Singh S.: Umiliato perché gioco con il turbante. Ho pensato anche di smettere
Parla il ragazzo a cui è stato chiesto di togliere il turbante nonostante fino ad ora avesse sempre potuto giocare. Un responsabile FIP dice che la FIBA ha chiesto 'tolleranza' nei campionati giovanili e non professionistici
Dalle parole di Singh S. si capisce che fino ad ora aveva avuto sempre la possibilità di giocare con il suo turbante in testa.
“Al momento dell’appello l’arbitro non mi ha detto nulla, si è limitato a dire di togliere i bracciali e di tenere la maglia nei pantaloni. Pensavo si fosse accorto del turbante. Poi, invece, una volta in campo, mi ha detto di toglierlo, perché così non potevo stare. Gioco da cinque anni e una cosa simile non mi era mai capitata. Ci sono rimasto male, per me è stata un’umiliazione. A quel punto sono uscito dal campo. Bisogna capire che non lo indosso per moda, ma perché lo impone la mia religione. Bisogna rispettare la fede e le tradizioni altrui. In quei momento ho pensato anche di smettere. Poi ho ascoltato i miei compagni, l’allenatore e i miei genitori e ho deciso di continuare. Se smettessi, in fondo, la darei vinta all’arbitro. Spero che non succeda più” ha detto il giovane a Il Corriere dello Sport.
Il responsabile ufficio gare della FIP, Germano Foglieni, ha rilasciato alcune dichiarazioni sulla vicenda.
“La FIBA ha proibitio tutti i copricapi più spessi di 5cm l’estate scorsa. Ma poi ha anche emesso una circolare per invitare alla tolleranza nelle categorie non professionistice e giovanili. Ed infatti il giovane ha sempre giocato fino ad ora. Non ci sono mai stati problemi. Sabato però ha trovato un arbitro molto attento ai cavilli, diciamo così. Purtroppo la sensibilità non è un principio codificabile” ha detto Foglieni.
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