Gianluca Basile: 'A Reggio diventai Basile'
Il coach è cresciuto alla Reggiana che affronterà domenica con Milano
La Reggiana è la squadra in cui Gianluca Basile è cresciuto, dopo i primi passi a Ruvo di Puglia, ed è esploso. In Serie A ha giocato tre campionati e mezzo a Reggio Emilia. Nel 1997/98 con 4.3 rimbalzi di media stabilì il record personale mai più ritoccato. In quella stagione segnò 13.2 punti di media, la sua terza miglior stagione da un punto di vista realizzativo (ne fece 13.3 alla Fortitudo nel 2001/02 e 13.4 nel 2003/04. Nel 1998/99 cominciò la stagione a Reggio Emilia salvo essere acquistato dalla Fortitudo che quell’anno raggiunse la Final Four di Eurolega (ma Basile non potè giocarle per regolamento). Memorabile fu la stagione 1997/98 quando Basile fu una delle ragioni per cui l’allora CFM superò nei quarti di finale la grande Benetton di Zelimir Obradovic volando in semifinale (persa 3-0 con la Fortitudo ma con scarti ridotti). Treviso aveva giocato quell’anno le Final Four di Eurolega ma fu battuta 3-2 dalla sorprendente Reggio Emilia: i reggiani vinsero gara 2 in trasferta poi persero gara 3 in casa ma si rifecero in gara 4 e clamorosamente completarono l’opera in gara 5. In quella gara 5, Basile giocò tutti i 40 minuti, segnando 24 punti con 11 falli subiti, 6 rimbalzi, 3 recuperi, 12/14 dalla lunetta e 6/16 dal campo. Reggio Emilia giocò senza il grande Mike Mitchell, bloccato da un infortunio e realizzò un’impresa che è probabilmente la più grande compiuta nella sua storia ma anche una delle più inattese di tutti i tempi in Italia. Quella notte del 30 aprile 1998, Gianluca Basile smise di essere una promessa o un emergente e diventò di fatto una delle grandi stelle del basket italiano, conteso dai club migliori e pronto per diventare un uomo-bandiera prima alla Fortitudo e poi al Barcellona ma anche in Nazionale con la quale avrebbe vinto il titolo europeo del 1999 e l’argento olimpico del 2004 partecipando a due edizioni delle Olimpiadi.
Basile, quella vittoria in gara 5 fu la più sorprendente della sua carriera?
“Ricordo che dovevo sposarmi e chiesi con grande anticipo alla società se potesse essere un problema fissare per il 5 maggio. Erano in programma le semifinali dei playoff: nessuno pensava potessimo essere di scena, così mi dissero di sì. Invece ci qualificammo: fortuna che il calendario era tale che riuscii a sposarmi senza cambiare la data. Tra gara 1 e gara 2, andai a Ruvo di Puglia, mi sposai e tornai. Fu incredibile. Giocai 40 minuti a Treviso: ma onestamente non si dire se sia stata la prima volta che l’ho fatto o se sia stata l’ultima. Sì, non c’è stata una partita più sorprendente di quella: a quei tempi c’erano anche gli ottavi di finale ed eliminammo Milano, poi toccò a Treviso nei quarti”.
Eravate anche senza Mike Mitchell.
“Grande campione. Era infortunato, non giocò gara 4 a Reggio Emilia, che vincemmo. Lui voleva giocare a tutti i costi gara 5 anche prendendosi dei rischi, ma avevamo vinto gara 4 e in qualche modo si pensò di provare a ripetersi nella successiva. Successe davvero”.
Poi incontraste la Fortitudo.
“Andammo molto vicini a vincere gara 3 ma quella era una Fortitudo straordinaria con David Rivers, Dominique Wilkins e Carlton Myers. Un’armata invincibile anche se poi successe in finale contro la Virtus quello che sappiamo, ovvero la sconfitta in gara 5 al supplementare dopo il canestro da quattro punti di Danilovic. Avevamo una squadra corta, c’era Chris Jent, c’era Marcelo Damiao, Alessandro Davolio, Diego Pastori. Se penso che Pastori adesso ha 50 anni e io gioco con Alessandro Gentile che ne ha 20, mi rendo conto che la mia carriera ha abbracciato trent’anni generazionali. Anche questo fa pensare”.
Fu la stagione della consacrazione?
“Sì: la svolta se la inventò Dado Lombardi quando mi spostò da guardia in playmaker. Per i primi quattro-cinque anni della mia carriera ho giocato da playmaker. Fu così anche in Nazionale quando vincemmo gli Europei del 1999, anche perché a Tanjevic piacevano i registi alti tanto che anche Andrea Meneghin ebbe quel ruolo, e fu così quando andai alla Fortitudo anche perché come guardia c’era Myers e se non fossi stato in grado di fare il playmaker non avrei giocato. Penso di avercela fatta perché avevo energia, gioventù e tanta voglia di giocare
E’ ancora legato a Reggio Emilia?
“Sì, dopo qualche anno portai mia sorella a Reggio: si presentò una possibilità e cominciò a lavorare. Adesso è ancora lì. Sono stati anni importantissimi. Io ero a Ruvo di Puglia, non mi conosceva nessuno ma un amico mi segnalò a Virginio Bernardi che allenava lì. Ottenni un provino. Andò bene e mi presero”.
E faceva il servizio militare a Firenze…
“Tre mesi a Chieti, poi mi trasferirono a Firenze quando ancora non sapevo se sarei andato a Reggio Emilia. Feci il pendolare Firenze-Reggio tutti i giorni: qualche volta facevo il turno della mattina, mangiavo, prendevo il treno, cambiavo a Bologna, arrivavo, mi allenavo e ripartivo indietro per la caserma. Qualche volta facevo il turno di notte e al rientro a Firenze invece di dormire, mi toccava lavorare. Sacrifici enormi, una fatica incredibile. Oggi però posso dire che sono stato ripagato. E con gli interessi”.