Il cammino di Gregg Popovich
Attreverso alcuni episodi simbolici, il percorso che ha portato Popovich ad essere il miglior allenatore del Mondo
Limitarsi a valutare il punto di arrivo di un percorso, spesso, è un punto di vista non completo perchè non considera tutto ciò che il treno ha passato prima di arrivare a destinazione. Coach Pop vanta nel palmares quattro titoli NBA ed è ritenuto, a ragione, il miglior allenatore in circolazione. E' alla guida della franchigia americana più vincente degli ultimi quindici anni ed il merito del successo, in gran parte, è suo. San Antonio gioca il basket di maggiore qualità della Lega per tempi di esecuzione, pulizia delle spaziature e correttezza delle scelte. Per un allenatore così potrebbero bastare i risultati, il punto di arrivo. Per un uomo così, invece, sono tutte le tappe del suo lungo tragitto, e quello che è stato in grado di imparare e cambiare ad ognuna di esse, a farne la grandezza. Tantissimi avvenimenti, importanti o meno, non necessariamente collegati, hanno contribuito. In sette simboliche e significanti fermate, ripercorriamo alcuni di quei momenti. Il treno Gregg Popovich è in partenza.
LA CHIAMATA DI LARRY
La prima fermata è Claremont, California, dove nel 1979 Popovich viene chiamato come head coach della squadra collegiale dei Ponoma Pitzer. Gregg, molto giovane, conosce troppo bene la pallacanestro per non avere pessime sensazioni dal primo allenamento. Capisce subito che i giocatori a sua disposizione non sono adatti a giocare quel tipo di basket che ha in mente: non il sistema di gioco, piuttosto la sua filosofia sportiva. Dedizione, lavoro duro, applicazione, studio, analisi, attenzione al dettaglio: parla una lingua diversa da tutti quelli che lo circondano. Ha quella mentalità tipica di chi nasce e cresce, come lui, nell'Indiana. I risultati non sono eccezionali, la squadra vince appena due partite delle 24 che disputa in quella stagione. Sarà allenatore per quasi otto anni, ma ciò che arricchisce maggiormente il bagaglio di Pop è l'incontro con la personalità di Larry Brown. I due hanno varie occasioni per confrontarsi e col passare degli anni la loro conoscenza si approfondisce a tal punto che l'uomo di East Chicago lascia il suo incarico per seguire Larry a Kansas: sarà suo assistente. Da lui impara tantissimo, soprattutto dal punto di vista relazionale con i giocatori e nella gestione delle dinamiche di spogliatoio. Al termine di questa esperienza torna sulla panchina dei Ponoma Pitzer, ma soltanto un anno dopo arriva una chiamata molto importante. E' quella di coach Brown, che lo vuole come capo assistente per gli Spurs.
San Antonio, Texas. Seconda fermata. Larry Brown è il mentore di Popovich ma ne ammira la visione del gioco, tanto che già al primo anno, e dal secondo in modo particolare, dà molta fiducia alle sue idee. Gli consente di vedere da dentro come tenere le redini di uno spogliatoio: Gregg, silenzioso osservatore quando è il suo turno, impara. E' la prima vera influenza che segnerà la sua crescita da allenatore. Coach Brown durante la prima stagione lo mette alla prova, offrendogli un meraviglioso assist allo stesso momento. Lo manda in Germania, a Colonia, a visionare giocatori europei atipici, alla ricerca di qualcuno in grado di valorizzare i sui punti di forza anche nel basket oltreoceano. In questa occasione Gregg dimostra che la sua lingua cestistica è internazionale: i contesti di gioco sono molto diversi ma Gregg ha un occhio fuori dal comune e nota Zarko Paspalj, un lungo jugoslavo senza grande talento, ma con una posizione e una capacità di lettura difensiva decisamente notevoli. Disputerà una stagione con gli Spurs, durante la quale Larry farà diversi apprezzamenti al giocatore.. e indirettamente a Pop.
