NBA Top 10 shooting guards: le 10 migliori guardie della Lega
Continua il viaggio nelle Top 10 per ruolo del campionato NBA
10. Paul George
Lo inseriamo nella top ten, consci che almeno fino alla passata stagione altre shooting guards (Kevin Martin, DeMar Derozan e Marcus Thorton ad esempio) gli sono stati superiori, ma non abbiamo dubbi che questa sarà l’anno di Paul George. L’ex Fresno State è uno dei migliori atleti della lega, ma è la sua comprensione del gioco, nonostante la giovane età, a renderlo davvero speciale. Lo dimostrano le percentuali di tiro (attorno al 45% che per una giovane guardia non sono per niente male) e le sue poche palle perse. Difficilmente sarà uno da 25-30 punti a partita, più probabilmente sarà (presto) un All Star, capace di difendere e bene, su 3 ruoli e facilitare l’attacco grazie alle sue doti di passatore. Buon tiratore piazzato, deve imparare ad essere più aggressivo soprattutto nei miss match dove il fisico lo vede spesso in vantaggio.
9. Tyreke Evans
‘Reke meriterebbe un capitolo a parte. Al suo anno da rookie (concluso come matricola dell’anno) mostrò al mondo qualità da All NBA, tanto da guadagnarsi il soprannome di “Baby ‘Bron”. Poi una caduta verticale di prestazioni, vista nelle cifre, ma anche nell’atteggiamento e ormai viene da chiedersi se, dopo 3 anni a Sac-Town, non sarebbe meglio per lui cambiare aria. Il fisico scolpito e il trattamento di palla ne fanno uno con cui si negozia difficilmente, ma complici anche gli infortuni, la sua capacità di aggredire le partite con penetrazioni, assist, post basso e uno spin move che il suo vero marchio di fabbrica, sembra un po’ persa. Vedremo.
8. Monta Ellis
E’ uno dei giocatori che impressionano di più vedendoli dal vivo, per l’eccezionale controllo del corpo che ha nel finire in traffico, roba che renderebbe orgoglioso anche Rod Strickland. Monta è un pure scorer, capace di segnare 40 punti ogni sera e, quasi, contro chiunque. Il suo arresto e tiro è di primissima qualità così come la sua capacità di leggere la difesa. Ma ad oggi l’ex Lanier High School non ha ancora sfruttato al meglio le sue doti. Una sola apparizione ai playoffs e non come protagonista, poi tanti punti e poche, troppo poche W. Sarà Milwaukee la sede ideale per la sua esplosione definitiva? Noi non crediamo e anzi non ci sorprenderebbe vederlo con altri colori di qui ad un paio d’anni, soprattutto se Brandon Jennings firmerà l’estensione contrattuale. I due insieme formano un backourt micidiale offensivamente per gli avversari, ma, potenzialmente anche per i compagni. A meno che coach Skiles non scopra l’alchimia giusta. Monta finirà comunque la stagione oltre i 20 di media. In difesa è tra i primi nel rubare palloni, ma il fisico è l’attitudine lo vedono sotto contro tante altre guardie.
7. Andre Iguodala
Iggy sarebbe più naturalmente un’ala piccola, ma nel roster dei Nuggets dovrà spostarsi alla posizione numero 2 (sempre che nel sistema di Karl i ruoli significhino davvero qualcosa), ma non per questo il suo rendimento scemerà, anzi. Con un All Star Game e l’Oro di Londra, il 2012 è da ricordare come il suo anno di grazie, ma anche come un punto di partenza per una carriera, quella di Andre, che sembra debba vedere ancora il suo apice. In difesa non soffre nessuno grazie alla braccia da pterodattilo e all’atletismo, mentre in attacco dovrà convertire da oltre i 7 e 25 gli scarichi di Lawson, ma la maggior parte dei suoi punti gli troverà in campo aperto dove si comporta più come un videogame che come un umano. La coppia con il Gallo fa dei Nuggets una squadra pericolosa per tutti anche ad ovest.
6. Joe Johnson
Gli occhi di tutta Brooklyn e non solo, saranno soprattutto su di lui, perché proprio JJ è l’uomo che potrà fare la vera differenza per questi nuovi Nets. E c’è da scommetterci che ci riuscirà. Giunto ormai alla sua dodicesima stagione NBA, l’ex Hawks è capace di segnare 20 punti di media e di aggiungerci 5 assist con disarmante facilità, giocando forte anche in difesa. Ha dimostrato che le sue mani non tremano nei momenti decisivi e sarà lui probabilmente il go to guy quando i giochi si faranno seri. La convivenza con D-Will non sarà facile, specie all’inizio, ma le motivazioni, come ha dichiarato al media day di inizio stagione sono quelle giuste. Se lui ingrana allora BK è fra le prime 5 ad est.
