Questo All-Star Game fa male al basket
Riceviamo e pubblichiamo questa analisi sull'All-Star Game che si è svolto ad Ancona nella giornata di domenica
(Photo: Agenzia Ciamillo & Castoria)
Riceviamo e pubblichiamo questa analisi sull'All-Star Game che si è svolto ad Ancona nella giornata di domenica.
Articolo di Alessio Gori.
Questo All-Star Game fa male al basket.
Per una volta, il risultato non conta.
Nel 1951 sul parquet incrociato del Boston Garden, veniva giocato il primo All-Star Game della giovanissima NBA. I giocatori in campo vennero scelti dai giornalisti sportivi dell’epoca e l’attendance (la presenza di pubblico) della partita fu uno stupefacente 10.094 spettatori, rispetto ad una media per le partite casalinghe dei Celtics di 3.500 durante tutto il resto dell’anno.
Negli anni a seguire, le americane menti - allenate e reattive alle vie del capitalismo - fiutarono l’opportunità che questa partita offriva al loro sistema e ben presto il vero protagonista della partita delle stelle diventò… il pubblico. Era la gente che poteva votare i propri beniamini, era il loro voto che avrebbe contribuito a ottenere un posto in squadra alla guardia o al centro della propria squadra, e soprattutto se li sarebbero potuti godere in una esibizione in cui il le regole erano ancora tutte li’, l’agonismo (a tratti) non mancava, ma principalmente non era importante il risultato: contava il gioco, contava il divertimento (di giocatori e pubblico, indissolubilmente legato), contava il “contorno” alla partita.
E allora poi, lascia fare gli americani, quando si tratta di trasformare un momento di sport in uno spettacolo.
Tra presentazioni musicali, laser, giochini, esibizioni, vecchie glorie e auto-celebrazione, l’All-Star Game è oggi una vetrina per il sistema-basket americano, vetrina che mostra ogni anno il suo meglio, ogni anno piu’ scintillante e che strizza l’occhio al resto del mondo.
E poi c’e’ stato l’All-Star Game di Ancona.
In un palazzetto che appariva semi-vuoto (un vecchio trucco televisivo consiste nel far sedere la gente nel settore che viene inquadrato più spesso: l’effetto ottenuto è far pensare al tutto esaurito) (oltre 4.400 paganti secondo i dati uffiicali, ndr), in una struttura oggettivamente poco adatta alle necessità di “spettacolo” che una partita di esibizione richiede (i giocatori sono usciti per la loro presentazione da una porta d’emergenza…) è andato in scena l’ennesimo suicidio del basket italiano, patrocinato dalla Lega, che ha dato l’impressione di aver organizzato l’evento “perché va fatto e perché lo fanno tutti”, piuttosto che provarci reale gusto.
Sbagliata la collocazione temporale: l’All-Star Game si gioca al termine del girone di andata, prima del girone di ritorno. In un momento di pausa “logica” che consenta oltretutto a chi non vi partecipa anche di tirare il fiato, tanto necessario per evitare quello stress da sovraccarico di partite del tardo periodo invernale. Dov’è il senso di giocare una partita di esibizione a nemmeno un mese dall’inizio dei playoffs? Ed aspettarsi magari una partecipazione volontaria e divertita, per di più.
Se esiste un modo migliore per inventare infortuni, indisposizioni e mal di pancia, non lo conosciamo.
Come? Quello e’ periodo di Coppa Italia?
Facciamo una scelta. A volte sono necessarie.
Opinabile, al netto di una esperienza che ormai dura diversi anni, anche la scelta di giocare contro la nazionale italiana.
“Nazionale”, poi: quello che i club, con i succitati playoff ormai alle porte, mettono insieme. Una “nazionale” senza stelle (perché sono a giocare dall’altra parte dell’oceano, e a vincere le gare del tiro da 3, perfino!), senza giocatori troppo importanti per l’andamento di campionato ed eurolega. Una nazionale fatta di gente che ha VOGLIA di farsi vedere: e che per questo e’ ancora piu’ sbagliata per una esibizione.