CULTURA INTERNAZIONALE: LA SEMINA
Sole, vento, nebbia, Don Nelson. Terza fermata: San Francisco, California. Dopo l'esperienza agli Spurs, soltanto agli inizi, Popovich diventa assistente di Don Nelson ai Warriors, avendo modo di stare a diretto contatto con uno dei maggiori professori di pallacanestro, intesa nel suo complesso, della storia della Lega. Coach Nelson è in grado di assistere ad un allenamento della squadra senza muoversi dalla sua sedia e senza dire una parola. Comunica anche così con i suoi giocatori. Ha un glorioso passato da protagonista sul campo che lo rende straordinariamente padrone del gioco e di tutte le sue situazioni. Gregg fa propria la visione di basket che Nelson trasmette alla squadra ed impara soprattutto il modo in cui Don s'impone come deus ex machina: fa arrivare tutte le notizie della squadra, di campo e non, a sè e le risolve in modo rapido e concreto. Segue rettamente la sua linea di pensiero ed è sempre coerente con i suoi giocatori. Don Nelson è uno dei primi a far sbarcare giocatori europei in NBA: arrivano nel 1989 Marciulionis, lituano, e il russo Volkov. Lavorare a stretto contatto con culture cestistiche diverse offre a Popovich la possibilità di sviluppare ulteriormente l'ampiezza delle proprie conoscenze. Il suo diventa gradualmente un tessuto che unisce le più diverse e lontane filosofie, visioni e applicazioni della pallacanestro.
LA RACCOLTA: MANU, TONY
Popovich ha letteralmente riscritto la storia degli Spurs, vincendo quattro titoli NBA (1999, 2003, 2005, 2007) e la Western Conference della passata stagione. Le bandiere e le icone nella squadra in questi anni sono innumerevoli, ma le più significative, dopo l'era-Robinson, sono state Duncan, Ginobili e Parker. Le perfette sintesi della sua personalità e di tutto quello che ha imparato nel suo cammino.
Quarta fermata a Reggio Calabria, Italia. Nella Viola di allora giocava Ginobili, che tanto piaceva allo staff degli Spurs e in primis a Coach Pop. Alla fine della stagione lo sceglieranno al draft, pescandolo completamente tra gli avanzi. Il giocatore interessava letteralmente soltanto ai texani, che se lo aggiudicarono con la 57esima scelta. Manu ha una qualità che spicca a prima vista.. per chi sa guardare: la sua intuitiva e immediata genialità. Un predestinato ad entrare nel sistema-Popovich e premiato in questo senso dal destino, proprio per l'incomprensibilità del suo genio ai comuni mortali. Le qualità sono indiscutibili e anno dopo anno si afferma la sua leadership. Il resto è storia.
La quinta fermata è a New York, sede dell'NBA Draft 2001. Gli Spurs al primo giro hanno la 28esima scelta e stanno seguendo le tracce di diversi giocatori, tra cui Omar Cook (recentemente a Milano) e Will Solomon. Nelle settimane precedenti alla scelta, il GM Buford consegna a Gregg una videocassetta con diversi estratti di un giovane ragazzo che gioca nel Bruges, in Belgio. Tale Tony Parker. All'inizio l'allenatore è quasi indispettito perchè non considera la scelta neanche vagamente probabile. Alla fine, per una volta, torna sui suoi passi. Si convince che il franco-belga possa crescere molto e far diventare dominanti le sue particolarità: la capacità di trovare sempre la via del canestro, la sua incredibile rapidità. Viene chiamato alla numero 28: steal of the draft. Ancora una volta, dal basket europeo, Popovich ha raccolto quello che nel tempo ha seminato, e in particolar modo durante le esperienze al fianco di Larry Brown e Don Nelson. La circolarità e la grandezza del tessuto-Popovich sta in queste piccole grandi cose, quelle che hanno posto le basi per una delle dinastie più vincenti della storia.
