La scalata di Erik Spoelstra: sangue, sudore e un videoregistratore
Una retrospettiva sul percorso che ha portato Erik Spoelstra a diventare coach e leader dei Miami Heat. Da una stanza senza finestre con un videoregistratore ad essere due volte campione NBA.
Quando uno nasce con la fissa del basket c'è poco da fare, questo sport lo accompagnerà fino alla tomba, un amore senza fine e un'ossessione incancellabile. Questo è stato il basket per Erik Spoelstra fin dalla sua nascita nel 1970 nell'Illinois, papà americano e mamma di origini filippine.
Ai tempi della high-school, Spoelstra è una point-guard molto promettente alla Jesuit High School di Beaverton, Oregon. Il ragazzo riceve anche un invito, poco prima del suo ultimo anno di high-school, per il Nike All-Star Camp organizzato da Sonny Vaccaro, insieme ad alcuni dei migliori talenti del paese, gente del calibro di Alonzo Mourning e Shawn Kemp. Quando è tempo di andare al college, Erik non ha dubbi e sceglie di andare a Portland, rimanendo vicino casa. Spoelstra sarà la point-guard titolare per 4 anni, viaggiando ad una media di 9.2 punti, 4.4 assist e 2.4 rimbalzi. Ancora oggi Spoelstra detiene diversi record della scuola e riuscì a realizzare più di 1,000 punti complessivi nel corso della sua esperienza al college. Nel 1992 si presenta al draft NBA ma non viene scelto, l'interesse di alcuni scout c'era ma, allo stesso stempo, esistevano anche molti dubbi sulle condizioni della sua schiena, che gli aveva dato già problemi al college.
A quel punto per Spoelstra arriva la svolta della carriera: dalla Germania arriva un'offerta da un piccola squadra della Westphalia, il Tus Herten. Erik firma un contratto biennale da giocatore e assistente allenatore, diventando anche l'allenatore della squadra giovanile del Tus Herten. Alla fine del suo secondo anno in Germania, Erik torna ad avere problemi alla schiena ed è costretto ad operarsi. Il ragazzo capisce che la sua carriera da professionista, con ogni probabilità, è finita lì ma il club tedesco gli offre un nuovo contratto biennale come assistente allenatore. In Germania, però, in quel periodo c'era anche Chris Wallace, direttore del personale giocatori dei Miami Heat. Wallace è in Germania per visionare alcuni giocatori e va a fare una visitina anche al giovane Erik. Il perchè della visita, in realtà, è piuttosto semplice: Wallace è uno dei migliori amici di Jon Spoelstra, il papà di Erik. Jon, infatti, era stato il primo ad offrire un lavoro in NBA a Wallace ai tempi dei Portland Trail Blazers e da quel momento i due hanno sempre avuto un ottimo rapporto di amicizia.
Jon Spoelstra, allora, chiede a Wallace se ai Miami Heat c'è un ruolo, anche minimo, per il figlio: "Guarda, Erik è pronto a fare qualunque cosa, sarebbe disposto pure a portare gli asciugamani per lavorare in NBA".
Wallace, che è molto grato a Jon Spoelstra, riesce a convincere Dave Wohl, il GM degli Heat di quel periodo, ad assumere Erik, inizialmente come una sorta di tuttofare ma con la possibilità di diventare assistente video-coordinator. Erik Spoelstra, allora, parte per Miami e, proprio come promesso dal padre, fa letteralmente di tutto per la squadra: porta gli asciugamani, prende i rimbalzi per i giocatori durante le sessioni di tiro e in un piccolo ufficio, grande come un buco e senza finestre, lavora con il video-registratore e prepara del materiale per il video-coordinator.
Come riportato da Lee Jenkins nel suo splendido pezzo su Sport Illustrated, Spoelstra ha l'opportunità di stare sul campo con Dan Majerle, di alzare pesi con Alonzo Mourning e Tim Hardaway e di vedere Pat Riley fare partire un allenamento alle 9.30 di mattina e farlo terminare alle 4.30 del pomeriggio, concludendo con un messaggio piuttosto chiaro ai suoi: 'Pensate che questo sia stato duro? Questa non era neanche una completa giornata lavorativa americana!"
