Sergio Scariolo: 'Col secondo budget in Italia, obiettivo è la finale'
Il coach della EA7 Milano è stato ospite di Niccolò Trigari
Segio Scariolo è stato ospite dello speciale Euroleague di Sportitalia, condotto da Niccolò Trigari. Queste le parole del coach della EA7 Milano, su Euroleague, giovani, sistema italiano, arbitri, Dentmon e playoff
Come mai i giovani greci sono più pronti per giocare anche una finale di Euroleague rispetto ai giovani italiani?
In Grecia i giocatori di grande qualità se li dividono solo due squadre e questo aiuta il movimento. Poi ci sono squadre che fanno il roster con giocatori veterani, atti a vincere subito. Squadre per le quali non è un valore importante dare spazio ai giocatori nazionali. Altre invece credono nei giovani e questi sono importanti per creare progetti nel tempo, creare identificazione nel pubblico. Milano è l'unica squadra europea oltre all'Olympiacos che ogni tanto fa giocare tre italiani nati dopo il '90. Al momento non al livello dei Reds ma comunque siamo una squadra che fa giocare italiani. Il nostro progetto è di crescere e di durare nel tempo e non cambiare ogni volta come successo in passato. Vogliamo creare nel pubblico identificazione nei giocatori. I tifosi devono sapere che l'anno prossimo i giocatori che vedono l'anno prima saranno comunque in squadra. In Italia ci sono esempi positivi che vanno elogiati, non semplicemente con premi denaro, come Teramo con Polonara o Treviso con De Nicolao. Negli ultimi anni ci si è rispecchiati in un giocatore straniero ed ultra trentenne. Ci può stare ma se a livello di movimento si segue quel canone, è logico che il movimento italiano non cresce. Bisogna vincere la tentazione di lasciare fuori i giovani per far giocare magari altri giocatori, stranieri o più pronti, pur sapendo che si possono perdere delle partite. Non bisogna farsi influenzare dall'ambiente, dai media, dai tifosi. In una società deve contare solo quello che pensa il presidente, il GM e l'allenatore. Il problema è che magari squadre con potenziale economico, a volte, non hanno voluto puntare sui giovani italiani più forti perché non hanno voluto correre il rischio. Hanno pensato che puntando sui giovani potresti non vincere subito. In Italia bisogna tirarsi giù il cappello davanti a Teramo, a Ramagli che per salvarsi hanno deciso di puntare su Polonara. E penso loro abbiamo fatto forse meglio di noi decidendo di salvarsi puntando su un giovane come lui.
Questione arbitri?
Nello sport disgraziamente accadono cose non del tutto limpide, basta leggere i giornali. Succede nel calcio, in molti sport e in tanti paesi. Bisogna tenere gli occhi aperti. Non bisogna pensare che ogni volta che si perde una partita o c'è decisione sbagliata ci siano dei condizionamenti. Ad Istanbul ho parlato con il Direttore Generarle degli arbitri d'Euroleague e mi ha detto che è sorpreso dalla qualità e dalla serenità che gli arbitri hanno in Europa rispetto ai campionati nazionali. La condizionabilità è nella natura dell'uomo. In Euroleague mi sento molto tranquillo. Ho visto cose che potevano lasciar pensare ad una sudditanza nei confronti di squadre più forti ma ho vinto a Tel Aviv, ad Atene, quindi non ho nulla di cui preoccuparmi. In Italia la situazione generale è di malessere. Ogni poche settimane c'è problema interno alla categoria. C'è poi un processo che è solo all'inizio. Ci sono intercettazioni, di cui girano voci, che creano sconcerto. Credo alla buona fede degli arbitri. Credo che ci siano arbitri migliori e peggiori, psicologicamente più forti e meno forti. Dipende da dove li hai e quando li hai. Una cosa positiva sicuramente è che abbiamo in Italia l'arbitro migliore al mondo dopo quelli NBA, Luigi Lamonica. E' successo in stagione di avere qualche problema con lui, tipo nella partita contro Caserta, ma tanto di cappello alla sua carriera. Abbiamo Facchini che è un arbitro comunque alla fine della carriera ma di valore. Per migliorare il loro arbitraggio, per farli crescere, dobbiamo aiutarli. Siamo il campionato europeo con la maggior percentuale di vittorie delle squadre in casa e la cosa non è positiva. Le società devono aiutare il movimento, aiutiamo tutti insieme a migliorare il livello arbitrale. E' una priorità non solo della federazione ma anche nostra. Solo così potremmo creare ed aspettarci un arbitraggio sempre di altissimo livello.
Playoff del campionato italiano?
Avrei preferito iniziare i playoff prima. Ma il calendario era quello che era.
Può pesare la pausa?
Dipende dalla testa perché i muscoli si resettano abbastanza in fretta. Una pausa tanto lunga è pericolosa, sicuramente più per chi era in ritmo positivo. Noi dobbiamo stare attenti, soprattutto nella prima partita. Dobbiamo essere estremamente pronti perché c'è pericolo. Non sarà un impegno facile. Più sono le partite naturalmente meno spazio c'è per le sorprese. Sarà buona regola per tutti iniziare sin dalla prima con le pile belle cariche. Non è mai facile recuperare partendo con una sconfitta.
Secondo posto alla fine della regular season?
Il nostro obiettivo era migliorare il risultato in tutte le competizioni. Ci siamo riusciti in Euroleague e Coppa Italia e ci siamo riusciti anche in campionato. Dopo la crisi di gennaio siamo riusciti a recuperare. Cantù ha avuto meriti come i nostri per arrivare al secondo posto, stavolta è andata bene a noi. Quello della regular season è un verdetto importante perché qualifica un rendimento di tanti mesi di stagione. Nei playoff però si riparte da zero e ci sarà spazio per qualche sorpresa.
