KNICKSDRAMA: The Big Apple is A Big Mess
La storia dei Knicks dagli anni '70 ad oggi, per chi non la conoscesse
Coach Lapchick, per chi non lo sapesse l'uomo che per permise ai Knicks di raggiungere tre finali NBA negli anni '50, ci scuserà, ma noi cominciamo dal 1970.
Cominciamo poi, ci passiamo, facciamo un po’ i romantici, perché per chi tifa Knicks di quegli anni '70 basta la leggenda, basta un nome (Frazier o Reed che sia) e via che si apre un mondo come neanche ci trovassimo di fronte a un dipinto di Caspar Friedrich. Brevemente: due titoli, uno nel 1970 e uno nel 1973, Walt Frazier, Willis Reed, Dave DeBusschere, Bill Bradley e poi ancora Jerry Lucas e Earl Monroe. Il tutto orchestrato da un hall of famer come Red Holzman, considerato oggi come uno dei dieci allenatori più influenti della pallacanestro a stelle e strisce (chiedere a un tale Phil Jackson cosa ne pensa se non siete d'accordo).
Son passati quarant'anni. Quaranta. Qualche immagine magari è rimasta, sbiadita, un Frazier che ruba un pallone a Jerry West, Willis Reed che rientra in gara 7 delle Finals senza preavviso con una gamba malconcia e lancia una storica rimonta da meno 16 sui Lakers di Chamberlain. Eroici. Ma poco, pochissimo altro. E l'ultimo titolo dei Knickerbockers rimane quello là, 1973. Poi fino al 1985 il nulla, qualche giocata di Bernard King, qualche apparizione ai playoff, ma niente a che vedere con Holzman e soci. Non tutto il male vien per nuocere, il record a fine 1985 recitava un poco ben augurante 24-58, ma al draft dello stesso anno i Knickerbockers pescarono la uno e scelsero un ragazzone giamaicano da Georgetown che faceva Patrick di nome e Ewing di cognome. Uno che se la cavava. Ancora brevemente: Pat Riley e Finals nel 1994 e nel 1999, perse rispettivamente contro i Rockets di Olajuwon e gli Spurs dell'ammiraglio freschi di Tim Duncan.
Fin qua sembra la storia di una franchigia normale, dai fasti del passato, un periodo di assestamento tra il 75 e l'85 e poi nuovamente competitivi fino al 1999. Ah, giusto per esser precisi, negli anni 90 vinceva Jordan. Quindi un paio di finali contando che NY gioca ad Est sono comunque un buon risultato (e facciamo finta che MJ non abbia giocato a baseball, che sia tornato, abbia ristracciato tutti quanti per poi ritirarsi nuovamente e tornare e ritirarsi, diciamo solo che gli anni novanta erano roba sua, facciamo più bella figura).
Veniamo a noi, ai Knickerbockers del nuovo millennio. 1997: la Cablevision, fondata da tale Charles Dolan nel 1973 acquisisce il 100% delle azioni del MSG. 1999: il figlioletto di Charles, all'anagrafe James Dolan assume un ruolo sempre più rilevante nel management delle proprietà sportive della Cablevision, i nostri rinvigoriti Knicks, i NY Rangers della NHL, una squadra della WNBA e una della AHL. Una catastrofe. Aggiungiamo una chicca: il suddetto Mr. Dolan qualche annetto prima (1993 e giù di lì) aveva seguito un programma di riabilitazione da sostanze stupefacenti e alcolici. Touchè.
Wikipedia commenta gli anni dei Knicks dal 2000 al 2003 come "the Post-Ewing downfall": il coach Jeff Van Gundy, che aveva portato i Bockers orfani di Ewing ai playoffs nel 2001 grazie alle prestazioni di Houston e Sprewell, si dimette; Dolan sceglie l'assistente Don Chaney e patatrac: 30-52 e bye bye playoffs. Poi il caos, un susseguirsi frenetico di errori, malefatte, scandali anche cronologicamente difficile da elencare, il sex gate che coinvolse l'allora coach ed ex presidente (diciamo non rimpianto, e via con gli eufemismi) Isiah Thomas e che costó 11 milioni al MSG, una serie di trade senza senso che frenarono quella che doveva essere necessariamente una ricostruzione post Ewing che potarono indubbi talenti (ma poco di più) quali Stephon Marbury, Jamal Crawford, Antonio McDyess, Antonio Davis, Tim Thomas, Z-Bo che incisero poco e niente in quel di Manhattan.
Dolan scelse Walsh nel 2008 per far fronte alle esigenze dei Knicks e sebbene oggi venga quasi idolatrato l'ex presidente dei Pacers, le sue scelte non furono esattamente smart: optó per D'Antoni in panchina, firmò Stoudemire con quello sconsiderato contratto e con quelle sconsiderate ginocchia, scelse Jordan Hill, davanti a Jennings ed Holiday, sbolognó il buon David Lee agli Warriors in cambio di Turiaf, Anthony Randolph e Azubuike.
Vero è che il roster si dimostrò competitivo in ottica PO, che mancavano dal 2004 anche grazie all'arrivo (chiacchierato e ancora oggi discusso) di Carmelo Anthony. Prima stagione con record positivo dal 2000, ma Walsh, in nettissimo disaccordo con Dolan, decise di levare le tende. Via con Grunwald, firmato Chandler e poi è andata come tutti sappiamo, i PO dell'anno scorso sotto Woodson dopo una stagione ammirevole e le odierne difficoltà sotto la nuova direzione di Mills, ah Mills, laureato a Princeton in sociologia, lo assunsero nel 2003 come guru del Madison Square Garden Network per quanto riguarda la sezione business e finance (da sottolineare il suo ruolo come presidente delle strategie di mercato, quali strategie?), andare sopra vedere i risultati ottenuti sotto la sua giurisdizione, lasció nel 2009 e adesso come Lessie è tornato a casa perché fidato di Dolan, a volte ritornano.
La verità? La verità è che a prescindere dai discorsi tecnici, tattici finché un miliardario si divertirà a giocare al finto sovrano illuminato i Knickerbockers non andranno da nessuna parte. La verità é che finché gli interessi economici prevarranno i risultati sportivi, finché la parola "progetto" verrà rifiutata dai piani alti della sede di Pennsylvania Plaza della continuità con Walt Frazier rimarranno solo ed esclusivamente le giacche dal gusto origina...vabbè fate voi, son terribili.
E chiedere ai tifosi dei Rangers come la pensano a riguardo, dei risultati sportivi, non delle giacche di Frazier, per giudicare quelle potete fare da soli.
Ah, proprio nel 1973, secondo e ultimo titolo della storia dei Knickerbockers gli Eagles, a cui Dolan apre i concerti con la sua band (e la pallacanestro?), cantavano "Desperado, why don't you come to your senses?" che suona tipo un "Disperato, perché non usi la testa?". Saran coincidenze, cose strane, ma un paio di domandine me le farei.
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