Si perché in una esibizione non vogliamo vedere la zona 3-2 con le guardie a mordere i polpacci degli attaccanti. Non vogliamo vedere il fallo a metà campo per fermare il contropiede (circa 3, nel solo primo tempo). Non vogliamo nemmeno vedere la gente che si scansa per concludere ogni azione con una schiacciata, ma santa miseria… il fallo a metà campo no!
Gli americani… non capivano.
Sono stati invitati ad un ASG: si aspettavano di giocare una partita come quelle che loro guardavano alla televisione, quando Isiah Thomas invitava David Robinson a marcarlo 1vs1 sulla linea del tiro da 3 e l’ammiraglio lo faceva passare salvo poi rubargli la palla da dietro. Si aspettavano forse addirittura anche una partita come quella del 2014 a New Orleans in cui Griffin ha schiacciato tra le 15 e le 20 volte.
Ma non capivano, ed erano poco divertiti, dal motivo per cui questa gente gli faceva fallo a metà campo per fermare i contropiedi, difendeva forte sui tentativi di Alley-oop e gli arbitri gli fischiavano infrazione di doppio palleggio sulla piu’ classica delle mosse “da clown” che non portavano vantaggi tecnici.
Loro non capivano e francamente nemmeno noi.
Per pura pietà, sarebbe da pietra tombale anche l’organizzazione dei tempi della partita: “pigiare” qualcosa al termine di ogni quarto è letale per l’andamento dell’incontro, per l’attenzione della gente, per lo spettacolo stesso. Chi giocava la partita ha avuto bisogno di fare un nuovo riscaldamento al termine della pantomima (parlo della gara delle schiacciate, ci arriverò) perché era stato seduto per 40 minuti.
Le gare “accessorie” all’ASG, quelle che divertono il pubblico e che avrebbero potuto differenziare la giornata da una qualsiasi amichevole della nazionale in un qualsiasi momento della preparazione ad un europeo… sono state assassinate.
Assassinate dalla mancanza di serietà e di RISPETTO, verso di esse.
Solo perché è un’esibizione, non significa che l’abilità richiesta per fare 15 tiri da 3 in fila (inchino a Diener) o schiacciare la palla da dietro al tabellone al volo (congratulazioni a Johnson) siano da poter sminuire… ma il modo in cui sono state trattate, le ha umiliate, ridotte ad un intermezzo meno godibile del balletto delle (poche) cheerleader.
Una gara di tiro da 3 senza punteggio in evidenza?
Una gara di tiro da 3 con un terribile suono “modello Gialappa’s” ad ogni tiro a tutto volume dagli altoparlanti del palazzetto?
Una gara di tiro da 3 in cui conta la precisione, ma conta anche (e forse soprattutto) la rapidità nel tiro e riuscire a prendere 25 tiri in un minuto (tutt’altro che banale, provateci) senza un cronometro a vista?
E sopratuttto: una gara di tiro da 3 a cui partecipano solo 4 persone… e nonostante tutto vengono fatte tirare in contemporanea, negando il godimento del gesto e del momento sia agli spettatori presenti, sia a quelli televisivi.
Bum. Bum. Bum.
Un minuto (forse. Chissà.) L’attesa (!) per poter conoscere il vincitore (!!!) di un conteggio fatto in modo peraltro poco ortodosso (è una gara del tiro da 3: non importa che il canestro valga 3 punti… potete tranquillamente farlo contare 1) e via a giocare la finale.
Qualcuno ha avuto improvvisamente pietà dello spettacolo e i due campi (che erano comunque tutti e due pronti, palloni sui carrelli) non sono stati usati in contemporanea.
