L'EuroLeague analizzata da Luca Banchi: ll sistema Cska, la fragilità del Fenerbahce e… Milano
L'ex coach di Mens Sana e Olimpia commenta il primo terzo di stagione: I talenti sbocciati? Birch, Larkin e, ovviamente, Doncic
Undici giornate sono passate. La sensazione è che il Cska sia lepre di riferimento, e non solo per il primo posto o per il titolo di campione in carica. Semplicemente, questa è la squadra che gioca meglio.
«Si sono confermate le impressioni di una nostra prima analisi. Quel che ho visto in Cina si è rivelato in maniera evidente con Milano. Mancavano Teodosic e De Colo, giocatori indubbiamente insostituibili, ma i compagni hanno trovato nel sistema le risorse necessarie per un altro successo. Certamente, nel momento dello stop di De Colo, la squadra ha accusato e faticato, e penso alle gare con Zalgiris e Bamberg, o alle sconfitte con Darussafaka e Kuban in Vtb. In quel momento Teodosic ha avuto un obbligo di sovraesposizione, ovvero cifre mostruose, e questa non è mai la panacea di tutti i mali. Poi si è fermato anche lui, e questa è una forma intelligente di gestione degli acciacchi fisici in una stagione così dura, senza precedenti. E sono emersi Jackson, per fare un nome, o Antonov».
Dietro, tra le altre, il Fenerbahce. C’è stato un forte momento di difficoltà, e non tanto per analisi giornalistica, ma per parole dello stesso Zeljko Obradovic. Sorprendente la crisi, sorprendente la capacità di uscirne in breve tempo.
«E qui partiamo dagli infortuni, in questo caso Bogdan Bogdanovic. Non c’è possibilità di gestire gli uomini con un calendario simile, e il pericolo è dietro l’angolo per tutti. L’infortunio è però un’occasione di valutazione, e per quanto riguarda il Fenerbahce è emersa una fragilità. Anche la reazione di Obradovic è stata differente, emblematica: è apparso visibilmente contrariato, frustrato. Credo che la convivenza con le aspettative abbia schiacciato la squadra in un certo momento. C’è stata prima una Final Four, poi una finale, ripetersi è dato per scontato, ma nulla è scontato, nulla sarà scontato. Per certi versi, questa è la pressione che il Cska si è tolto di dosso nella scorsa stagione».
E si arriva alla terza forza, il Real Madrid…
«Hanno avuto un precampionato particolare, solo quattro amichevoli, peraltro non di primissimo livello. Ma Pablo Laso ha una doppia esperienza: da giocatore e da allenatore. Ha una squadra che gioca per gli obiettivi più importanti da anni, ha giocatori spremuti da infinite battaglie, e ha gestito il tutto in questa direzione. Sono partiti piano, hanno perso in Supercopa, ma sono destinati a crescere, e i risultati sono già quelli attuali. Anche in questo caso potrebbe scendere in campo il «fattore infortuni», e quando accadrà ne parleremo. Poi, ovvio, entrano in gioco i campioni: De Colo, Teodosic, Spanoulis, Sloukas e, in questo caso, Llull».
Ecco, Sloukas. Nell’estate 2015 il Fenerbahce ha sborsato cifre importanti per lui. Era un gregario dell’Olympiacos, è oggi uno dei massimi interpreti del basket europeo. A dir poco sorprendente, anche se evidentemente Obradovic ne era convinto.
«Obradovic, e Gherardini aggiungo. Evidentemente, quando si parla di eccellenze nel loro ruolo, questi sono i risultati. Ma parliamo di Sloukas. Gregario all’Olympiacos, sì, ma di Spanoulis, e comunque con due EuroLeague in tasca. Ha approfittato poi dell’infortunio di Bogdanovic: c’è stata una sovraesposizione, un’opportunità, e l’ha sfruttata. Tuttavia, anche in questo ritrovo il momento di difficoltà del Fenerbahce. Sloukas è un giocatore strutturato quando è il play, quando ha in mano il pallone, quando dirige le operazioni. Lui si sente questo, lui è questo. Per necessità, però, non ha giocato solo in alternanza a Dixon, ma anche con Dixon. Minuti che creano qualche difficoltà in difesa. La ripresa è arrivata nella gara con l’Anadolu Efes: in quel momento è riemerso Mahmutoglu, inizialmente nascosto. Non stiamo parlando solo di un turco, di una linea di continuità: parliamo di un leader riconosciuto, di un giocatore che guida le huddle con i tifosi. Sono segnali di una persona, e di un valore».
Dal positivo al negativo. Verrebbero da fare molti nomi, ma quel che emerge è un Barcellona in record passivo. Infortuni, più di chiunque altro, ma l’atmosfera è quella della difficoltà persistente.
«E’ un club che deve convivere con una grande pressione, che nasce dal campionato spagnolo, il più competitivo insieme a quello turco. Ogni test è probante, e la squadra ha perso, anche in contemporanea, Ribas, Navarro, Doellman, Claver e Koponen, senza contare Lawal. Tuttavia, quella di oggi non è l’idea di squadra che c’era ad inizio stagione. Anche qui, parliamo della causa-effetto infortuni-sovraesposizione. E’ capitato a Rice, che è un talento straordinario, ma che in 35’ in campo rende il tutto più prevedibile. Prevedibilità, che diventa pecca, e in questa competizione, con questi allenatori, questi staff e questi giocatori, ogni pecca viene punita. Ovviamente, con il rientro di tutti sono destinati a crescere, ma certe mancanze iniziali non vengono coperte in una stagione così densa. Concludo con un pensiero: se fossi Milano, pur non essendo il Barcellona una squadra da top4, farei la mia corsa su altre squadre per i playoff».
Ecco, l’Olimpia Milano. Anche qui andiamo sulle dichiarazioni iniziali, e sulle reazioni alle sconfitte. Il momento è delicato, la classifica è negativa.
«In campionato si può pensare anche ad una gestione per inerzia sino ai playoff. Non è una sconfitta con Venezia a segnare la classifica. Con la Reyer, oltre a Reggio Emilia e Avellino, un ko in trasferta poteva quasi essere preventivabile. L’EuroLeague chiede altro, e allora penso a tre trasferte: Bamberg, Stella Rossa e Unics. Quelle sono gare che Milano ha dimostrato anche di poter vincere, e sono dunque «colpe» ben più gravi degli impegni interni con Cska e Fenerbahce, per quanto possano apparire occasioni perse. Potevi ritrovarti con un record 5-6, appena sufficiente, ma comunque capace di dare serenità. Non è questo il caso, e quindi ora servono vittorie di prestigio. Il calendario prevede le trasferte di Istanbul (Galatasaray) e Barcellona, e gli impegni casalinghi con Panathinaikos e Zalgiris. Partite da vincere».
Chiusura finale sui nuovi talenti più affascinanti di queste settimane.
«Uso il termine rookie, che è improprio per questa Lega, e che non rappresenta neanche una norma, visto che per la complessità della competizione tutti i club hanno puntato su giocatori già testati a certi livelli. Quindi spendo i nomi di Birch e Larkin. Il canadese giocava nella passata stagione all’Usak, è un rookie ancora più improprio in Europa, ma di fatto il livello era ben altro. Ora capisco perchè l’Olympiacos lo cercasse già lo scorso inverno dopo l’infortunio di Young: con quella faccia un po’ così, senza emozioni, quasi sfrontato, è totale. Un giocatore dominante. E poi Larkin: il Baskonia valorizza, ma la sua funzionalità non era scontata. Infine Luka Doncic: non so quanto possa restare in Europa, nel frattempo farà incetta di premi».
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