Road to the Final Eight: Corsa al Coach of the Year
I 4 allenatori che fino a qui possono ambire al premio Sportando COY. Chi lo contenderà a Sacripanti?
Siamo nella settimana che precede le final eight di coppa Italia, che si disputeranno al forum nelle giornate di venerdì, sabato e domenica. Approfittiamo di questa pausa del campionato per tirare le somme e vedere chi si sta iscrivendo con forza ad essere eletto Sportando Coach of the Year. Pino Sacripanti ha vinto il premio la scorsa stagione grazie ad un’annata complicatissima, ma ricca di soddisfazioni con la Juvecaserta, conquistando poi anche la medaglia d’oro agli europei di categoria. Si confermerà o qualcun altro gli soffierà il premio? Vediamo di approfondire:
1) PIERO BUCCHI – Enel Brindisi
Al primo posto della classifica mettiamo Piero Bucchi, e non perché guarda tutti dall’alto, almeno non solo per quello; il coach di Brindisi sta conquistando gli anni di lavoro in terra pugliese e finalmente sembra aver una squadra per puntare a fare una stagione estremamente gagliarda dall’inizio alla fine. Il record 13-5, nonostante un triplo cambio nella posizione pivot e vari infortuni ed acciacchi non può che metterlo nella posizione principale per aggiudicarsi il premio a fine anno. La sua squadra ha un’identità precisa, in attacco ed in difesa; liberatosi dall’ostaggio del troppo genio e sregolatezza cestistica dei giocatori dello scorso anno (Gibson e Reynolds su tutti) ha messo su un comparto di atleti davvero solido ed efficace. Basta con giocatori solisti e funambolici, la squadra viene imbottita di gente “di sistema” e che rende se anche gli altri seguono gli schemi. Poi lui ci mette molto del suo, riuscendo a far rendere assolutamente nullo lo shock nel salto di categoria a gente come Delroy James e Miroslav Todic; su Michael Snaer si nota un grande lavoro tecnico che lo sta lentamente adattando al basket europeo con cui all’inizio ha avuto un impatto complicato.
L’aria in ogni caso è di quelle ottime, che pongono la questione su un piano caratteriale: Bucchi deve caricare leggermente di pressione la squadra per fargli tirar fuori quello che ancora manca o continuare a volare basso e predicare l’eccessivo elogio del roster da parte dei media? Sinceramente vorremmo consigliargli di osare e caricare i suoi al grido di “andiamo a vincere il titolo”…non importa che ci sia l’imbattibile Milano davanti a tutti, perché è il messaggio che conta e la possibilità di arrivare secondo o primo in classifica e non incrociare l’Olimpia fino all’eventuale finale dovrebbe stuzzicare moltissimo i suoi appetiti di impresa.
2) LUCA BANCHI – Emporio Armani Milano
Il discorso è complesso e non può essere scevro di soggettività, ma alla domanda “è merito di Luca Banchi o della squadra troppo forte per le altre?” noi rispondiamo in assoluta libertà di pensiero che 90% dei risultati della nuova Olimpia Milano è merito del lavoro di Luca Banchi. Sì perché troppo spesso Milano è partita con l’etichetta di essere sulla carta troppo forte ed è in seguito naufragata in modi più o meno miseri. Il coach dell’EA7 gioca su difesa e carattere per far rendere al meglio un roster nuovo di zecca e capace subito di trascinare le folle, perché se non c’è carattere non ci può essere difesa. Basta con l’approccio sofistico alla Scariolo, si passa ad un basket più “ruspante” e da fanteria. La difesa diventa un marchio di fabbrica e tutta la squadra ne viene contagiata, così come il pubblico, che risponde con un sold-out dietro l’altro e più la gara si fa importante, più la gente sugli spalti sa che la squadra giocherà con il sangue negli occhi. Spanoulis dopo la disfatta della sua Olympiakos al Forum ha definito la trasformazione di Milano come “quella che subì l’Olympiakos due stagioni orsono, dove Lawal sembra Dorsey, Jerrells ha le stimmate di Law e la difesa fa la differenza”. Non si può negare ad ogni modo che per l’alchimia del roster sia stata necessaria l’addizione di Hackett a campionato iniziato, ma poiché troppo spesso Milano ha dimostrato di firmare tanto, spendere moltissimo e raccogliere nulla, non si può che dare lustro al lavoro del coach se allo stato attuale della stagione qualsiasi presidente o allenatore avversario sostiene che “battere Milano in una serie a 7 gare è impossibile”. L’Olimpia ha attraversato il confine del territorio “sulla carta” ed è entrata con prepotenza alla conquista delle vittorie “sul campo”. Chi ferma una corazzata simile?
