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NBA 16/07/2015, 03.00

Doppio palleggio: NBA e conflitto di interessi degli agenti

Nella traduzione odierna da Grantland si parla di agenti e conflitto di interessi

NBA

Torna l'appuntamento con la traduzione da Grantland di Giacomo Sauro. Si parla di NBA e conflitto di interessi nel pezzo di Zach Lowe "Double Dribble: The Conflict of Interest Concern With Agents Representing Players and Coaches"



La National Basketball Players Association sta vagliando l’ipotesi di mettere fine alla consuetudine dei procuratori di rappresentare sia gli allenatori sia i giocatori e, secondo varie fonti, potrebbe giungere a una decisione verso la fine di questo stesso mese, quando a Las Vegas si riunirà il comitato esecutivo.

Secondo quando stabilito dal regolamento della NBPA gli agenti dei giocatori non possono “rappresentare il General Manager o l’allenatore di qualsiasi squadra NBA [...] sia per quanto riguarda il suo ruolo professionale sia per qualsiasi altro aspetto per cui esista un coinvolgimento finanziario o di altra natura con qualsiasi squadra NBA”. La norma specifica anche come lo stesso procuratore non possa rappresentare gli assistenti allenatori o altri dirigenti gerarchicamente inferiori al GM.

Tuttavia queste disposizioni sono da molto tempo praticamente in disuso. Alcuni agenti che si sentono danneggiati dalla politica lassista dell’associazione hanno contattato Michele Roberts, direttrice esecutiva della NBPA, non appena questa ha preso possesso della carica, nel luglio 2014, per chiederle un cambio di rotta. “Ero in carica da un quarto d’ora e già avevo ricevuto le lamentele di parecchi agenti che sostenevano che la norma non venisse applicata, e anzi che fosse apertamente violata”, racconta Roberts.

I sostenitori più fieri di una stretta normativa sono da una parte gli agenti con la sola procura di allenatori e dirigenti, dall’altra le piccole agenzie, che accusano i pesci grossi di sfruttare a proprio vantaggio i rapporti con allenatori e GM per attrarre i giocatori. “I problemi possono nascere quando un agente utilizza il proprio rapporto diretto con un allenatore per ottenere altre procure”, sostiene Roberts.

Se alcuni agenti non nascondono di rappresentare allo stesso tempo giocatori e dirigenti, la maggior parte delle agenzie più grandi crea, all’interno della propria struttura, diversi reparti operativi, una pratica conosciuta come “la muraglia cinese”. Giusto per citare un esempio di spicco: Jeff Schwartz, fondatore della Excel Sports Management, aveva la procura di Jason Kidd durante la sua carriera da giocatore; quando Kidd è diventato allenatore, Schwartz ha passato l’incarico a Hal Biagas, un altro agente, della Excel anche lui, nonché ex legale dell’associazione giocatori.

La NBPA ha sostenuto per molto tempo che, con questa divisione interna, le agenzie ottemperassero alla regola. Le agenzie affermano infatti che non sarebbe giusto privare i giocatori di consulenti che li seguono dall’inizio della carriera, anche se poi quegli stessi giocatori passano a ricoprire ruoli societari. Roberts conosce bene la pratica della “muraglia cinese” perché in passato ha lavorato in grossissimi studi legali, ed è per questo che quasi tutti gli addetti ai lavori sono convinti che alla fine l’associazione sceglierà di mantenere lo status quo.

Non si placherà dunque il malcontento degli oppositori, convinti che il predetto status quo generi evidenti conflitti di interessi. Le rose delle squadre di Brooklyn e Milwaukee a guida Kidd sono state pesantemente infarcite di clienti della Excel, tra cui Rashad Vaughn, prima scelta dei Bucks all’ultimo draft. Secondo varie fonti interne alla NBA, alla fine Milwaukee doveva scegliere tra Vaughn e Bobby Portis (un assistito di Mark Bartelstein), quindi la scelta finale di Vaughn non ha destato precisamente scalpore negli ambienti della lega.

Alcune voci sostengono invece che Milwaukee seguisse da molto vicino Vaughn da più di un anno e che la valutazione in sede di draft tra Portis e Vaughn fosse il tipico iter di ogni sala operativa. Milwaukee ha anche rimesso sotto contratto Khris Middleton, cliente della Excel anche lui, per cinque anni e la cospicua cifra di 70 milioni di dollari, che è sì inferiore al massimo conferibile a Middleton ma non si tratta certo degli spicci (o quasi) che i critici dello status quo si sarebbero aspettati. Lo scorso aprile Middleton mi ha detto di non aver nessun problema con il profondo inserimento della Excel nei Bucks, e d’altra parte altri agenti altrettanto potenti intrattengono rapporti analoghi con altre squadre. Arn Tellem, per esempio, aveva legami molto stretti con varie squadre, mentre è risaputo che la CAA avesse la procura di quasi tutti i membri di spicco dei Knicks (giocatori o dirigenti che fossero), prima dell’arrivo di Phil Jackson. Magari i complottisti ingrandiranno l’importanza di tali rapporti, ma è comunque ingenuo pensare che al momento della scelta dei giocatori questi rapporti non influenzino affatto le decisioni.

Nessuna società utilizza come principio fondamentale nella costruzione della squadra il compiacere i legami che la uniscono a un’agenzia, ed è normale che un giocatore che passa dietro la scrivania voglia rimanere con il procuratore di cui si è sempre fidato. Le amicizie tra proprietari e procuratori possono indirizzare i trasferimenti dei giocatori, ma non c’è nessuna norma che vieti a Mark Cuban e a Dan Fegan, rappresentante sia di DeAndre Jordan sia di Chandler Parsons, di sviluppare un rapporto vantaggioso per entrambi.

Roberts e altri sostengono che esitano solo due soluzione realistiche per superare la situazione attuale.

1. Abrogare direttamente la norma. Le associazioni giocatori di altre leghe, inclusa la NFL, non hanno nessuna politica per regolamentare il conflitto di interessi degli agenti. Lasciamo tutto alla luce del sole, così che le agenzie non debbano sforzarsi di truccare l’apparenza.

2. Vietare lo stratagemma della “muraglia cinese” e obbligare anche le agenzie più grandi a scegliere tra le procure dei giocatori o dei dirigenti. Questo provocherebbe un terremoto, ed è difatti la soluzione meno probabile.

“Qualunque cosa facciamo ci sarà qualcuno a cui non starà bene”, dice Roberts. “Ho rispetto per gli agenti e non voglio mettermici contro senza motivo. Io però non lavoro per loro. Io lavoro per i giocatori”.

E aggiunge: “Per ora la mia unica posizione è che faremo scrupolosamente rispettare la norma che sceglieremo; qualunque essa sia”.

Di Giacomo Sauro

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Comments Occorre essere registrati per poter commentare 2 Commenti
  • alert 16/07/2015, 07.56

    Dovrebbero usare la seconda opzione, ma sceglieranno la prima.

  • SirNBA 16/07/2015, 03.02 Mobile

    Voto per lo status quo