Virtus Roma, cinque domande a John Brown
Cinque domande al rookie della Virtus Roma
Facciamo la conoscenza di John Brown, il lungo americano scelto dalla Virtus Roma per battagliare sotto canestro nell’imminente stagione. Brown nasce a Jacksonville, in Florida, il 28 gennaio 1992, ed è alla prima esperienza in una lega “pro” dopo aver passato quattro anni all’università di High Point.
Prima di tutto, John, sei alla prima esperienza lontano dagli Stati Uniti. Come ti stai trovando?
«Affronto situazioni alle quali non ero abituato, ma sta andando bene. Non sapevo cosa aspettarmi, ma sono arrivato con una mentalità aperta, pronto a questa nuova esperienza. Ero un po’ preoccupato per il cibo a essere onesti, ma devo dire che è ottimo».
Da quel poco che hai visto in questo inizio, credi di poterti adattare bene allo stile di vita italiano?
«Credevo sarebbe stato difficile quando sono venuto, dopo tanto tempo negli States, ero un po’ preoccupato. Ma in realtà mi sto ambientando bene, non trovo grandi differenze con l’America, ho tutto quello di cui ho bisogno».
Parliamo di pallacanestro. Sei qui da poco, quali sono le prime sensazioni sul tipo di basket che si gioca qui?
«Devo assolutamente smettere di fare passi (ride, ndr). È una cosa della quale mi preoccupo continuamente, devo tenere quei piedi fermi! È incredibile come sia differente l’interpretazione della regola rispetto agli Stati Uniti, ma a quanto ho capito è un problema tipico dei giocatori americani alle prime esperienze in Europa».
Quali sono le maggiori differenze che hai riscontrato rispetto al college basket?
«Qui ci vogliono molte più capacità oltre al semplice talento. Nel college ti basta il talento per fare bene, ma qui devi imparare molte cose e soprattutto ci vuole una comprensione del gioco più elevata. È un elemento sul quale devo migliorare per elevare il mio gioco, è una grande opportunità per diventare un giocatore migliore».
Hai qualche idolo o comunque dei giocatori ai quali ti sei ispirato per il tuo gioco?
«No, nessuno in particolare. Sin da piccolo ho sempre preferito andare io a giocare, lavorando su me stesso. Oggi con gli allenamenti e le partite non riesco a guardare molta pallacanestro, per cui continuo a rimanere concentrato sul migliorare il mio gioco in palestra tutti i giorni. L’unica cosa che conta per me è giocare»