5. Eric Gordon
Si parla giustamente moltissimo dei nuovi rookies degli Hornets, in particolorae di Mr. Davis, ma i calabroni, sia chiaro, andranno fin dove li porterà Eric Gordon. Dopo la non-stagione passata (solo 9 partite giocate a causa di un infortunio) Eric è pronto ad essere il leader non solo offensivo della squadra. Solido tiratore da fuori, l’ex Hoosier è uno dei migliori nella lega nel crearsi da solo un buon tiro, grazie anche al fisico e alle doti atletiche che gli permettono spesso schiacciate a difesa schierata che levano il fiato. E’ anche un buon passatore, bravo nel leggere i tagli dei compagni ed uscire dai raddoppi, ma soprattutto è un difensore molto sottovalutato. Gli infortuni lo hanno penalizzato (solo 205 partite giocate sulle 312 disponibili in carriera), ma se sta bene Gordon è decisamente uno dei migliori esterni della lega.
4. James Harden
Il barba, nonostante abbia solo 23 anni, gioca già come un super veterano (date un’occhiata a come e quanti falli subisce a partita) ed è uno dei motivi, gli altri li conoscete, del dominio dei Thunder. L’angelino gioca con uno stile anni ’70, fatto di cambi di ritmo e uso del corpo uniti a delle mani pazzesche che lo rendono difficilissimo da marcare. Mentre il suo tiro da fuori è ormai più che sicuro (sfiora il 50% dal campo). Gioca anche il pick n’ roll come un maestro, specie con Collison, dove si dimostra passatore super. Se non fosse il sesto uomo dell’anno, sarebbe la guardia titolare di molte squadre NBA, nonché uomo da 20-25 punti ad allacciata di scarpe.
Ma: ha bucato completamente le finali NBA, una cosa che ha fatto scattare qualche campanello d’allarme, anche se, vista la sua giovane età, non c’è da preoccuparsi eccessivamente.
Ma: in questa stagione dovrà scegliere se estendere il suo contratto con i Thunder. In ballo ci sono tanti tanti milioni e altri club che farebbero di tutto (compreso offrirgli un massimale, cosa che OKC al momento non può fare) per portarselo a casa.
Dopo l’oro di Londra, appartiene definitivamente all’establishment NBA.
Fear the Beard.
3. Manu Ginobili
Prima o poi assisteremo anche al suo declino. Doveva arrivare più o meno un lustro fa, ma stiamo ancora aspettando. E mentre aspettiamo Manu continua ad essere decisivo ogni volta che mette alluce in campo. Con Parker è lui il padrone dell’attacco degli Spurs che, non scordiamocelo, hanno raggiunto le finali di conference ad ovest la stagione passata. Il suo stile inconfondibilmente argentino lo ha reso uno dei giocatori più popolari del mondo, ma è anche uno dei più difficili da fermare, perché Manu ha tutto: tiro da fuori, penetrazioni, assist, difesa e qualsiasi altra cosa vorreste dalla guardia dei vostri sogni. Di botte ne ha prese e ne continua a prendere tante e per questo è soggetto a infortuni, ma se riesce a stare lontano dall’infermeria rimane il miglior sesto uomo della lega e gli Spurs ancora candidati all’anello.
2. Dwayne Wade
Ogni volta che stoppa un 7 piedi, recupera il pallone, dribbla il primo difensore, spara una fucilata al compagno in ala, per poi riceverla di nuovo e schiacciare in maniera jordanesca contro lo stesso 7 piedi di prima, tutto nella stessa azione, ci chiediamo se quello che abbiamo davanti non sia il miglior giocatore del mondo. La risposta è no, perché quel ruolo, soprattutto dopo l’estate, c’è l’ha il suo compagno di squadra che veste il numero 6, ma se Dwayne fosse la prima punta di una qualsiasi franchigia NBA, beh sarebbe considerato sicuramente tra i primi 3. E nonostante il collega, è ancora lui il vero uomo barometro degli Heat, capace di affossare da solo una difesa, ma anche di facilitare l’attacco con le sue letture e con la sua mera presenza. Magari quest’anno lo vedremo anche più aggressivo, con il fine di ricordarci che la leggenda di D-Wade è tutt’altro che finita.
1. Kobe Bryant
Dopo 16 anni di onorata carriera gli aggettivi per definire Kobe Bryant sono in esaurimento. Soprattutto perché non stiamo solo parlando della miglior shooting guard del pianeta, ma probabilmente dell’attaccante esterno più forte di tutti i tempi (MJ era un’altra cosa come giocatore totale). Non esiste ad oggi un metodo o una formula che impedisca al 24 di dominare a piacimento una partita anche perché, sostanzialmente, il suo gioco non ha punti deboli. Il trattamento ricevuto al ginocchio gli ha allungato la carriera (ad altissimi livelli) di almeno un paio d’anni è c’è da scommettere quindi che il suo nome comparirà fra i primissimi della classifica marcatori. Il fatto che sia a caccia del sesto anello lo pone di diritto in un olimpo abitato da pochissimi.
Nonostante l’età siamo sicuri che capeggerà anche la classifica delle shooting guard dell’anno prossimo. Grazie Kobe.