma persero 4-1 con Detroit, i secondi sono stati spazzati da Duncan e soci al primo turno (cum sine Bryant), dopo essere arrivati settimi in regular season.
Alla base sta il problema fondamentale che il basket non è (fortunatamente) uno sport scontato come il calcio, dove più ammassi talento più hai possibilità di vittoria finale, bensì uno sport dove chi programma un triennio o più, di crescita coi giocatori scelti tra draft, scambi e free agency (ovviamente anche rinunce o cessioni) riesce a vincere qualcosa, vedi gli Spurs che da tanti anni sono sulla cresta dell'onda o i Thunder ed i Pacers anche se si sono affacciati da poco nel panorama dell'Elite NBA, e si volendo pure Miami.
1+1 non fa mai due nell'algebra cestistica, altrimenti se così fosse, sarebbe uno sport molto più noioso e sicuramente molto meno interessante.
A fronte di questa analisi, va però sotterrata l'ascia da guerra e considerato anche il rovescio della medaglia: in primo luogo, molte squadre che si affacciano sull'atlantico sono in fase di ricostruzione dopo aver fatto tabula rasa dei precedenti roster, e non necessariamente da questa estate: Orlando, Philadelphia, Boston e Millwaukee ne sono un chiaro esempio: annaspano sul fondo della conference, si contenderanno le primissime posizioni del prossimo draft, e sono squadre giovani e pronte ad esplodere; ma finora sono state squadre materasso anzichè no, dove nonostante qualche exploit salvo ognuna (Magic che battono i Thunder sulla sirena, 76ers al 100% nelle prime 3 uscite, e Boston che ha pur sempre Rondo nel roster), hanno detto ben poco in questa stagione.
Nella confusione generata, squadre assolutamente non irresistibili come Toronto, Washington e Charlotte ne hanno approfittato guadagnandosi un posto ai playoffs (meritato o immeritato decidete voi). Ma visto con occhio critico c'è anche da considerare che Toronto, che tra queste 3 ha il miglior record, se fosse ad Ovest sarebbe decima; invece gioca in una conference dove il livello di competitività è talmente basso che si possono permettere con un onestissimo record di 33 vinte e 26 perse di accomodarsi al terzo posto nella conference e giocarsi il primo turno col vantaggio del fattore campo.
Quindi come si può risolvere questo problema? Se lo chiedete ai piani alti della NBA, probabilmente non vi rispondono neanche (se sono gentili). Perchè è ovvio che il problema non esiste. La ciclicità delle franchigie NBA è materia di dialogo, di riflessione e di spunto per tutti gli appassionati NBA. Verrà il momento tra 5/10 anni che anche i Thunder si sfalderanno, o gli Spurs o Golden State o chi per loro. A noi di qua dell'oceano fa strano vedere una situazione del genere ma per loro è pubblicità gratuita: Tutto purchè se ne parli!
Articolo di R. Camerini