Shaun Stonerook, intervista a tutto campo a Sport Week
Il capitano della Mens Sana parla di quando è stato adottato da bambino, di quando è arrivato in Italia, del matrimonio, del figlio in arrivo e del futuro
'Shaun è il nome che mi hanno dato i mici genitori adottivi. Sono stato adottato a nove mesi, da Hank e Janet. Papà è ingegnere, mamma lavora nei Servizi Sociali e si occupa proprio di bambini. Ho una sorella, Amy, che è figlia biologica dei miei. Prima di incontrare loro, stavo in istituto. Non avevo mai detto tutto ciò perché mai nessuno mi aveva chiesto nulla sulle mie origini. Quando ho saputo di essere stato adottato? Mio padre e mia madre me lo hanno raccontato appena sono stato in grado di capire. Sono cresciuto con questa consapevolezza, in maniera del tutto naturale. È così che bisogna fare: non c'è nulla da nascondere perché non c'è nulla di cui vergognarsi. Soprattutto, un bambino ha il diritto di conoscere subito la sua storia, chi è e da dove viene. L'amore è prima di tutto rispetto. Risalire alle mie origini? Ci ho provato, e mia madre mi ha aiutato, ma non ne sono venuto a capo. Mi sarebbe piaciuto conoscere i miei genitori biologici, però adesso non ci penso più. Preferisco concentrarmi sulla Fondazione che porta il mio nome e sostiene bambini abbandonati per dare loro la stessa possibilità che ho avuto io: trovare una nuova famiglia. Mio figlio? Ho fatto più che pensarci: Manuela, la mia compagna, dovrebbe partorire una bambina a dicembre. Futuro? Non ho ancora deciso. Il contratto con Siena mi scade a fine mese, parlerò col presidente Minucci e vedremo se c'è la possibilità di rinnovare. Non so se e quanto continuerò a giocare e se, a fine carriera, resterò nel basket. In ogni ca so, il mio futuro sarà prima o poi negli Stati Uniti: la mia casa, la mia famiglia sono là. A Columbus, nell'Ohio. Perchè non parlo in italiano? Lo so, è solo che non mi sento sicuro. Potrei dare risposte elementari, ma non sviluppare un vero discorso. E poi, guarda chi sono i miei compagni di squadra: americano, lituano, americano, lituano... Come pretendi che parli italiano? E al ristorano o al cinema? Ci pensa Manuela. Cosa mi piace dell'Italia? Mi piace il vostro modo di guidare. Limiti di velocità, segnali stradali: sono un consiglio, non un ordine. Fate un po' quello che vi pare (ride). E poi mi avete insegnato ad amare i risotti. Non mi piace che rimandiate tutto al giorno dopo. Ogni volta che chiedo a qualcuno: facciamo questo?, la risposta è: domani. I miei mi hanno insegnato l'etica del lavoro, perché per tutta la vita li ho visti lavorare duro. I tifosi mi amano perché in campo metto energia, voglia, passione. Faccio tutto quello che serve per aiutare la squadra a vincere. E mi amano perché, fuori, sono uno normale, cui piace divertirsi. A carte. Con gli amici, la sera, a casa, dopo cena. In questo momento ho la "fissa" per la Scala Quaranta. E poi il golf: qualche tempo fa, a fine estate, dopo un po' di allenamento il mio handicap scendeva a 9, ma adesso, con la schiena che va sempre peggio...E nella capacità di mettersi al servizio dei compagni, di capire che segnare tanto non basta. Vedo molti giovani che hanno nella testa solo il canestro, ma se nessuno passa la palla non si vince. Devi essere in grado di capire quando è il momento di sgomitare per un rimbalzo o di spendere un fallo. Mi arrabbio quando dicomo che gioco sporco. Sì, perche non sono un giocatore cattivo. Qualche volta ho preso un colpo io, qualche volta gli altri, ma non ho mai fatto male a nessuno. E non mi sono mai lamentato per le botte ricevute. Odiato dai tifosi avversari? Sono contento se si preoccupano di me più che dei miei compagni che fanno canestro: tolgono loro pressione. Il segreto di Siena? Non ci sentiamo mai con la pancia piena. Sappiamo, e ce lo ripetiamo in continuazione uno con l'altro, che la cosa più bella nello sport è arrivare primi, e che fare festa è divertente. E, più gli altri ci danno addosso, più ci carichiamo per dimostrare di essere i migliori. I nuovi arrivati si allineano subito alla nostra mentalità; e se qualcuno fa fatica, facciamo in fretta a metterlo in riga. Pentito del primo matrimonio italiano? Non cambierei nulla di quello che ho fatto nella vita, perché tutto è servito a fare di me l'uomo che sono oggi. Ognuno impara qualcosa anche dai propri errori. Il coming out? Credo sia difficile ancora oggi fare coming out per uno che vive lo spogliatoio. In Italia come in America. Ci si spoglia e si fa la doccia insieme... Può darsi che mi sia capitato di avere un compagno gay e per me non sarebbe un problema, ma se lo fosse anche per uno solo, nella squadra, sarebbe imbarazzante per tutti. Però sono fiducioso: 10 anni fa c'era meno tolleranza, quindi spero che tra altri IO un uomo possa vivere la propria sessualità apertamente, senza imbarazzi». Ultima volta che mi sono pettinato? C'è poco da pettinare: ormai qui al centro li sto perdendo tutti. Invece li taglio; poco, ma li taglio. Ogni due mesi."
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