I Sixers, l'arrivo di Jerry Colangelo e le possibili ripercussioni sul 'The Process'
Con l'arrivo di Jerry Colangelo, a Philadelphia ci si chiede che cosa ne sarà del 'The Process' lanciato da Harris e da Sam Hinkie due anni e mezzo fa. In tutto questo il possibile ruolo della NBA getta delle ombre sul rebuilding
Lunedì sera, poche ore prima della pesantissima sconfitta interna contro i San Antonio Spurs, i Philadelphia 76ers hanno fatto un annuncio a sorpresa, facendo entrare Jerry Colangelo, storico owner ed executive NBA, all'interno del front-office come chairman of basketball operations e special advisor. Una notizia davvero sorprendente, considerando che non c'era stata nessuna anticipazione e che negli ultimi 2 anni Hinkie era stato l'unico vero decisore all'interno del front-office.
Durante la conferenza stampa di presentazione, Josh Harris, owner di maggioranza dei Sixers, ha fatto la sua parte, dicendo che l'arrivo di Colangelo non cambia l'idea di base del progetto di Philadelphia e che Sam Hinkie continuerà ad essere il principale responsabile decisionale. Colangelo, dal canto suo, si è detto pronto a collaborare con Hinkie, dando consigli e suggerimenti e sfruttando il suo bagaglio di esperienza. All'apparenza, dunque, la mossa dei Sixers è molta sensata. Ingaggiare uno dei personaggi più rispettati del basket americano, cercando di dare maggiore credibilità ad un progetto che, soprattutto nelle ultime settimane, stava subendo attacchi da tutte le parti. Colangelo è un uomo di grande esperienza e soprattutto è molto più propenso ad esporsi con i media, l'esatto opposto di Hinkie, che parla un paio di volte all'anno, quando va bene, e tende ad essere sempre molto abbottonato con i giornalisti. Inoltre, Colangelo può dare una grossa mano nel rapporto con gli agenti, anche questo incrinatosi durante la gestione Hinkie, spesso portato a tagliare e girare i giocatori senza farsi tanti problemi, cosa certamente non illegale ma che tende ad infastidire gli agenti, che vedono poco rispettati i loro assistiti. Sulla carta, quindi, tutto bene. Colangelo viene assunto per permettere ad Hinkie di fare bene il suo lavoro, senza dover pensare più di tanto alle pressioni che vengono dalla stampa e dagli agenti.
Come spesso accade, però, dietro questa decisione c'è molto altro. Partiamo da un presupposto: non si assume uno come Jerry Colangelo, se si è del tutto soddisfatti della direzione della franchigia. Se Joshua Harris ha deciso di compiere questo passo, è perchè non era del tutto soddisfatto del lavoro di Sam Hinkie, altrimenti non avrebbe avuto senso assumere un uomo del calibro di Colangelo. Anche in conferenza stampa Harris ha dichiarato che il difficile inizio di stagione l'ha convinto che dei cambiamenti erano necessari e che questa decisione è mirata ad "accelerare il percorso intrapreso". Anche questa è un'affermazione quantomeno strana. In questi due anni Harris aveva dimostrato grande pazienza e soprattutto grande indifferenza nei confronti delle critiche che venivano dall'esterno. La decisione di intraprendere un progetto di ricostruzione così estremo, infatti, era stata proprio di Harris. Durante i colloqui con Hinkie, l'ex executive dei Rockets aveva proposto due differenti strade alla proprietà dei Sixers: mantenere il gruppo di quel momento (Holiday, Thad Young, Hawes ecc) e cercare di migliorare da lì, puntando ai playoffs, oppure buttare giù tutto e ricostruire dalle fondamenta, cercando di acquisire più asset futuri possibili. Harris scelse la seconda strada perchè non gli interessava una squadra che arrivava al primo turno dei playoffs per essere spazzata via e rimanere sempre nel mezzo ma voleva ricostruire e cercare di pescare dei grandi talenti dal draft. Hinkie, dunque, non ha fatto altro che seguire la strada indicatagli dalla proprietà, ricostruendo da zero il roster e acquistando diverse scelte future. Allora perchè cambiare strada proprio adesso, quando era abbastanza evidente che dall'anno prossimo il 'The Process' avrebbe iniziato ad assumere forma in modo più definito con almeno altre due potenziali scelte molto alte, il probabile ritorno di Embiid e il più che probabile arrivo di Saric dall'Europa? E' stata la vicenda Okafor, che ha avuto moltissima esposizione mediatica, a far cambiare idea ad Harris? Oppure il pessimo inizio di stagione, che non era poi tanto diverso da quello dell'anno scorso?