3) PINO SACRIPANTI – Acqua Vitasnella Cantù
Per uno abituato a ruotare 7 giocatori, l’idea di poterne ruotare ben 10 sarà stata benedetta come una mano divina, ma poi si sono messi di mezzo gli infortuni a rovinare tutto e qualche inevitabile battuta a vuoto ha fatto perdere a Cantù la vetta del campionato. Nonostante questo però il lavoro svolto fin qui da Pino Sacripanti, di ritorno dopo l’intensa esperienza a Caserta, è di assoluto livello. La squadra ha passato il girone in Eurocup e in campionato pur con molti problemi inerenti al roster qualitativamente corto si è imposta come squadra assolutamente temibile. La sua mano si vede su diversi elementi: Aradori sta giocando la sua miglior stagione in carriera ad alto livello, Uter è migliorato difensivamente in modo esponenziale gara dopo gara e il suo pretoriano Stefano Gentile prosegue nel suo apprendistato per diventare un playmaker utile anche per la nazionale. Insomma motivi per essere più che soddisfatti ce ne sarebbero, ma il rammarico di non riuscire ad allungare il roster per giocarsi il tutto per tutto ai playoff lascia un po’ di amaro in bocca. Le scommesse Marcel Jones e il ritorno in serie A di Roberto Rullo per ora mostrano utilità solo a corrente alternata e non garantiscono una continuità di rendimento e risultati per tutto l’arco della stagione. Da migliorare per giocarsi il posto di coach dell’anno c’è il rendimento difensivo (la squadra è decima in campionato nella classifica dei punti subiti, con ben 222 in più di Milano) e trovare una dimensione di maggior incisività per la panchina. Ad ogni modo se si pensa alle vicende societarie estive in quel di Cantù c’è abbastanza carne al fuoco per elogiare un volta in più il lavoro del coach.
4) PAOLO MORETTI – GiorgioTesi Pistoia
Alla quinta giornata l’umore era nerissimo, record 0-5, gioco che non arrivava, imbarcata senza appelli a Reggio Emilia e Paolo Moretti critico con sé stesso. Poi la svolta: record 8-5 e una veloce ed aggressiva risalita verso la zona playoff, con vette di classifica impronosticabili fino a poche settimane prima. Il merito di questa incredibile trasformazione della GiorgioTesi Group Pistoia è di coach Moretti. Elencarne i meriti vari sarebbe lungo e qualunquista (da Wanamaker inventato play, alla crescita tecnica di Ed Daniel, passando per la costruzione del sistema di soli americani), quindi preferiamo concentrarci sull’aspetto di durezza mentale che è riuscito a trasmette ai giocatori. Moretti ha forgiato una squadra di soli americani in quintetto che gioca ogni gara come se fosse una finale; eclatante è il modo in cui tutta questa architrave ha portato frutti nella gara più bella dell’anno, quella in casa contro Cantù in rimonta e con vittoria al supplementare. Il suo lavoro è talmente capillare da sfociare in un Deron Washington che per la prima volta in carriera smette di essere cavallo pazzo e diventa uomo sistema. In realtà non è la prima di queste imprese che compie con giocatori caratterialmente e tatticamente anarchici, perché già Bobby Jones beneficiò della sua cura prima di arrivare a giocarsi lo scudetto a Roma. Moretti si erge a demiurgo della mente americana, plasma i giocatori sullo stampo di capitani e veterani come Meini e Galanda e ne ricava un prodotto che ha buone chance di giocarsi i playoff se dovesse continuare su questo trend. Probabilmente Pistoia è la squadra più cresciuta nell’arco della stagione insieme a Milano e tutto questo non può che essere merito suo. Pronto per una grande squadra?
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