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NBA 13/02/2012, 10.18

Linsanity, l'incredibile storia di Jeremy Lin

Jeremy Lin, da quasi free agent a stella NBA in una settimana

NBA
Sinceramente non sappiamo da dove partire. Perchè questa è la storia più incredibile dell'era moderna della NBA, ed è tutta vera.
Proviamo, per i pochi marziani appena giunti sul pianeta terra, a metter un po' d'ordine, in attesa che la Disney ne faccia un lungometraggio di successo. Stiamo ovviamente parlando della Linsanity la follia per Jeremy Lin, la point guard che in poco più di una settimana ha conquistato il mondo cestistico e non, e che ha fatto dimenticare della famosa maledizione che sembrava affligere i Knicks i quali, pare, abbiano trovato in questo nerd dagli occhi a mandorla il talismano tanto cercato.
Ma, come detto, proviamo a seguire un ordine cronologico degli eventi al fine di aiutarci, un minimo, a capire  come tutto ciò sia successo.

Palo Alto, California. Qui è cresciuto il nostro, nella splendida cornice della baia di 'Frisco, luogo al quale, all'altissimo, sfuggì chiaramente la mano durante la creazione e dove fino a pochi mesi fa potevi prendere un caffè accanto a tale Jobs Steve, che qui ha dato vita alla sua personalissima rivoluzione. Insomma il luogo è di quelli adatti per iniziare il sogno americano, che James Truslow Adams profetizzò nel suo libro The Epic of America, specie per una coppia di Taiwanesi emigrati negli anni '70, i Lin appunto. Il figlio Jeremy, classe '88, fiero delle sue origine asiatiche tanto quanto della nazionalità americana, cresce come un normo teenager della baia, ma con una passione che di Taiwanese ha proprio poco, quella per il basketball.

Highlight. Giugno 2006, Kaezar Pavilion, San Francisco, California.
Nella baia il basket estivo inzia e finisce con la Pro-Am league, una lega estiva dove liceali, collegiali e qualche pro si affrontano in partite ad alto ritmo (e di buon livello). JL gioca per i South Bay Spartans, allenati da coach Mike Baldwin. Lin sta distribuendo bene il pallone ai compagni, ma appare assolutamente restio a tirare, sebbene il suo marcatore diretto sia più lento di un replay in slow motion. Coach Baldwin, chiama time out e va a muso duro verso la sua point guard: "Jeremy, attaccalo!". Jeremy esegue, ma per tre volte il suo tiro si spegne sul ferro in malomodo. Ci si aspetta che l'epserienza di Lin come attaccante finisca qui, invece il nerd prende palla, crossover, finta di passaggio e schiacciata. Silenzio e bocche spalancate in tutto il palasport.  Lin era appena uscito dalla Palo Alto high school ed era alla prima apparizione nella Pro-Am. La Linsanity inizia qui.

  Per Jeremy il college è una normale tappa della sua vita, visti anche i brillanti risultati scolstici, ma è ossessionato per un partcolare ateneo: Stanford, la celebre università californiana che sforna nobel e giocatori NBA con disarmante facilità. Lin si propone.
Picche, nonostante il suo nome come high schooler circoli eccome nell' emisfero cestisitico della baia.
Per la verità nessun college di Division 1 lo recluta e quindi Jeremy deve ripegare su Harvard. Perdonateci. Harvard? Quella Harvard? Si quella Harvard, una delle università più famose e accademicamente difficili non solo della nazione, ma anche del nostro emisfero. La Harvard che David Fincher ci ha magistralmente mostrato in The Social Network, la storia di Mark Zuckerberg l'inventore di Facebook anche lui ex frequentante della HU. Ora pare abbastanza logico dedurre che Lin avesse a quel punto abbandonato i suoi sogni cestistici visto che Harvard appartiene alla Ivy League, famosa per i dottori, ma non certo per i giocatori di basket.
Quattro anni con i Crimson, quattro stagioni stellari chiuse come l'unico giocatore della storia della Ivy League a registrare almeno 1450 punti, 450 rimbalzi, 400 assist e 200 palle rubate.

Highlight. 7 Gennaio 2009, Silvio O. Conte Forum, Chestnut Hill, Massachuttes.
La sirena che sancisce il termine dell'incontro è appena suonata e tutti cercano lo sguardo del giovane asiatico. Harvard ha appena sconfitto Boston College per 82-70 in uno storico upset. BC al momento era numero 17 del ranking, mentre HU rimaneva una squadra di futuri avvocati e governatori. Eccetto uno: Jeremy Lin autore di 27 punti. La serata è storica e la Linsanity continua.