Diener (o era Deiner? Forse Deiner… la maglia diceva Deiner.) che infila 15 palloni in 15 tiri, un po’ di tempo per permettere una moltiplicazione per 3 e per 6 tanto complessa quanto non necessaria e via di intervista.
Istantanea, immediata intervista ad una persona che ha preso (e segnato) 25 tiri in un minuto (di nuovo: un minuto? Sicuri?) col fiato cortissimo… e che doveva mai dire? “Io, felice, segnato, tiro, anf.”
Di corsa perché in 30 secondi si riprende a giocare.
E a metà della partita?
La pantomima.
La gara delle schiacciate “ad invito”. Invitati dei grandi schiacciatori?
No. Invitato UN discreto schiacciatore (Chris Roberts), uno schiacciatore di NUMERI piuttosto che di qualità (JaJuan Johnson ha schiacciato 7 volte in una partita per 2 volte in questo campionato, ma la verticalità di un ala grande “alla Garnett” non ne fa uno schiacciatore stilisticamente “bello”) ed un italiano, messo li’ perché un italiano “ci vuole”.
E vince l’italiano. Poco conta che sia un 2.05 con braccia lunghissime e che abbia schiacciato per 2 volte (facciamo 3: contiamo anche la schiacciata “bendata” con la maglietta in testa) in modo assolutamente normale per qualsiasi atleta di quella altezza e quelle caratteristiche.
Ancora, poco conta che gli altri due abbiano provato a schiacciare con la lingua dopo aver tentato un 360 reverse senza scarpe: hanno sbagliato. Quindi vince Polonara, che ha fatto il corrispettivo di un appoggio al tabellone per un normodotato di 1.80.
E questa è la banalizzazione del gesto, la scelta sbagliata dei protagonisti, la necessità di avere una personalità (Miss Italia?!) come giudice.
Ringraziamo per non aver avuto un concorrente del grande fratello. Grazie, davvero.
Vorremmo tacere sugli ultimi 2 minuti della pantomima: il regolamento prevede 3 tentativi, ma facciamo schiacciare Roberts a oltranza: è divertente.
No. E’ umiliante. Per lui che ha dato il suo massimo e ha fallito. Per noi che sappiamo questa cosa.
Per chiunque capisca che il giocatore non e’ una scimmia con le batterie Duracell che danno il 100% della carica fino a che non muoiono, ma che se provi a saltare con tutto quel che hai una, due, tre volte… non lo ri-fai una quarta.
Imbarazzante. Da guardare.
Scusa Chris, davvero.
Ultima disamina, i potenti mezzi televisivi.
Non chiediamo la Phantom Camera. Davvero.
(anche se il consiglio è di andare su YouTube e guardare qualcosa perché è poco meno che meravigliosa).
Ma siamo sicuri che non si riesca a fare di meglio, per un All-Star Game, delle solite telecamere che coprono una partita normale, con l’alta definizione che è un miraggio futuristico, senza sovraimpressioni per le gare accessorie e con il commentatore Rai che parla di “slèm dònc” (si legge come si scrive).
Riassumendo:
La nostra nazionale guerriera agli europei: positivo.
I nostri connazionali in NBA, alcuni a giocarsela, altri a lottare per avere spazio (forza Gigi!): positivo.
Un campionato mediamente aperto, con una squadra uno scalino superiore alle altre ma senza la sensazione di qualcosa di già scritto, come negli anni migliori di Siena: positivo.
La banalizzazione dello sport, trasmesso con tanti problemi, in un contesto non adatto, con tempistiche strette “per non dare troppo fastidio”, con i suoni della Gialappa’s durante la partita, giocando una partita “vera” quando sarebbe dovuto essere una festa, nel momento dell’anno sbagliato e senza prendere niente sul serio: questo All-Star Game ha fatto male al basket.
Poi firmiamo le petizioni per avere piu’ basket in RAI.
Se deve essere come ieri, ne vogliamo di meno.
Potrai vedere il basket anche all'estero e giocare grazie a kod promocyjny fortuna.
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