Amarcord Trieste-Fortitudo: il Prof. Paoli racconta Conrad 'Mangiafuoco' McRae
Una sola stagione in maglia biancorossa gli bastò per diventare uno dei giocatori più amati di sempre, forse il più amato di tutti
Una sola stagione in maglia biancorossa gli bastò per diventare uno dei giocatori più amati di sempre, forse il più amato di tutti. Nello specifico l’annata 1999-2000, sponsorizzata Telit. In quel campionato il pitturato fu regno incontrastato di ‘Mangiafuoco’, ovverosia Conrad McRae. Portato via troppo presto da un tremendo quanto ingiusto destino durante una Summer League con gli Orlando Magic nell’estate del 2000, McRae ebbe modo di lasciare un segno indelebile del suo passaggio anche in Italia, militando prima con la Fortitudo Bologna (96-97) quindi, come già menzionato, qui a Trieste. Guarda caso le due avversarie che si troveranno l’una di fronte all’altra nel big match di domenica all’Alma Arena. Facendo un doveroso tuffo nel passato, abbiamo affidato il toccante quanto fortissimo ricordo del centro americano ad una figura storica dello staff biancorosso, il Prof. Paolo Paoli, che con ‘Mangiafuoco’ ha trascorso un’intera stagione spalla a spalla conservandone istantanee indelebili.
“Credo che a Conrad McRae sia quanto meno opportuno dedicare un tributo particolare – spiega con viva emozione il Prof. – Il ricordo che più mi torna alla mente è legato all’aspetto umano del ragazzo, prima ancora che fisico e tecnico. Un ragazzo che era reduce da esperienze ad altissimo livello e che si inserì immediatamente nel nostro gruppo, nel nostro contesto. Una delle cose che mi colpirono maggiormente – prosegue Paolo Paoli – fu che da subito fece capire a tutti di voler parlare solo ed esclusivamente l’italiano, cosa rarissima per i giocatori americani. Un ragazzo a cui tutti volevano molto bene, a lui eravamo tutti molto affezionati. Ricordo poi che era estremamente devoto, un giocatore religiosissimo. Durante la sua esperienza qui a Trieste prese sotto la sua ala Giancarlo Palombita che all’epoca era l’autentico ‘cucciolo’ del gruppo, aveva un rapporto splendido con tutti, questo è innegabile, ma con lui ebbe un legame particolare, ricordo che gli fece diversi regali”.
Aspetto umano che il Prof. Paoli continua a ripercorrere, svelando altri indelebili ricordi di una persona straordinaria anche nel rapporto diretto con lui, tracciando il profilo di un americano diverso da tutti gli altri: “In quegli anni gli americani arrivavano qui sempre con un’aura di superiorità, una sorta di mix tra l’essere saccenti e arroganti. Lui al contrario – spiega il Prof. – dimostrò da subito notevole umiltà, accettando di buon grado le nostre metodologie e lavorando con molto impegno nonostante fosse consapevole della differenza con i metodi americani”.
Dal lato umano a quello fisico, altro aspetto nel quale ‘Mangiafuoco’ fu qualcosa di unico e di non paragonabile, ad esempio, alla coppia Green-Parks dei giorni nostri: “E’ difficile paragonarlo ai ragazzi di oggi – prosegue il Prof. Paoli – aveva un’esuberanza fisica tale da renderlo un vero e proprio intimidatore d’area. Nella mente ho ancora ad esempio immagini degli allenamenti: quando lui si piazzava in area, avvicinarsi a canestro era impossibile. E’ pertanto difficile se non improponibile, paragonarlo ai nostri ragazzi di adesso. Certo, come tratto comune possiamo prendere l’esplosività, la verticalità, ma come tipologia di giocatori siamo su due pianeti molto distanti, ancor più considerando il solo fattore fisico”.
La chiusura del Prof. è dedicata all’aspetto tecnico e, naturalmente, anche a quello umano di Conrad McRae: “Era un giocatore che poteva ricoprire due, tre ruoli. Aveva un grandissimo senso della posizione, della difesa. In attacco invece ammetto che non fosse un grande tiratore (sorride emozionato), ma nonostante questo sapeva trascinare squadra e pubblico come nessun altro. Ricordo che nel 2000, il coach all’epoca era Luca Banchi, inaugurammo proprio con lui il nostro nuovo Palasport. Ricordo distintamente lui seduto nella panchina che oggi viene occupata dalle squadre ospiti, le sue scarpe, che alla fine regalò anche se ora come ora non ricordo a chi. Solo un esempio di un cimelio vivente, un ragazzo straordinario al quale era impossibile non voler bene, una persona che ci è stata portata via troppo presto, e il cui ricordo non svanirà mai”.