Pian piano Spoelstra acquista sempre più stima e considerazione all'interno della franchigia e diventa ufficialmente il video-coordinator della squadra. Ma il suo ruolo non si limita solo a visionare gli avversari e creare film delle partite, Erik continua ad essere una sorta di tuttofare. Durante un workout pre-draft, Spoelstra viene messo contro un prospetto che gli Heat dovevano visionare e lo sfianca del tutto con la sua pressione difensiva. Uno scout dei Magic, che non aveva mai visto prima Spoelstra, dice: 'Chi diavolo è quel tizio?'
Tony Fiorentino, uno degli assistenti degli Heat di quel periodo, parla di Spoelstra come di un uomo talmente determinato da mettere da parte qualunque altra cosa che non fosse il basket: 'Non era solo molto sveglio, era anche un tipo tosto. Non era il classico analyst davanti ad un computer che cerca di capire il basket, era un ex giocatore di basket che cercava di imparare le analisi al computer."
Il tempo passa e Spoelstra diventa sempre più importante negli Heat: conversazioni quotidiane con Stan Van Gundy, report da consegnare direttamente a Pat Riley (rigorosamente su carta blu, come voluto dal grande capo) e una capacità di analisi che era sempre più richiesta. Il piccolo appartamento che Spoelstra aveva su Brickell Avenue venne svaligiato ben 3 volte durante i suoi primi anni a Miami e quando il suo coinquilino si lamentò per le cose che aveva perso, Erik rispose a modo suo: 'Hanno preso anche la mia polo nera? E' l'unica cosa che mi interessa"
Passano gli anni e Spoelstra colleziona promozioni, fino all'Aprile del 2008 quando diventa head-coach degli Heat con il benestare di Pat Riley, che decide di mettersi dietro una scrivania. Nel 2010 Riley riesce a mettere su i Big Three con l'arrivo di Lebron James e Chris Bosh, Spoelstra sarà l'allenatore che dovrà guidare una delle squadre con maggiori aspettative nella storia del gioco. Dopo un inizio difficile, con la squadra che arriva a 9 vittorie e 8 sconfitte, Spoelstra riesce a trovare il giusto ingranaggio per far funzionare tuto a dovere e la squadra vince 21 delle successive 22 partite giocate. Il coach mette Lebron e Wade uno contro l'altro durante gli allenamenti per aumentare il livello della competizione e per far scattare quella scintilla che sembra ancora mancare alla squadra. Durante gli anni dei Big Three, gli Heat prenderanno diversi schiaffi ma saranno sempre in grado di rialzarsi e buona parte del merito va proprio a coach Spoelstra.
"In molti diranno che tutti potevano fare quello che ha fatto Erik con quella squadra," dichiara Stan Van Gundy, attuale coach dei Detroit Pistons. "Ma io la penso diversamente, un giorno porterò i miei nipoti a vedere la foto di Erik nella Hall Of Fame". C'erano momenti in cui quella squadra difendeva come i migliori Bulls e attaccava con la fluidità dei migliori Spurs.
Per molti osservatori superficiali Spoelstra era solo la babysitter dei Big Three, uno messo lì solo ed esclusivamente perchè voluto da Riley e che aveva la stessa autorità di un burattino. In realtà, non c'è niente di più lontano dalla realtà, Spoelstra controllava lo spogliatoio con grande forza e autorevolezza. Erik, infatti, è anche l'autore di "The Heat Code", una sorta di guida che viene data a tutti i giocatori degli Heat e che contiene tutta una serie di insegnamenti e citazioni sulla missione degli Heat nel mondo del basket NBA. In una pagina di questo libro, Spoelstra definisce l'identità degli Heat in questo modo: 'Vogliamo essere la squadra che lavora più sodo di tutte, la meglio preparata fisicamente, la più professionale, la più generosa, la più tosta, la più cattiva, la più odiata di tutta la NBA"
Prima dell'inizio della scorsa stagione, con la squadra che veniva da due titoli consecutivi, Spoelstra fu molto chiaro con i suoi sulla necessità di reinventarsi ancora una volta per confermarsi campioni: 'Quante volte vi siete reinventati per diventare più forti? Per diventare diversi? Ma per farlo avete bisogno di sentirvi a disagio. Non potete rimanere dove siete, le cose cambiano e voi dovete essere in grado di adattarvi a questi cambiamenti'. Tutto questo succedeva un anno fa ma quelle parole suonano ancora più imporanti oggi, adesso che Lebron è tornato a casa e gli Heat sono di nuovo una squadra "normale".
