Andrija Stipanovic: 'Prego molto ed amo la nebbia'
Il centro della Vanoli si confessa
Andrija Stipanovic, centro della Vanoli Cremona, ha parlato a La Gazzetta dello Sport Lombardia della sua esperienza nel club.
"Esonero di Caja? C'era bisogno di cambiare qualcosa. A tutti i costi. Non solo per le sconfitte, che ci stanno soprattutto contro grandi squadre, ma per come sono maturate quelle contro Cantù e Milano. Abbiamo giocato malissimo e non si poteva andare avanti così. Colpa di Caja? Non so se fosse colpa di Caja o colpa nostra, ma comunque c'era bisogno di qualcosa che ci facesse cambiare direzione. Con Gresta sicuramente c'è più feeling e il rapporto umano è migliore. Ha un approccio più comunicativo. Siamo perfettamente consapevoli di poter giocare molto meglio di come abbiamo fatto nelle ultime partite. Dirò di più, sono assolutamente convinto che la Vanoli si salverà e anche facilmente se solo riusciremo a trovare la giusta quadratura. Le potenzialità ci sono e con Gresta credo che andremo lontano. Ci fa giocare molto di più, l'ambiente è più tranquillo. Si è visto nella partita contro Sassari in cui fino all'ultimo ce la siamo giocata. Io stesso ho fatto senza dubbio la partita migliore da quando sono a Cremona. Come mi trovo qui? Benissimo. Mi piace tantissimo stare qui e anche a mia moglie. Respiri la grande storia di questa città e la sua atmosfera particolare. Io adoro anche la nebbia quindi sono proprio felice qui. Quando ho un po' di tempo libero poi vado a visitare anche altre città. Mi è piaciuta tantissimo Verona. E Milano poi, che è anche molto vicina. Nativo di Mostar, cosa ricordo della guerra? Ho dei flash, sensazioni più che reali ricordi. Ero molto piccolo e i miei genitori hanno cercato di proteggermi da quello che succedeva fuori dalle mura di casa. Facevano sempre giocare me e i miei fratelli cercando di simulare una tranquillità e una serenità che non c'era, di costruirci intorno una barriera di apparente normalità. Un po' come Roberto Benigni nel film "La vita è bella". Sono stati molto bravi. Ora sono felice e orgoglioso di come è uscito dalla guerra il mio Paese. Di come è rinato. La mia famiglia vive a Medjugorje. Ogni anno vengono migliaia di persone da tutto il mondo in pellegrinaggio. Non tutti hanno la fede, ma tutti tornano a casa con una serenità diversa. Scaricano tensioni, brutti pensieri, ritrovano l'equilibrio. Ho conosciuto tante persone, anche italiani che sono venuti là. Nessuno mai è rimasto indifferente. Sono molto credente e mi sono tatuato la chiesa, il Cristo e la Madonna di Medjugorje sul petto. Sugli avambracci invece ho i nomi dei miei due fratelli e delle mie due sorelle. Li ho fatti 5 anni fa. Sono via da tanti anni, da quando ne avevo 16, ma volevo dimostrare in modo tangibile che quello in cui credo e la mia famiglia che amo tantissimo, sono sempre con me. Cosa ci sarà dopo il basket? Sono un po' confuso sull'argomento. Potrei allenare magari, ma i miei hanno un albergo a Medjugorje e mi piacerebbe anche dare una mano a loro. Poi ecco, vorrei imparare bene l'italiano, questo con certezza. Diciamo che gioco a basket ancora un po' ok? E intanto ci penso".