NBA Finals 2014 tra Spurs e Heat: percorso, allenatori, giocatori
Una presentazione delle Finals NBA
American Airlines Arena, Miami. NBA Finals 2013, gara 6. Spurs avanti 3-2 nella serie. Spurs a 12 secondi dal quinto titolo della loro storia, avanti 95-92. Ci prova LeBron da tre, ferro. Si lotta a rimbalzo, Bosh per Allen, passo indietro e tiro da tre. Canestro. 5.2 secondi sul cronometro. E’ l’immagine rimasta negli occhi di tutti. Quel tiro che ha cambiato il corso delle scorse finali facendo prendere al titolo, oramai in Texas, la direzione della Florida. Se questo, insieme agli errori dalla lunetta di Ginobili e Leonard, non era bastato a buttar giù gli Spurs, si aggiunge, nel finale di gara 7 il tap-in sbagliato dall’uomo che non ti aspetti, Tim Duncan, che forse per la prima volta in carriera ha mostrato delusione e frustrazione dopo un errore. Tutti, o quasi, hanno pensato che potesse essere la fine di una squadra, di una delle dinastie più longeve e vincenti della storia dello sport americano, ma se c’era una squadra che poteva risollevarsi da tutto questo, erano proprio gli Spurs. E allora eccoci di nuovo qui, a pochi giorni dall’inizio delle Finals, pronti per la rivincita tanto attesa. Ancora Spurs contro Heat, questa volta a campi invertiti. Sì, perché il modo migliore per risollevarsi dalla sconfitta dello scorso anno, è centrare il miglior record della stagione regolare con 62 vittorie.
Percorso. Quest’anno però le due squadre arrivano con percorsi opposti rispetto allo scorso anno. Mentre gli Heat lo scorso anno erano reduci dalla storica striscia di 27 vittorie in stagione regolare, quest’anno sono stati spesso discontinui mostrando la capacità, molto pericolosa, di accendersi e spegnersi nei diversi momenti della partita e della stagione, facendo spesso il minimo per vincere. La storia però, ci dice che anche i Lakers e i Bulls del three-peat hanno mostrato al terzo anno poca brillantezza in stagione regolare. Mentre lo scorso anno nei playoffs furono forzati alla settima gara dai Pacers, quest’anno hanno passeggiato fino alla finale di conference, battendo nuovamente Indiana con meno fatica del previsto (sì perché anche in gara 5, nonostante i soli 7 punti di LeBron, Miami ha avuto la tripla che a pochi secondi dalla fine poteva regalare la finale anticipata agli Heat). Gli Spurs dal canto loro, sono reduci da 62 vittorie in stagione regolare, ad una dal record di franchigia, che sono valse la testa di serie numero 1 a Ovest, nonché il miglior record della lega. Anche nei playoffs hanno avuto un percorso opposto rispetto allo scorso anno: mentre avevano passeggiato con due sweep ai danni di Lakers e Grizzlies, quest’anno hanno dovuto faticare non poco. Se si esclude la serie con Portland, sono stati costretti a gara 7 dai Mavericks, giocata poi in maniera straordinaria, e in finale di conference hanno dovuto affrontare e battere in una delle serie più strane e spettacolari degli ultimi anni la bestia nera OKC.
Allenatori. La serie mette di fronte due degli allenatori più longevi e vincenti degli ultimi anni. Sì, perché nonostante Spoelstra sieda sulla panchina degli Heat “solo” dall’aprile 2008 (poco tempo rispetto ai 18 anni passati da Popovich in casa Spurs dal dicembre 1996), che piaccia o no i suoi numeri ci dicono che si tratta di uno dei migliori allenatori in circolazione, e spesso non gli viene attribuito il rispetto che merita. Mentre superficialmente potrebbe essere considerato l’allenatore di un team pieno di stelle, in realtà c’è molto di suo nel successo degli Heat. Innanzitutto la capacità di mettere insieme e far convivere in campo giocatori diversi come James, Wade e Bosh; in secondo luogo, il fatto di dare a LeBron lo spazio che richiede, sia durante i time-out che in campo, ma al tempo stesso di mettere le sue capacità al servizio dei compagni, creando un contesto di squadra in cui il 6 si è calato davvero alla perfezione. Infatti, va riconosciuto a coach Spo il merito di aver creato un sistema di gioco in cui non solo James ma anche tutti gli altri, sembrano potersi esprimere al meglio delle loro capacità. Un esempio, l’intuizione nella serie del 2012 contro i Pacers, di rivoluzionare la rotazione trasformando Bosh in centro e spostando James da 4, introducendo un modo di giocare, detto “dei quattro piccoli”, imitato poi da molti altri coach, non ultimo coach Pop. Questo, unito ai successi che comunque sono in maniera crudele la discriminante tra successo o fallimento per un allenatore, ha permesso a coach Spoelstra di diventare oramai un volto franchigia, come, nelle dovute proporzioni, il suo collega rivale di queste finali. Su coach Popovich c’è ben poco da dire, la sua carriera parla per lui. In tutti questi anni ha letteralmente creato non solo un sistema non solo di gioco, ma anche, grazie all’aiuto di R.C. Buford, di gestione societaria, dello spogliatoio e dei rapporti con la stampa (è praticamente impossibile che esca una notizia certa dalle mura dell’Alamo sui giocatori infortunati). In 18 anni solo una stagione negativa, la prima, che con una discreta dose di fortuna (perché conta anche quella per il successo di un allenatore e di una squadra), ha condotto alla prima scelta nel Draft di quell’anno permettendo di portare in Texas Tim Duncan e di dare inizio ad una vera e propria dinastia che nonostante gli anni è sempre stata capace di mantenersi ad alti livelli, cosa non facile nello sport americano, vincendo 4 titoli con un’unica finale persa, quella dello scorso anno.