JL si laurea con un punteggio di 3.1 in economia. Non male. Deve solo scegliere in quale banca portare i suoi talenti e inziare a fare i soldi. Ma non è così che vede la sua vita. Jeremy continua a coltivare il sogno di diventare un giocatore professionista di basket. Ed arriva il giorno del draft. Qualcuno lo da come tarda scelta al secondo giro, ma quando le luci si spengono nessuno ha pronunciato il nome Jeremy Lin accostato ad una squadra NBA.  Ancora una volta la logica vorrebbe che Jeremy si dedicasse ad altro, invece no. La squadra più internazionale della lega i Dallas Mavs nella persona dell'eccentrico, ma acuto, Donn Nelson, lo invitano alla summer league di Las Vegas. Jeremy gioca più che bene (appena sotto la doppia cifra di media) e non mostra alcun segno di paura o esitazione anche quando si trova faccia a faccia con la prima scelta assoluta John Wall in un duello che, i testimoni oculari, ricordano bene.  Ad essere impressionati dall'asiatico sono soprattutto i Golden State Warriors, la squadra della sua città, che gli offrono addirittura un biennale, contratto raro per un undrafted alla prima stagione NBA. Lin è fuori di se dalla gioia ed accetta in un nano secondo. La comunità asiatica della baia, una delle più grandi del paese e sicuramente quella con più tradizione è entusiasta a dir poco e la canotta numero 17 dei Warriors va a ruba. Sembra tutto evolversi per il meglio, ma la NBA non è un posto facile, un posto dove ti viene reglalto qualcosa solo perchè sei un underdog e ti sei fatto il mazzo per arrivare a fare la squadra.
Lin ben presto capisce cosa possa significare avere davanti in rotazione Monta Ellis e Stephen Curry. I minuti di gioco sono quelli che sono, pochi, e Lin viene spedito in D-League ai Reno Bighorns ben 3 volte durante l'anno.
Il primo anno da professionista lo trascorre quindi da spettatore non pagante, dispuntando 29 incontri con meno di 10 minuti di media. Per la prima volta nella sua vita Jeremy Lin sembra dubitare delle proprie capacità.
Estate 2011, Lockout NBA. Jeremy segue con impazienza le trattative (per altro visto il suo titolo di laurea da Harvard poteva essere ipotizzabile un suo ruolo all'interno del sindacato giocatori) fiducioso di poter tornare a giocare per i "suoi" Warriors. La stagione slitta di qualche mese e il suo agente gli fa capire che il vecchio continente potrebbe essere una valida soluzione e non necessariamente a tempo determinato. Ma complice un leggero infortunio ad un ginocchio Jeremy non si muove dagli States (ad eccezione di una mini tournè cinese).
La stagione finalmente riparte, ma il premio dell'attesa per Lin è di dubbio gusto: viene tagliato al primo giorno di training camp causa necessità di spazio salariale. Il nostro non ha neanche il tempo di realizzare che subito viene chiamato dai Rockets. Houston lo vuole come cambio di Lowry e Lin è determinato a non deludere il suo nuovo staff tecnico. Passa il training camp e anche la pre-season, ma Houston ha disperatamente bisogno di un lungo da affiancare a Scola. Il 25 dicembre, l'opening night della lega, i Rockets tagliano Lin per far spazio salariale a Samuel Dalambert. Ancora una volta non c'è neanche il tempo di fare ritorno a casa che lo chiamano i New York Knicks.

Highlight. 8 Febbraio 2012, Verizon Center, Washington, D.C.
Jeremy Lin ha appena oltrepassato la metà campo, quando guarda negli occhi il suo marcatore, John Wall. Si, quel John Wall. Tyson Chandler si porta alla destra del nostro per il pick n' roll e Lin si sposta sulla sua mano forte, ma poi improvvisamente cambia mano, torna sulla sinistra e punta dritto il canestro. Wall, che ha abboccato alla finta si volta e vede il 17 prendere velocità. L'aiuto non arriva, arriva invece una schiacciata, come quella che sorprese gli spettatori presenti al Pavilion anni addietro. Il boato del Verizon Center è il suono dell'incredulità la stessa di chiunque abbia visto quell'azione. Che sta combinando Jeremy Lin?
La Linsanity è esplosa.

