Daniel Hackett: 'Rispetto Siena, ma ho voltato pagina'
Lunga intervista ad Hackett, che parla di Eurolega, Siena, Langford e come è diventato grande
Daniel Hackett ha deciso di raccontare alla Gazzetta dello Sport la strepitosa prestazione di Eurolega contro l'Olympiakos
Olympiakos, sorpresa ma non troppo «I segnali per una grande gara c'erano. Da quando sono arrivato ho visto una squadra a cui piace allenarsi e sacrificarsi e i risultati ci sono ma, come ha detto il coach, bisogna rimanere umili»
Sfida a Siena «In realtà ne sono sempre stato affascinato e per questo ho sempre dato il massimo quando l'ho affrontata. Ci sono stati contatti anche in passato: l'ex gm Pascucci è pesarese e mi ha allenato nelle giovanili, c'è sempre stata una connessione tra me e questa società. Ora provo la gioia di esserci. Sarà particolare rivedere i colori di Siena e quei tifosi, ma ho voltato pagina. Porto grande rispetto per quella società e il bene che mi hanno voluto, ma proprio per questo darò il massimo»
Mancato arrivo prima per progetto tecnico «Sono stati onesti nel dirmi che con sei esterni alla pari non potevano garantirmi nulla su impiego e minutaggio. Dopo Pesaro mi aspettavo un ruolo di maggior spicco, quello che mi ha proposto Siena»
Differenze tra Banchi milanese e Banchi senese «L'identità difensiva di Luca è stampata su questa squadra. Forse la presenza di Moss ha facilitato il tutto, ma anche chi non era ritenuto un gran difensore sta dando il massimo anche lì. Un grosso segnale»
Come mai non estero o NBA? «Coach Crespi mi ha detto che se una big europea mi avesse contattato avrei dovuto valutare questa opzione, e lui stesso considera Milano a quel livello. C'erano anche altre squadre e forse uno spiraglio Nba, ma se sono qui è perché l'EA7 vuole fare qualcosa di importante a livello europeo»
Langford «È rilassante avere un talento così al proprio fianco, ma ciò che apprezzo di più è il sacrificio difensivo, la sua leadership, si vede che vuole vincere. E dopo il mio esordio, uscendo dal campo mi ha detto che era contento di avermi in squadra»
Quando divenne leader «Dopo Treviso. Nell'estate successiva ero senza contratto, mi cercavano solo in Legadue. L'unica a contattarmi in Serie A fu Pesaro, per portarmi a casa e ridarmi fiducia. Mi chiusi un mese e mezzo in palestra e in garage a fare pesi con mio padre Rudy: lui mi fece capire che avevo bisogno di una svolta»
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