Rivalità contro Cantù e Siena? La prima per il derby la seconda perché vince lo scudetto da cinque anni consecutivi.
Io sono qui da un anno e devo rispondere di quest'anno e non degli anni precedenti. Proprio nel fare un passo alla voltà c'è il piccolo segreto di chi vuole andare lontano. Faremo meglio a pensare alle rivalità quando si presenteranno in campo al momento giusto. Dobbiamo concentrarci su Venezia perché hanno costruito una squadra con intelligenza. Casarin miglior dirigente dell'anno, assolutamente meritato. Mazzon meritatamente secondo miglior allenatore. Sono la squadra che ha il maggior numero di giochi. Hanno fatto un paio d'innesti a settembre scorso molto azzeccati. Dobbiamo passare il turno, non abbiamo alternative, ma dobbiamo stare attenti.
Il nuovo arrivo Justin Dentmon?
Intanto devo dire che mi è dispiaciuto per Simmons, che assieme a Bremer, come struttura del roster mi piaceva moltissimo. La squadra era fortissima. Non come le squadre che nei playoff hanno nove stranieri, ma averne uno in più non mi sarebbe dispiaciuto. Dentmon è arrivato e si è fatto male al piede. E' rimasto fuori una settimana. Ieri ha fatto il primo allenamento. Ha qualità, conosce il gioco e di produrre in attacco. Potrà essere anche efficace in difesa quando capirà i meccanismi. Farlo debuttare nei playoff non è il massimo. Lì dipenderà molto da lui. Sarà lui a dover raggiungere la velocità dei compagni. Sta a lui ed alla sua intelligenza. Se sarà bravo bene, altrimenti faremo a meno di lui come abbiamo fatto nelle ultime partite.
Cook, Fotsis e Bourousis hanno avuto problemi all'inizio ma col tempo hanno iniziato a giocare ai loro standard. Come mai?
I problemi iniziali sono dovuti al fatto che hanno giocato molto ad Eurobasket. Arrivati in Italia si sono trovati in una squadra nuova e dovevano essere protagonisti. Poi in un contesto in cui hanno trovato due individualità come Hairston e Gallinari hanno faticato ad imporsi. Infatti le prime prestazioni sono state molto di più individuali che di squadra.
Cook è stato sempre e sistematicamente un eccellente playmaker. Poi ha acquisito leadership ed ha avuto fiducia nel tiro. Il nostro sistema non è facile ma quando si inizia a digerirlo allora le cose vanno meglio. Bourousis anche noi col tempo abbiamo capito come sfruttarlo. Ha una atipicità particolare che abbiamo capito col tempo. Adattandosi è cresciuto molto in difesa ed in attacco. Diciamo che col tempo c'è stato un reciproco adattamento, anche noi gli abbiamo chiesto meno cose. I greci quando escono dal loro paese per la prima volta hanno difficoltà. Noi credevamo in lui e sapevamo che avrebbe superato i suoi problemi con il tempo. Alti e bassi sono connaturati al tipo di giocatore e di persona che è Ioannis. Bisogna accettarli senza problemi.
Cosa significa migliorare per noi?
Migliorare per noi significa arrivare in finale. Naturalmente se arriveremo in finale, vorremo vincere. Siamo tutti ambiziosi. Se saremo in buone condizioni fisiche e mentali, potremo giocarci la finale. Magari in quel momento potremmo diventare l'Olympiacos di turno. Se hai il secondo budget devi arrivare come minimo in finale. Allora sei bravo, poi magari saremo bravissimi e vinceremo.
C'è astinenza da scudetto a Milano? E quanto pesa?
Sicuramente pesa. Proprio il fatto di non farsi condizionare da un peso oggettivo, nell'aria, è stato il motivo dei nostri ottimi risultati in stagione. Non abbiamo avuto ansia da risultato, se l'avessimo avuta non avremmo avuto questi risultati. Abbiamo sempre deciso di andare avanti per la nostra strada, senza farci condizionare. Non abbiamo mai fatti cambi. L'unico errore che abbiamo fatto, e lo dico con dispiacere, è Drew Nicholas. E altro errore è stato forse quello di averlo aspettato troppo e forse ci è costato qualche cosa, come l'eliminazione alle Top 16.
E la pressione?
Esiste in quanto uno la sente. Grazie alla mia esperienza, l'unico contributo che ho dato è stato quello di 'andare avanti'. Questo è un punto di partenza dovuto alle mie esperienze passate.
Negli ultimi dieci anni in Italia hanno vinto lo scudetto solo tre squadre, Siena (6), Treviso (3), Fortitudo (1). Come giudichi questa atipicità rispetto al resto d'Europa?
Bisogna dare merito a chi ha vinto, in circostanze diverse, con mezzi diversi, in situazioni ambientali diverse. Se hanno vinto bisogna dire che hanno fatto meglio degli altri. Per quanto riguarda le altre squadre, soprattutto quelle delle grandi città, hanno commesso degli errori.
A volte si è pensato più alla crescita del campo rispetto a quella del peso della società; si è pensato di poter vincere subito invece di creare un progetto. Per un movimento la necessità che le squadre delle grandi città diano l'esempio è davvero importante. E' importante che siano esempi a livello anche internazionale per costruzione del roster, per impianti, per pubblico, per influenza delle persone che ne fanno parte. Noi sentiamo questa responsabilità nei confronti di Milano, di Giorgio Armani e del movimento. Non c'è dubbio che una Milano forte non farà altro che far accrescere la forza del movimento. Darà voglia anche ad altri di avvicinarsi al basket. Sentiamo questa responsabilità e speriamo di riuscire a vincere il prima possibile. Per ora ci siamo avvicinati al livello di chi vince.
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