Giocatori. Dal lato Heat tutti gli occhi sono concentrati inevitabilmente su LeBron. Il prescelto sta inanellando numeri da record nella sua carriera che ce la dicono tutta, oltre sul fatto che sia un giocatore unico nella storia del gioco, anche sulla sua voglia di diventare il più forte di tutti, e in questo il terzo titolo consecutivo lo aiuterebbe senz’altro. Anche quest’anno infatti, James ha incrementato e migliorato le sue statistiche rispetto alla scorsa stagione e solo una stagione pazzesca di Kevin Durant gli ha negato il quinto titolo di MVP in carriera. Wade invece negli anni si è trasformato in uno specialista. Le sue ginocchia non sono più quelle del 2006, per questo tende a selezionare i suoi tiri ma anche i momenti della partita. Un esempio, il quarto quarto di gara 2 contro i Pacers in cui ha alzato nettamente il suo livello di gioco portando gli Heat ad una vittoria in trasferta rivelatasi poi decisiva, mentre è rimasto silente nel prosieguo della serie con Miami spesso in controllo. Il giocatore però più importante dei tre può essere Chris Bosh: il suo rendimento nelle ultime tre gare della finale di conference è stato senza dubbio fondamentale per la vittoria della serie. Come già detto, Spoelstra lo ha trasformato in un centro atipico ed è risultato decisivo proprio contro gli Spurs, in stagione regolare sia questo che lo scorso anno. Come contro i Pacers saranno importanti le sue percentuali nel tiro da fuori, tiri che la difesa degli Spurs tenderà a concedergli, soprattutto nelle situazioni in cui sarà accoppiato a Duncan. Altra arma decisiva per gli Heat però può essere la panchina. E’ sicuramente più debole dello scorso anno, priva di Miller e con le scommesse perse di Oden, per problemi fisici, e Beasley, per motivi tecnici, ma può contare sul solito Allen e su un Cole più incisivo rispetto allo scorso anno e rispetto al suo pari ruolo Chalmers. Anche Lewis e Battier, quest’ultimo all’ultima finale della carriera, possono avere il proprio ruolo come in finale di conference, soprattutto quando Spoelstra deciderà di abbassare il quintetto, per dare agli Heat più soluzioni offensive oltre ai soliti Big 3. Per quanto riguarda gli Spurs, la garanzia è proprio Tim Duncan. L’età sicuramente avanza, ma il rendimento non cala, anzi. In gara 6 della finale di conference è stato a lungo cercato dai compagni durante l’overtime, giocando diversi possessi addirittura in isolamento contro un difensore come Ibaka. Questo la dice lunga sulla fiducia che nutrono in lui i compagni e soprattutto sulle sue condizioni fisiche e mentali, sulla determinazione e la voglia di tornare in finale, per vendicare l’errore dello scorso anno. Sarà importante il suo lavoro sotto canestro in coppia con Splitter, impegnando in difesa sia Bosh che Andersen e costringendo magari la difesa degli Heat a raddoppi che possono aprire lo spazio alla circolazione e al tiro da tre degli esterni (vedi Green lo scorso anno). Tony Parker non è in perfette condizioni fisiche, ma sicuramente ci sarà. Fondamentale, come nel corso di questi playoffs, sarà la sua aggressività (al netto delle sue reali condizioni fisiche) tanto in attacco, con i tiri dalla media distanza che spesso la difesa tenderà a concedergli, quanto in difesa. Proprio la metà campo difensiva è spesso decisiva per gli Spurs. Come per Miami infatti, anche per San Antonio è dall’aggressività in difesa che hanno inizio i parziali decisivi della partita, a suon di contropiedi e attacchi in transizione. Parlando di difesa non si può non parlare di Kawhi Leonard, uomo in missione per provare non a fermare ma almeno a contenere LeBron. Ha dimostrato più volte di poterlo fare, come in finale di conference con Durant, ma sarà importante il suo contributo anche nella metà campo offensiva, vista la quantità di minuti che coach Pop tende a dargli. Anche per gli Spurs importante sarà la panchina, con il solito Ginobili pronto a far saltare il banco con il secondo quintetto, e con i vari Mills, Diaw, e perché no Belinelli, pronti a far male con il tiro da fuori o, nel caso del francese, con la sua versatilità.
Insomma tanti sono gli ingredienti di queste finali e l’attesa cresce. In ogni caso sarà scritta la storia. Gli Heat, quarto team della storia ad arrivare in finale per la quarta volta consecutiva, per il three-peat, per raggiungere il terzo titolo consecutivo, cosa riuscita in epoca recente solo ai Bulls di Jordan e ai Lakers del suo Shaq-Kobe. Per la seconda volta nella loro storia affrontano una squadra già battuta in finale, ma il precedente non è confortante (sconfitta nel 2011 dai Mavs). Gli Spurs invece, per la prima volta alla seconda finale consecutiva della loro storia, per raggiungere il quinto titolo dal 1999 ma soprattutto per vendicare la finale dello scorso anno. E’ il momento dell’anno che tutti gli appassionati di basket attendono con ansia. La pallacanestro ai suoi massimi livelli. Le NBA Finals. Buon divertimento!
Di A. Tarallo