L’altro Dream Team: la storia della Lituania a Barcellona 92
La storia della nazionale lituana alle Olimpiadi di Barcellona
Chiunque fra noi quando legge “Barcellona ’92” pensa al Dream Team, la squadra di Jordan, di Magic, di Bird, la squadra imbattibile, la squadra a cui i giocatori avversari chiedevano gli autografi. Ma probabilmente la vera storia, commovente, di quell’Olimpiade è quella della nazionale di pallacanestro della Lituania. Ma è doveroso fare un salto indietro nel tempo di quattro anni.
Siamo all’Olimpiade di Seul ’88. Il torneo olimpico presenta in semifinale il primo scontro dopo la storica finale di Monaco ’72 tra gli USA di David Robinson e l’URSS di Sarunas Marciulonis e Arvydas Sabonis. La vittoria con conseguente oro olimpico va ai sovietici e con gli americani costretti ad accontentarsi del terzo posto. Da quella delusione nasce il Dream Team e tutto il resto è storia, che tutti conosciamo. Ma qui comincia anche la storia dell’altro Dream Team.
L’anno successivo crolla il Muro di Berlino, e l’URSS comincia a sfaldarsi. Nel 1990 la Lituania dichiara l’indipendenza. Per i lituani è la fine dell’oppressione, c’è un forte nazionalismo nell’aria. La squadra vincitrice degli ultimi giochi, che aveva quattro giocatori su cinque del quintetto base provenienti proprio dalla Lituania, non esiste più. Marciulonis sprona il proprio governo ad inviare una squadra di pallacanestro per le ormai vicine Olimpiadi di Barcellona. Nessuno si oppone. Ma c’è un problema. La Lituania è ad un passo dal fallimento.
La situazione è surreale. Marciulonis viene incaricato di trovare i fondi per la squadra olimpica. Provando a fare un parallelo con Team USA e tutti i soldi spesi per la squadra americana, vengono i brividi. Marciulonis contatta Donnie Nelson (attenzione Donnie, non Don, fa differenza), scout della sua squadra NBA, i Golden State Warriors (diventerà anche assistente allenatore della nazionale lituana) e cominciano una sorta di raccolta porta a porta per trovare i finanziamenti. L’aiuto arriva da chi non te lo aspetti: i Grateful Dead, storica band psichedelica anni sessanta della west coast americana. L’incontro tra Sarunas e Donnie ed i Dead avviene in un piccolo garage (pieno di fumo, neanche a dirlo) riadattato a studio di registrazione. Jerry Garcia, storico leader del gruppo, si rivolge a Marciulonis: “Amico, tu sei uno per cui la libertà e l’indipendenza sono tutto, come per noi, e ci piaci un sacco, perciò vi daremo una mano”. Difficile immaginare una scena del genere al giorno d’oggi. Ma questi sono pur sempre gli straordinari anni novanta. I Dead donano una somma di denaro, ma soprattutto concedono i diritti sulla commercializzazione di una maglietta, raffigurante un’esplosione dei colori della bandiera lituana su cui svetta lo scheletro simbolo del gruppo, realizzata per un loro concerto. Sarà la T-shirt più venduta di tutti i giochi, superando anche quella raffigurante tutti i giocatori del Dream Team. E la popolarità dei lituani è alle stelle, la loro lotta per la libertà entra a contatto con il mondo dello sport.
Arrivano i Giochi. La Lituania è l’unica nazione ex-URSS a partecipare al torneo di pallacanestro. Tutti gli altri stati erano riuniti sotto il nome di Squadra Unificata. La Lituania arriva agilmente alla fase finale arrivando al secondo posto nel girone B vincendo quattro partite su cinque. Chi arriva primo? Ma naturalmente la Squadra Unificata!
Ai quarti di finale i baltici si trovano davanti il Brasile. I sudamericani restano in partita per un tempo ma poi devono crollare sotto i colpi di un maestoso Sabonis (32 punti e 13 rimbalzi) e di Marciulonis (29 punti e 10 assist). Il punteggio finale dice 114-96.
Ma ad ostruire la strada verso la finale c’è il Dream Team. Marciulonis ricorda: “Non pensavamo a vincere la partita. Volevamo soltanto non perdere la faccia”. Invece i giocatori del Dream Team, ma soprattutto coach Chuck Daly, non sono affatto così sicuri di vincere facilmente, anche e soprattutto per via della presenza nel team lituano di una buona parte della squadra sovietica di quattro anni prima. Le paure degli americani si rivelano prive di senso. La partita finisce 127-76 per il Dream Team. Marciulonis segna 20 punti, ma viene annichilito da Jordan, che per diversi minuti non gli fa letteralmente neanche toccare palla.
Ma poco importa. Perché la partita delle partite per i lituani non è certo la semifinale olimpica, ma la finalina 3°/4° posto. Sì, perché è più che una partita di pallacanestro. E’ una sfida politica. La tensione si taglia a fette. Di fronte c’è proprio la Squadra Unificata, sconfitta dalla Croazia 75-74. La Squadra Unificata agli occhi dei lituani è a tutti gli effetti l’Unione Sovietica, gli oppressori, gli assassini. La sconfitta non è ammessa. La partita è dura e fisica, ma la Lituania la spunta 82-78 guidata dai 29 punti di Marciulonis e dai 27+16 di Sabonis. Immediatamente partono i festeggiamenti, che coinvolgono anche il presidente lituano, Vytautas Landsbergis, che viene innaffiato nello champagne. Alla fine della partita Marciulonis si getta sotto la doccia ancora in tenuta da gioco, rimuginando su ciò che sarebbe potuto succedere se avessero perso. E questo pensiero quasi riesce a cancellare la gioia della vittoria, che però alla fine, naturalmente, prevale. I giocatori della squadra a questo punto sono dei veri e propri eroi nazionali.
Dopo qualche ora c’è la premiazione. Ma Sabonis non c’è. Deve essere a dormire da qualche parte, probabilmente per via dei postumi di una sbronza, non esattamente una novità per il principe del Baltico. E la cerimonia può aver luogo anche senza di lui. Chi dorme non piglia pesci, e neanche medaglie. Verrà ritrovato un paio di giorni dopo nel dormitorio della Squadra Unificata femminile. Al momento della premiazione la squadra dovrebbe indossare una maglia con il colletto e il logo dello sponsor. Ma Marciulonis non è d’accordo. Si leva la maglia e si infila la T-shirt dei Grateful Dead, in segno di riconoscenza. E gli altri compagni lo seguono. Questo fuori programma non viene esattamente apprezzato dai membri del CIO, ma cosa importa
Altrimenti a cosa servirebbe essere degli eroi?