Anche in questo caso la spiegazione è più complessa. La situazione di Okafor ha sicuramente inciso, soprattutto la decisione di Hinkie di mantenere il silezio durante la vicenda. Ma come riportato da Jeff Zilgitt e Brian Windhorst, dietro la decisione dei Sixers di assumere Jerry Colangelo c'è la mano della NBA, e in particolar modo di Adam Silver, commissioner della lega. Già l'anno scorso la NBA aveva provato a mettere quantomeno un freno al rebuilding in stile Sixers cercando di approvare una riforma della lottery. Quella riforma, però, non venne approvata perchè le squadre appartenenti ai piccoli mercati temevano che potesse sbilanciare ancora di più il potere della lega verso i grandi mercati. L'intervento della lega, con il consiglio ad Harris di assumere una persona come Colangelo e cercare di modificare il percorso in corso, è stato dettato da un motivo soltanto: i soldi. In questi due anni e mezzo i Sixers hanno incassato molto poco per quanto riguarda la vendita dei biglietti. I proprietari delle altre squadre si erano lamenti con Silver perchè ogni volta che ospitavano i Sixers la vendita dei biglietti era sempre ridotta al minimo e gli incassi non portavano i frutti sperati. Da un mercato comunque di grandi dimensioni come Philadelphia (anche se i Sixers non sono mai stati un big market quando si tratta di attrattiva sui free-agent, uno dei punti deboli storici della franchigia della Pennsylvania, che ha sempre fatto fatica ad attirare free-agent di grande spessore sul mercato), ci si aspetta che a fine stagione arrivino parecchi dividendi, invece negli ultimi anni questo non è mai successo, proprio perchè la squadra non era certo costruita per attrarre il pubblico ma semplicemente per far crescere i giovani e ottenere una scelta alta a fine stagione. Le pressioni degli owner hanno spinto Silver a contattare Harris e proporgli questa soluzione, cioè ingaggiare una figura di alto spessore come Colangelo e cercare di 'accelerare' il percorso di crescita della squadra, rendendola più appetibile al pubblico.
Questa ipotesi, che fra l'altro è stata parzialmente confermata dallo stesso Colangelo, che ha amesso che ci sono state delle conversazioni tra lui, Silver e Harris, dimostra ancora una volta come il percorso di ricostruzione di una franchigia, qualunque sia la strada scelta, possa essere condizionato da decine di fattori, incluso l'intervento della NBA. Questa decisione di Silver potrebbe rappresentare un pericoloso precedente per chi volesse intraprendere una strada simile a quella di Philadelphia e mostra, se ce ne fosse ancora bisogno, come siano i soldi a muovere tutti gli ingranaggi. Non si tratta del primo intervento della NBA nella gestione di una franchigia, quando Stern era commissioner ci fu la famosa trade che avrebbe portato Chris Paul ai Lakers che venne rifiutata dalla lega, perchè in quel modo i Pelicans avrebbero innalzato ulteriormente il loro monte salari e dunque i proprietari delle altre 29 squadre avrebbero dovuto tirare fuori altri soldi di tasca loro, considerando che in quel momento i Pelicans erano di proprietà della NBA. Ma il tipo di ingerenza che pare essere stato esercitato sui Sixers è di natura diversa, lancia un messaggio preciso: potete scegliere la strada che volete per costruire la squadra, fin quando non ci fate perdere dei soldi. Ed è abbastanza chiaro come questo sia anche un tentativo di non stimolare altre squadre a fare quello che in questi due anni e mezzo si è cercato di fare a Philadelphia.
