Grissin Bon: La squadra a tre facce – Story 2
La stagione della Pallacanestro Reggiana raccontata in tre capitoli
Cercare di rivivere la stagione della Pallacanestro Reggiana attraverso un riassunto sarebbe troppo lungo e il quadro che ne uscirebbe sarebbe poco approfondito e frettoloso. Ma se scegliamo solo tre partite rappresentative, tre storie con altrettanti protagonisti, potremmo metterle sotto una lente d’ingrandimento per analizzarle, rileggerle e viverle nuovamente.
La stagione appena conclusa ci ha raccontato la storia di una squadra a due facce, quella battagliera e determinata delle partite in casa e quella arrendevole e indecifrabile delle partite in trasferta.
A guardar bene, ci sarebbe anche una terza faccia, quella degli appuntamenti importanti, che non discriminava fra casa o trasferta, Italia o Europa e a volte, come nei migliori collettivi, poteva prescindere anche da chi veniva schierato in campo.
Le tre storie
Day 1: Il progetto Eurochallenge – Andrea Cinciarini
Day 2: Time Out – Max Menetti
Day 3: Il Forum come il Madison – Mussini e WhiteTime Out – Max Menetti
Da quando i microfoni hanno violato la sacralità del time-out, non ci sono più segreti su cosa si dicano allenatori e giocatori in quegli attimi. Piuttosto, quello su cui non è calato il mistero è il reale peso di quel minuto: c’è chi pensa che serva solo a prender fiato o a spezzare il ritmo dell’avversario, chi invece gli attribuisce un potere quasi spirituale, dove con due schizzi su una lavagna e un discorso motivazionale, si possa influire in maniera decisiva sulla partita.
Maggio 2012, Finale di Conference NBA, Gara 1.
A San Antonio, Texas, gli Oklahoma City Thunder di Durant, Westbrook e Harden sono in vantaggio di dieci punti nell’ultimo quarto contro gli Spurs. Coach Popovich, formatosi fra l’esercito e la CIA che fa giocare la sua squadra con lo stesso rigore di un corpo militare, è protagonista di un time-out che dopo un lungo discorso termina con una frase, “I want some nasty”, che verrà poi rivista migliaia di volte e figurerà anche sulle magliette dei tifosi . La traduzione suona tipo voglio un po’ di sporcizia, vi voglio più cattivi, brutti, pericolosi. Vi voglio fuori dagli schemi, che è esattamente il contrario di quello che vi chiedo tutti i santi giorni, ad ogni allenamento, ma che ora serve per scrollarci di dosso la polvere e iniziare giocare come sappiamo. Dal time-out la squadra di sbloccherà e la partita finirà 101 a 98 per San Antonio.
Febbraio 2014, ultimo turno di Last Sixteen di EuroChallenge.
Sei minuti alla sirena in una gara da dentro o fuori. La Pallacanestro Reggiana è alle corde, a un passo dalla resa. Otto punti sotto nel punteggio e a 500 km da casa, l'unico posto dove riesce a vincere. Rimantas Kaukenas ha appena preso un tecnico per proteste che sembra mettere la parola fine all’esperienza in europea della Grissin Bon, che con ogni probabilità terminerà contro gli sloveni del Krka Novo Mesto, a un passo dai quarti di finale.
Il televisore trasmette immagini patinate in stile telenovela sudamericana, con una definizione che gli appassionati di Serie A conoscono bene perchè l’HD non è ancora arrivato da quelle parti, ma l’audio del time-out arriva forte e chiaro. Si sente solo la voce di Menetti che urla tutta la propria frustrazione: "Are you tough with referee!? If you are so tough, show me on the court! Show me on the court!". Fate i duri con gli arbitri? Se siete duri mostratemelo in campo!! Fine timeout. Niente tattica, blocchi, difese.
Da quel momento, proprio come sarebbe successo nella telenovela, i giocatori tirano fuori quella durezza mentale che chiedeva coach Menetti. Da quel time-out Kaukenas segna 7 punti in cinque minuti e nell'ultima azione esce a ricciolo per poi sparare in angolo a White che mette la tripla dell'overtime, che poi i reggiani vinceranno.
È incredibilmente bello nello sport, dopo un trionfo di una squadra, andare a ritroso a vedere quante volte chi ha vinto è stato ad un soffio da venire eliminato, lungo il proprio percorso.
Molto spesso si scopre che ci sono diversi momenti in cui quella squadra sembra spacciata, senza speranza e senza fiducia in sé stessa, in cui tutti sarebbero pronti a scommettere contro di lei, perché non la si ritiene in grado di superare la difficoltà attuale, figuriamoci quelle che arriveranno dopo.
E invece succede che, come il ciclista che non sa quando finisce la salita ed è tentato di mollare, si decide invece di rimanere in sella e di provare ad arrivare fino al prossimo tornante, nella speranza, arrivato lì, di scorgere la vetta. E così, tornante dopo tornante, si arriva in cima ad una salita di decine di chilometri, quando invece si pensava di avere la forza giusto per arrivare al prossimo tornante.
È stata questa la storia della Grissin Bon in EuroChallenge: durante questo time-out, oppure sotto di 12 in casa con la squadra che non girava, non si pensava certo alla vittoria della coppa, ma al massimo si doveva pensare a come salvare una stagione che stava prendendo una bruttissima piega.
E invece in quei momenti, c’è stato qualcuno che ha preso la palla in mano e ha provato a pensare come arrivare al prossimo tornante e come fare diventare quei 12 punti di svantaggio 10, e poi 8 e magari andare all’intervallo sotto solo di 3.
È questo uno dei modi per vincere le partite. Sicuramente è l’unico modo per vincere una lunga competizione: pensare una partita alla volta, un possesso per volta.
Su questo aspetto coach Menetti si è rivelato fondamentale. Non ha perso mai la lucidità, non si è lasciato prendere dall’emotività degli eventi, anche dopo la peggiore sconfitta ha sempre mantenuto sangue freddo nell’analisi degli errori. Ha permesso che alcuni dei suoi protagonisti andassero in trance agonistica, richiamandoli solo quando era finito il loro effetto positivo sulla squadra (vedi la discussione con Cinciarini in semifinale EuroChallenge).
Qualsiasi salita vista da sotto sembra insormontabile, mentre pensando un tornante alla volta, anche la Pallacanestro Reggiana è riuscita ad arrivare in cima al suo Gavia.