DEUS EX MACHINA
La sesta fermata è nell'Ohio. "The Mistake on the Lake", la chiamano: Cleveland. Gara 4 delle NBA Finals alla Quicken Loans Arena, San Antonio è avanti 3-0 nella serie contro Cleveland e ha l'occasione per chiudere. L'avversario è inferiore agli Spurs e il margine rassicurante, ma contro LeBron James, ancora molto giovane e grezzo, niente è sicuro. 4-0, serie dominata e mai viva, conclusa in casa dei Cavs con un epilogo piuttosto triste. Il sistema-Popovich ha trionfato, in modo talmente netto da concedere poco spazio allo spettacolo. Quattro sconfitte complessive in altrettante serie disputate, è sembrato quasi troppo facile. Gregg ha ormai una conoscenza e un controllo dell'ambiente, dello spogliatoio e dei giocatori pressochè totale. E' presente e protagonista in ogni scelta della società, in vari ambiti; proprio come imparato dal maestro Nelson, pretende che tutto nell'ambiente-Spurs arrivi a lui e questo gli garantisce la possibilità di limitare al minimo gli imprevisti, o quantomeno la certezza di poterci mettere mano personalmente. Il criterio di molte scelte è stato legato in gran parte a capacità di lettura e abilità difensiva: "if you don't play D(defense), we don't play you". Le conseguenze sul campo sono evidenti: difesa intensa e capace di "pilotare" l'attacco avversario, spaziature offensive eccellenti, decisioni rapide ed esecuzione costante. La sua filosofia trova nel lavoro e nella dedizione un prerequisito minimo e indispensabile. "You play like you practice", ripete continuamente ai suoi giocatori. L'attenzione per il dettaglio è evidente nelle interminabili sedute video con gli assistenti, che ogni tanto toccano pure ai giocatori. Il suo sistema nel complesso è vincente, non c'è dubbio, ma potrebbe avere un limite: non essere abbastanza saldo nelle menti dei giocatori. Serve un "alter ego" di coach Pop, una sua prolungazione in canotta e scarpe da basket. Et voilà, la prima scelta del draf 1997: Tim Duncan. L'elemento che rende la coesione in casa-Spurs così speciale, una sorta di seconda divinità che crea un sistema di gerarchie chiare e per questo a vantaggio di tutti. Nell'anno da rookie di Parker, il centro caraibico non gli rivolge parola. Mai. Lo forma e lo scolpisce nel modo migliore, lo rende forte e pronto per l'NBA, esattamente quello che Popovich sta applicando dalla panchina. Il loro lavoro spontaneamente coordinato è perfetto, sincronizzato, efficace. Una leggera mutazione dell'espressione facciale, talvolta, è il massimo con cui "Timmy" comunica il proprio disappunto o apprezzamento ai compagni. Come Popovich. Come Don Nelson.
IL MIRACOLO
Settima ed ultima fermata: 601 Biscayne Boulevard, Miami, Florida. American Airlines Arena, gara 6 delle NBA Finals. I campioni in carica, gli Heat di LeBron, sono sotto 3-2 contro San Antonio. Quel giorno, per i tifosi Spurs, si avvera un incubo. Ray Allen manda la gara all'overtime con un miracolo da tre punti allo scadere, decidendo la serie (vinta poi 4-3 da Miami) e "scippando" il titolo già quasi in mano agli "Speroni". Il destino, forse, quello del "Prescelto" e di Jesus Shuttlesworth, che si doveva compiere. Il miracolo ancor più autentico sono stati però gli Spurs, campioni della Western Conference con gli stessi leader dal titolo del 2003.. e un gioco completamente rivoluzionato. La squadra di Coach Pop gioca un basket fluido, veloce, offensivamente iperproduttivo; numero elevato di possessi, molti dei quali conclusi in transizione nei primi secondi dell'azione; spaziature come sempre eccellenti e tiratori, soprattutto dagli angoli, devastanti: Danny Green nelle prime partite non sbaglia mai; la difesa è la solita, quella del 2005 e del 2007, per intelligenza e intensità. In entrambe le metà campo San Antonio esegue in modo semplicemente perfetto: la sintonia ormai è tale che il gioco diventa la prolungazione delle idee del maestro. C'è qualcosa del primo Popovich, insieme a molte altre cose apprese "per strada". Tutto straordinariamente racchiuso in una sintesi meravigliosa. Non arriva il titolo, per questione di centimetri e decimi di secondo, ma tant'è. Questo basket è il punto di arrivo di un percorso che ha ricevuto tante influenze e altrettante ne ha generate al suo interno. La capacità di cambiare e rinnovare le proprie idee appartiene soltanto ai superiori conoscitori del gioco, capaci di evolversi insieme ad esso. E di contribuire a farlo evolvere, come in questo caso.
Arriverà il momento in cui questa incredibile dinastia giungerà al capolinea, forse insieme al meastro Popovich. I Playoffs 2014 sono appena iniziati e San Antonio si presenta, guarda un po', con il miglior record della Lega. Ancora scelte indovinate, basti pensare a Leonard, Belinelli e Splitter. Ancora dei continui e progressivi accorgimenti al gioco. Ancora Duncan, Ginobili, Parker. Ma soprattutto, ancora Popovich.
Per Sportando Andrea Lamperti