Marco Calvani: 'Io, tradito dalla mia Roma'
Calvani spiega l'addio alla Virtus. Duro attacco ad Alberani (che non viene mai nominato nell'intervista)
Marco Calvani, il coach che lo scorso anno ha riportato la Virtus Roma in finale, ha parlato a Il Corriere della Sera in una lunga intervista.
Calvani è ricercato dalla Sigma Barcellona ma le due parti sono distanti sulla durata del contratto (richiesta biennale contro offerta annuale).
Calvani è tornato a parlare dell’addio alla Virtus Roma.
“Roma e la sua squadra hanno per me un significato profondo, se mi chiamano rispondo sempre di sì. Qui sono nato e cresciuto, 32 anni insieme, quasi sempre da vice; sono uomo Virtus, aziendalista, la società non mi appartiene, sono io che appartengo alla Virtus. Mai mi era stata data la possibilità di partire dalla prima giornata di campionato, o di continuare nell'anno successivo. Ho sempre fatto il traghettatore. Solo nell'estate 2012 ho pensato che la chiamata del presidente Toti fosse finalmente il riconoscimento di affidabilità per l'uomo che combatte solo nell'interesse della società. Fin dal principio ho spinto la squadra a credere, stando sempre su un canovaccio che partiva dal lunedì per arrivare alla partita della domenica... E martellavo duro su ogni dettaglio che non andava. Non ho bisogno di una balia durante gli allenamenti o le partite, ma ci sono situazioni in cui occorre avere un muro di cemento armato alle spalle. Ed invece sembrava che fossi io l'imputato principale. Con i capi d’imputazione delle ‘Tre P’ ovvero di essere troppo pignolo, troppo preciso, troppo puntiglioso. Da parte di chi, per contratto e ruolo, avrebbe dovuto stare sempre vicino alla squadra, invece agli allenamenti si vedeva a ogni morte di Papa, e quasi mai dopo le partite. Stavo facendo la figura del marito cornuto, tutti sanno qual è la situazione tranne lui, finché qualcuno me lo ha fatto notare. Che durante le partite era tutto un dar di gomito perché ha tolto quello, perché non mette quell'altro, e non chiede minuto, perché non fa la zona e perfino anche qualche sms verso la panchina, al punto che durante i playoff, a Cantù dove la prima fila sta a ridosso del campo, ho urlato in faccia alla squadra, forte, per farmi sentire dal suggeritore: se mi accorgo che vi alzate per venirmi a dire qualcosa che arriva da un input del parterre, vi metto le mani addosso.
Atto finale. Primo: sarò sempre grato a Claudio Toti per aver mandato nell'estate 2012 quel fax di iscrizione al campionato che mi ha permesso, comunque, una grande esperienza. Poi, lui, si è ammanettato da solo. Al general manager romano l'ingegner Cremascoli aveva proposto un contratto di 2 anni a Cantù; allora, per trattenerlo, Toti gliene ne ha fatto firmare uno, triennale, e quando ha saputo che lui non voleva più lavorare con me, non poteva più farci niente. E anche dopo, qualcuno ha giocato sporco. Che per scaricare su di me la responsabilità di un mancato accordo mi hanno fatto un'offerta economica inaccettabile, che invece io ho immediatamente accettato. Spiazzandoli. Ma al mattino seguente la Virtus ha ritirato l'offerta. E nemmeno 24 ore dopo, ha firmato il nuovo allenatore. Mostri di rapidità ed efficienza…”.
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