Grissin Bon: La squadra a tre facce - Story 1
La stagione della Pallacanestro Reggiana raccontata in tre capitoli
Cercare di rivivere la stagione della Pallacanestro Reggiana attraverso un riassunto sarebbe troppo lungo e il quadro che ne uscirebbe sarebbe poco approfondito e frettoloso. Ma se scegliamo solo tre partite rappresentative, tre storie con altrettanti protagonisti, potremmo metterle sotto una lente d’ingrandimento per analizzarle, rileggerle e viverle nuovamente.
La stagione appena conclusa ci ha raccontato la storia di una squadra a due facce, quella battagliera e determinata delle partite in casa e quella arrendevole e indecifrabile delle partite in trasferta. A guardar bene, ci sarebbe anche una terza faccia, quella degli appuntamenti importanti, che non discriminava fra casa o trasferta, Italia o Europa e a volte, come nei migliori collettivi, poteva prescindere anche da chi veniva schierato in campo.
Le tre storie
Day 1: Il progetto Eurochallenge – Andrea Cinciarini
Day 2: Time Out – Max Menetti
Day 3: Il Forum come il Madison – Mussini e White
Il progetto EuroChallenge - Andrea Cinciarini
Era iniziata con diffidenza, più che con curiosità, l’avventura europea per la Pallacanestro Reggiana.
Per vincere una coppa, anche ammesso e non concesso di avere il talento per farlo, si devono allineare diverse variabili come infortuni, periodi di forma, sorteggi. Potrebbe anche succedere di vincere tutte le partite e poi incappare in quella storta dove la palla gira sul ferro ed esce, sulla sirena.
Il popolo reggiano, molto pratico e senza grilli per la testa, più che l’“eventualità lontana” vedeva invece la “certezza vicina”, ovverosia che la coppa toglie (e lo fa da subito) energie mentali e fisiche, impone alla squadra lunghe trasferte, alza i prezzi degli abbonamenti. Insomma, in inverno erano in molti che a Reggio si chiedevano “perchè diavolo partecipiamo a questa coppa”, il che aiuta a ricordarci che le scelte lungimiranti passano la maggior parte della loro esistenza a sembrare folli, o quantomeno poco comprensibili.
L’atteggiamento del pubblico al palazzo rispecchiava questa diffidenza di fondo. Non dava fiducia da subito, ma si doveva far “convincere”, far tirar dentro da belle giocate o dal ritmo partita.
Il girone inziale non era certo insuperabile, anche se comunque temibile per via del fatto che a differenza dell’Italia dove c’è un po’ di snobismo verso queste competizioni, le avversarie estere si comportano come se si stessero giocando la stagione. Nel secondo girone, le Last Sixteen, la musica cambia: si iniziano ad incontrare ottime squadre e il livello si alza.
28 gennaio, terzo turno di Last Sixteen. Reggio ospita gli sloveni del Krka Novo Mesto ed è come al solito costretta a vincere, non riuscendo mai a fare risultato fuori casa. C’è un’aria strana al palazzo. Non c’è il pienone, ma soprattutto non c’è il clima caldo: sugli spalti il pubblico sembra sonnecchiare e c’è molto silenzio. La Reggiana arriva a questa partita nel momento peggiore dell’anno, dopo tre sconfitte consecutive, l’ultima a Siena con un secondo tempo da soli venti punti segnati mentre con Varese è arrivata la prima sconfitta in casa dell’anno che, per una squadra che non vince mai in trasferta, è quasi un dramma.
La partenza è shoccante, in 5 minuti Reggio è già sotto di 12 e il silenzio del pubblico si è tramutato in gelo. Nelle facce dei giocatori in campo d’un tratto si vedono tutti i dubbi e le paure di una squadra che non aveva pienamente convinto nella prima parte di stagione.
A due minuti dall’intervallo, ancora sotto di dieci, Cinciarini capisce che tocca a lui togliere la squadra dalla buca che si è scavata. Con un espediente tira dentro il giovane e talentuoso Muric in una scaramuccia che vale un doppio tecnico, ma soprattutto sveglia il pubblico, che ricomincia a incitare la squadra. Ma mentre Muric con il passare del tempo si innervosisce, il che gli costerà un altro tecnico e l’espulsione, il playmaker biancorosso è focalizzato solo sulla partita e gioco dopo gioco fa entrare pubblico e compagni dentro il match. Assist, tiro dalla media, penetrazione al ferro, fallo subito, ancora al ferro, ancora assist: ne viene fuori una corrida dove per il play biancorosso si conteranno 27 punti, 8 assist e 10 falli subiti. La migliore prestazione dell’anno, nel momento peggiore per la squadra. Quando serviva.
Nello sport le qualità tecniche e fisiche dei componenti di una squadra si sommano per formare un valore complessivo, che ne misura la forza e che la posiziona in una immaginaria classifica. Ma oltre a questo ci sono altri aspetti, come la coesione o il fattore emotivo, che moltiplicano il valore tecnico di cui parlavamo prima. Questo è il motivo per cui in casa si vince di più che in trasferta, o perchè squadre con modesto talento individuale ma grande coesione di squadra riescono a compiere imprese spesso inaspettate.
Cinciarini è senza alcun dubbio il moltiplicatore di questa squadra. Quando si infiamma riesce ad elevare il suo gioco ad un livello superiore, ma ciò che più conta, riesce ad elevare anche quello dei compagni, creando una sintonia con il pubblico che si può misurare ogni volta che viene annunciato dallo speaker del PalaBigi, come al solito per ultimo.
È il fattore emotivo, oltre all’ambizione e alla leadership, che gli permette di moltiplicare i valori tecnici e fisici del collettivo. Così in campionato, così in coppa e abbiamo visto la scorsa estate, così anche in nazionale.
Una circostanza fortunata nel suo processo di crescita è avere trovato una Società che ha la sua stessa ambizione e quindi può permettersi di crescere con lei, senza rinunciare a obiettivi prestigiosi.
Nulla di quello che Cinciarini è diventato lo deve ad altri se non a sé stesso, ma non aver sprecato tempo e preziose energie nel cambiare realtà, con annessi periodi di ambientamento per entrare in nuovi sistemi, gli hanno permesso e gli permetteranno di crescere più velocemente e in maniera più solida.