Dopo aver analizzato le motivazioni dietro la decisone di Harris, rimane un punto interrogativo piuttosto importante, soprattutto per i tifosi di Philadelphia: che cosa succede adesso? chi sarà davvero a prendere le decisioni all'interno della franchigia? Anche qui è necessario fare qualche premessa.
Jerry Colangelo ha 76 anni e continuerà a vivere a Phoenix, anche se ovviamente sarà totalmente disponibile con i media e soprattutto nei primi tempi si troverà spesso a Philadelphia. L'ex owner dei Suns non è arrivato a Philadelphia per fare il GM a tempo pieno, gestendo tutte le attività quotidiane. Non ricopre quel ruolo da più di 20 anni e non ha intenzione di ritornare a farlo adesso. Inoltre, Colangelo è ancora il principale responsabile tecnico di Team USA e la sua presenza è il motivo principale per il quale Gregg Popovich ha accettato la panchina della nazionale. Colangelo non ha nessuna intenzione di diminuire i suoi impegni con la nazionale e per questo non sarà lui a gestire le attività quotidiane dei Sixers, quel ruolo continuerà a spettare a Sam Hinkie, che mantiene le sue funzioni di GM e presidente esecutivo. Allo stesso tempo, però, Colangelo non è certo arrivato a Philadelphia per fare solamente l'uomo immagine. Chiunque conosca l'ex owner dei Suns, dichiara la stessa cosa: "Se Jerry ha accettato l'incarico offertogli da Philadelphia, è perchè avrà un certo tipo di autonomia e di responsabilità. Jerry non è tipo da mettersi in seconda fila e stare zitto tutto il tempo". E questo aspetto era abbastanza evidente, un uomo con l'esperienza e il pedigree di Colangelo (eletto quattre volte executive dell'anno in NBA e che ha letteralmente costruito la storia dello sport dell'Arizona negli ultimi 30 anni, ottenendo successi anche nel mondo del baseball e del basket femminile), non viene per fare l'uomo immagine. Colangelo, dunque, avrà voce in capitolo sulle decisioni tecniche e assisterà Hinkie nel suo lavoro.
L'interrogativo principale è: Colangelo e Hinkie potranno lavorare davvero insieme? Questa è forse la domanda più difficile alla quale rispondere. E' chiaro che per capire che cosa succederà bisognerà aspettare e vedere come si svilupperanno le dinamiche di potere all'interno del front-office. Colangelo si prenderà qualche mese per capire tutti gli aspetti del lavoro di Hinkie e poi si muoverà. La collaborazione potrebbe funzionare, con Colangelo che magari potrebbe convincere Hinkie a limare alcuni aspetti della sua politica, possibilmente dando più spazio ai giocatori veterani, anzichè costruire un roster fatto da 13-14 giovanissimi. Insomma, trovare una via di mezzo tra i metodi di Hinkie e l'esperienza di Colangelo. Le cose, però, potrebbero andare anche in modo diverso, con Colangelo che potrebbe fare pressione su Harris affinchè faccia fuori Hinkie e metta al suo posto un GM più malleabile, ipotesi avanzata anche da Adrian Wojnarowski in un suo articolo. Qualcuno pensa che si potrebbero aprire le porte per un ritorno del figlio di Jerry, Bryan, nel mondo NBA. Se questa fosse davvero la strada, i Sixers rischierebbero di fare un salto indietro piuttosto grosso, considerando le scarse abilità di Bryan Colangelo in materia di draft e free-agency.