Lin approda in un club alla deriva. A coach D'Antoni manca una point guard, in attesa che il Barone recuperi (per la cronaca: ad oggi noi scommettiamo su un forfait stagionale di Davis) dall'infortunio che lo tiene in borghese. JL gioca il garbage time delle partite, osannato dal pubblico newyorkese da sempre simpatizzante degli undrafted, meglio se con i tratti appartenenti alle cosi dette minoranze. La stagione dei blu arancio sta naufragando in acque molto pericolose e a Jeremy capita anche di tornare in D-League: un match con i BayHawks e una tripla doppia, 28 punti, 12 assist e 11 rimbalzi. Nel frattempo si sta ancora ambientando nella grande mela soprattutto per quanto riguarda l'alloggio; la soluzione temporanea lo vede ospite a casa del fratello, Josh, studente iscritto alla New York University.
Poi arriva il 4 febbraio 2012. 24 ore prima il fratello lo ha esortato a trovare una soluzione per la notte, dato che è prevista compagnia in casa del Lin minore. Jeremy opta per il divano di Landry Fields.
La sera si gioca contro i New Jersey Nets di Deron Williams, e coach D'Antoni decide di farlo giocare per davvero. La Linsanity diventa leggenda: 25 punti, 7 assist e W per i Knicks. Il Garden lo osanna neanche fosse John Starks, altro Knick undrafted entrato nella storia. Ma siamo solo all'inizio. Quello del divano di casa Fields fa il protagonista anche due giorni dopo contro gli Utah Jazz segnando 28 punti e smazzando 8 assistenze. Jeremy Lin è sulla bocca di tutto il pianeta NBA, una partita giocata alla grande ci può stare, ma due di fila è roba da fuori classe. In città non si trovano più le maglie numero 17 di Lin e quel che più conta si riparla dei Knicks in termini postivi. L'8 febbraio i Knicks volano a Washington per la sfida contro i Wizards e tutti vogliono vedere di che pasta è fatto l'americo-taiwanese. La pasta è quella giusta, 23 punti (compreso l'highlight di cui sopra) 10 assist e terza vittoria consecutiva. Impazziscono tutti, ma proprio tutti. I giornali della mela hanno parole solo per Lin e accusano coach Mike di non essersi accorto prima di avere la miglior point guard del mondo a scaldare la panchina, c'è chi adirittura suggerisce di scambiare uno fra Stoudamire e Melo per racimolare i soldi al fine di rifirmare JL. Si stampano le magliette con gli slogan del momento: Lin-possible, Linsane e la più bella WWJLD (What Would Jeremy Lin Do?). La città è letteralmente ai suoi piedi, specie perchè il 10 febbraio al Madison sono attesi i Lakers del dott. Bryant che interrogato sulle super prestazioni del nostro uomo risponde: "Non ho idea di cosa state parlando" e nessuno, neanche Kobe, si può permettere di  trattare così il nuovo fenomeno. A questo punto accade l'impensabile: Jeremy Lin, quello non scelto al draft, quello che dormiva dal fratello, il nerd, segna 38 punti in faccia ai gialloviola e al loro beneamato swag. 38 punti contro i 34 di KB24, conditi dai soliti 7 assist e dall'insolita vittoria, la quarta in fila per knickerbockers.
Il fenomeno diventa planetario, i numeri dicono che mezza Asia era davanti alla TV a vedere le gesta del loro nuovo eroe che, in pratica, sta ereditando la base tifosi di Yao Ming. Su Youtube impazza letteralmentre il Jeremy Lin Show e si perde il conto degli addetti ai lavori che giurano che sono anni che sponsorizzano il talento dell'uomo da Palo Alto. Persino Magic trova parole d'elogio per la point guard che ad ogni viaggio in lunetta viene accompagnato dal coro del pubblico "MVP, MVP...", di solito riservato a giocatori con altro background.
L'ultima puntata ieri notte in quel di Minneapolis dove Jeremy Lin ha segnato 20 punti, tirando male, 8-24 (soprattutto 1-13 nel secondo tempo), ma guadagnandosi il fallo decisivo che ha portato i suoi alla quinta W consecutiva.

Questa è la storia di Jeremy Lin, la storia più incredibile della NBA moderna. La storia di un americano, ma di origini taiwanesi, non scelto al draft che ha fatto di tutto per diventare un giocatore NBA. Ha fatto di tutto tranne una cosa: arrendersi.

Avvisate i dottori, la Linsanity ha contagiato tutti e non sembra esserci antidoto.
© Riproduzione riservata
E. Carchia

E. Carchia

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Comments Occorre essere registrati per poter commentare 10 Commenti
  • thewiz 14/02/2012, 11.36

    astutissima mossa di marketing della nba. Stranamente lo sconosciuto Lin appartiene alla più grande comunità straniera degli Stati Uniti. Ancora più stranamente va a giocare a New York...risultato, zero spese e molti soldi incassati. C'è sempre da imparare da questi signori!!

  • cybermax 13/02/2012, 21.34

    Se Lyn non sarà una cometa di passaggio nel firmamento NBA allora ne vedremo delle belle. Un grandissimo giocatore!

  • sircharles2 13/02/2012, 20.07

    L'unico sogno degli italiani è vincere al superenalotto, come dice quella ridicola pubblicità

  • Yaomingmania 13/02/2012, 11.58

    complimenti anche da parte mia per l'articolo, ormai uso Lin anche in 2k12.

  • cadeo 13/02/2012, 11.36

    Complimenti al giornalista che ha redatto questo articolo, bravo. (e complimenti anche a Lyn)

  • SenzaBenza 13/02/2012, 11.29

    Non sarà una pippa, ma solo al circo, ehm in nba, ste cose accadono...

  • lontano 13/02/2012, 11.20

    bellissimo pezzo!

  • Maz199 13/02/2012, 10.31

    ... americani ...