A differenza di tante altre franchigie, però, gli Heat sono rimasti uniti e non si sono lasciati sconvolgere dall'addio di Lebron. Wade è rimasto, Bosh ha rinunciato alle lusinghe dei Rockets per firmare un max contract in Florida, Luol Deng ha scelto di continuare la sua carriera a Miami dopo la parentesi poco felice a Cleveland. David Fizdale, uno degli assistenti di Spoelstra, ha parlato così della partenza di Lebron e su come superarla nel modo giusto: 'Come si fa a rimpiazzare il buco più grande che possa esistere? Come si fa a riempire quel cratere che è stato lasciato? Se gli Spurs ci hanno insegnato una cosa durante le Finals, è che quel buco si può riempire con il lavoro di squadra, la cultura e un sistema di gioco ben impostato'.
Spoelstra ha cercato di reagire nel modo giusto alla partenza di Lebron. Arrivato alla Summer League per assistere alle partite dei suoi ragazzi, Erik si è sentito toccare sulla spalla e girandosi ha notato la presenza di Phil Jackson: 'E' stata una bella corsa, eh?', dice Jackson. "Adesso puoi tornare ad allenare". Spoelstra lo sa bene e nella sua testa sta già rinnovando l'attacco degli Heat, ancora basato su tante situazioni di pick and roll ma anche con tante nuove situazioni di tagli backdoor e blocchi "slippati" (perdonatemi il pessimo anglicismo).
Lo scorso Agosto Spoelstra è volato a Los Angeles, dove ha avuto la possibilità di mangiare insieme a Dwyane Wade e Chris Bosh. Erik non voleva che il primo incontro della nuova stagione con i suoi giocatori chiave si tenesse in ufficio. I tre hanno parlato a lungo e hanno gettato le basi dei nuovi Heat in quel pranzo. Per quattro lunghi anni Spoelstra ha dovuto chiedere a Wade e Bosh di ridurre il loro ruolo, in modo tale da sfruttare appieno le qualità di Lebron James. Adesso, invece, si trova in una situazione opposta, costretto a chiedere a Wade e Bosh di tornare alle loro vecchie abitudini, di essere di nuovo protagonisti assoluti e non più facilitatori di King James.
"Dobbiamo chiudere il libro e iniziarne uno nuovo," ha detto Spoelstra ai suoi. "Sono stati quattro anni meravigliosi ed estenuanti, adesso bisogna ripartire." Bosh sa bene che ci sarà bisogno di un suo grande contributo per rimanere una squadra vincente ed ha deciso di rimanere anche per il suo ottimo rapporto con Spoelstra: 'C'erano molti motivi per i quali non volevo lasciare Miami e il mio rapporto con Spo era uno di questi motivi," ha dichiarato Bosh. "Sono eccitato all'idea di poter essere più leader in questa squadra, mi sento pronto per questo".
Spoelstra ha già portato gli Heat alla normalità dopo situazioni difficili. Nel suo primo anno da head-coach ottenne 43 vittorie, l'anno prima la squadra veniva da una stagione con 15 vittorie. L'anno successivo arrivarono 47 vittorie, con una squadra dove il secondo miglior realizzatore era Michael Beasley, uno che adesso fa fatica a trovare un contratto per la stagione. Gestire la pressione di una squadra come gli Heat, soprattutto nel periodo dei Big Three, però non è una cosa semplice, bisogna trovare un modo per sfogare la rabbia e l'amarezza dopo le sconfitte. Spoelstra conosce un solo modo: lavorare come un pazzo al computer, segnando tutto quello che è andato storto e annotando citazioni utili per far crescere i suoi ragazzi. Il tutto pestando furiosamente sui tasti del suo laptop.
Il cratere lasciato da Lebron James non si colmerà da un giorno ad un altro ma se c'è una persona in grado di rimettere la squadra sulla retta via, nonostante la perdita di Lebron, quella è sicuramente coach Spoelstra. Si è fatto avanti negli anni attraverso sangue, sudore e l'uso di quel videoregistratore che è ancora nel suo ufficio e continuerà a lavorare sulla mentalità e sulla forza della sua squadra perchè è l'unica cosa che riesce a fare.
Lui è già sul campo, a parlare con Shabazz Napier, il rookie degli Heat, cercando di migliorare il suo primo passo e facendogli capire che è sempre necessario rimettersi in discussione, indipendentemente da che cosa si è vinto l'anno passato. Forse non riuscirà a riempire quel cratere subito ma lavorerà come un pazzo per gettare le basi dei nuovi Heat, giorno dopo giorno.
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