Riuscire a trovare un equilibrio tra le parti in causa sarebbe fondamentale ma come al solito certe cose sono molto più facili sulla carta che nei fatti. Hinkie in questi anni ha lavorato con piena libertà e avendo la protezione della proprietà. Ha sempre avuto l'ultima parola su qualunque movimento di mercato e anche sugli investimenti extra-campo (la nuova practice facility, l'acquisto di una franchigia di D-League ecc, gli ingenti investimenti in materia di scienza dello sport e del tracking dei giocatori attraverso nuove tecnologie). Con l'arrivo di Colangelo, Hinkie non potrà avere lo stesso tipo di libertà e questo potrebbe anche convincerlo a cambiare aria, se la collaborazione non dovesse funzionare. Non che Colangelo non sia un dirigente di alto spessore ma la sua età e le parole di Harris lasciano presagire l'intenzione di accelerare i tempi del progetto, cosa per la quale i Sixers non sembrano essere ancora pronti. Fare una serie di movimenti di mercato mirati a migliorare la squadra nell'immediato potrebbe essere controproducente, perchè si potrebbero sacrificare importanti asset futuri per qualche W in più nel corso della stagione ma che difficilmente andrebbe a cambiare realmente qualcosa a livello di competitività della squadra. Fare il passo più lungo della gamba, magari scambiando giovani e scelte per arrivare ad una pseudo-star servirebbe davvero a poco a Philadelphia in questo momento e rischierebbe di far ripiombare i Sixers in quella stessa situazione dalla quale stanno cercando di uscire: ovvero l'eterna mediocrità.
Fin dal post 2001, l'ultimo anno nel quale i Sixers hanno raggiunto le NBA Finals, le varie dirigenze dei Sixers hanno sempre cercato la strada più breve per arrivare al successo, impostando una serie di trade per affiancare ad Iverson il pezzo mancante. Ma i risultati sono stati sempre fallimentari (vedi Chris Webber) e anche dopo l'addio di Iverson, ceduto ai Nuggets, Philadelphia non ha mai avuto il coraggio di ricostruire con pazienza, avendo sempre la tendenza a strapagare giocatori che non erano in grado di fare davvero la differenza e impostando trades dal dubbio valore tecnico. Quello iniziato da Harris ed Hinkie è stato il primo vero progetto chiaro e definito di ricostruzione della franchigia negli ultimi 15 anni e adesso rischia di non proseguire dopo neanche tre anni dal suo inizio. Se Harris decidesse di fare davvero marcia indietro e rinunciare a quanto fatto negli ultimi due anni e mezzo, dimostrerebbe ancora una volta che quando si tratta del processo di costruzione di una squadra nel tentativo di arrivare al top non sono tanto i giocatori o il GM a fare la differenza ma la proprietà. Non si tratta di Hinkie o Colangelo ma di Harris, è lui che ha nelle mani il potere di decidere il futuro di questa franchigia. Due anni e mezzo fa aveva scelto una strada, pentendosi della trade per Bynum che non aveva portato i frutti sperati, adesso sembra disposto a cambiare ancora una volta idea sul futuro della sua franchigia.
Durante la sua lunghissima esperienza a Phoenix, Colangelo non è mai stato lontano dai playoffs per più di tre anni e ha cambiato il volto della squadra almeno quattro volte. Questo è un indice di quanto Colangelo sia comunque flessibile e disposto al dialogo ma allo stesso tempo quanto ci tenga a vincere e tenere una squadra il più possibile competitiva. Che strada prenderanno davvero i Sixers nei prossimi mesi non è ancora dato saperlo, ma come detto in precedenza non è un discorso di Hinkie VS Colangelo ma tutto gira intorno ad Harris e alla sua volontà.
Accelerare il percorso è un'ambizione più che legittima, l'importante è essere consapevole dei rischi che questa scelta potrebbe comportare. I Sixers si trovano all'ingresso di una curva, sta ad Harris decidere come affrontarla. Una velocità troppo alta potrebbe anche portare ad una sbandata ma forse Harris non ha più voglia di essere quello che viene sorpassato dalle macchine che arrivano da dietro.
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