Le riflessioni di Sergio Scariolo prima dei playoff
Tratto dal sito ufficiale di Sergio Scariolo
Riportiamo integralmente, tratto dal sito ufficiale di Sergio Scariolo, le riflessioni che il coach dell'Olimpia Milano e della nazionale spagnola ha fatto e scritto prima dell'inizio dei playoff.
Il calendario del campionato italiano, molto discusso e non senza motivo, che impone uno stop di 12 giorni tra l'ultima partita di regular season e la prima dei playoff, permette un piccolo momento di riflessione e di bilancio provvisorio di quella che è stata la stagione fino ad adesso.
Raggiungere il secondo posto alla fine della regular season essendo la squadra che ha investito nei giocatori della squadra il secondo budget del campionato non è un'impresa titanica. Significa semplicemente aver fatto bene il proprio dovere ed è un punto di partenza per, sempre con umiltà e grande coscienza delle difficoltà che si sono superate e che ancora si supereranno, guardare con ambizione il futuro e continuare a migliorare.
Questo è lo spirito delle mie affermazioni quando manifesto ai miei giocatori soddisfazione perché quanto gli avevamo chiesto all'inizio dell'anno (e cioè migliorare rispetto allo scorso anno in Eurolega, in Coppa Italia, in regular season e nei playoff del campionato italiano) è stato fino ad ora raggiunto in tre occasioni su quattro: rimane l'ultima, la più difficile, forse anche la più importante per i programmi della nostra società in questo momento, ma di questo ci occuperemo più avanti.
Non è presente in nessuno di noi la volontà di fare un confronto con il passato: l'Olimpia sta crescendo, e di questo bisogna anche dar merito a quelli che ci sono stati prima, iniziando con l'ottimo lavoro di Piero Bucchi negli anni passati (e di Dan Peterson per qualche mese).
Il nostro merito reale, che viene dalla sicurezza in noi stessi e dall'esperienza che ci dà la capacità di leggere con chiarezza le situazioni, è stato secondo me solamente quello di aver rispettato le opinioni di tutti ma di aver veramente ascoltato solo quelle all'interno del nostro ambito istituzionale, di squadra e società, cioè di quelle persone che professionalmente hanno il ruolo di dare opinioni e di prendere decisioni, ribadendo un principio dello sport, soprattutto di massimo livello e in situazioni di grandissima pressione, che oramai mi è molto chiaro: devi analizzare con molta attenzione ma devi soprattutto andare avanti, credere in quello che fai e in questo modo contagiando quelli che stanno accanto a te.
Ad ogni modo a mio parere il discorso dei risultati non è l'elemento centrale: purtroppo viviamo in un momento e in un paese nel quale arrivare settimi invece che sesti è una tragedia mentre arrivare noni anziché decimi è un trionfo. Io sinceramente penso che i risultati siano senz'altro un elemento fondamentale dello sport ma che, per una squadra come la nostra che si è data un programma triennale per raggiungere posizioni ambiziose nella pallacanestro italiana ed europea, i risultati non possono mai essere l'unico parametro, l'unico criterio di valutazione.
Quello che magari da fuori si fa più fatica a vedere è il nostro essere riusciti, con le ovvie difficoltà dell'inizio e con tutte quelle che ancora si presenteranno, a darci un'identità di lavoro, di comportamento, di disciplina ed un sistema di gioco sul quale poi continuare a perfezionare e a costruire.
Dico che da fuori si fa fatica a vedere, anche se l'occhio esperto soprattutto degli allenatori lo sa riconoscere (ribadisco dall'interno la sensazione che avevo dall'esterno: senz'altro la componente professionale più qualificata del movimento della pallacanestro italiana in questo momento, come qualità media, è quella gli allenatori, per lo meno quelli che ho conosciuto ed affrontato nel nostro campionato).
Abbiamo una base di squadra che riteniamo (speriamo che i fatti nei playoff ci diano ragione) abbia solo bisogno di un paio di innesti ben mirati per continuare a crescere e a migliorare in funzione della continuità, continuando nel tempo a lavorare sulle basi già poste e gli stessi principi, con un'età media estremamente interessante che ci fa guardare con ottimismo alle prossime stagioni.
Infine l'argomento "giocatori italiani", sul quale anche qui vorrei fare una precisazione: non esiste una gara a chi fa giocare più italiani, anche se è vero che, aneddoto scherzoso e rifacendomi alla querelle Virtus Bologna - Teramo in relazione al bonus offerto dalla Lega alle società che facciano giocare più giocatori italiani, l'Olimpia è la seconda squadra dopo la Scavolini che dà più minuti agli italiani. Al di là del premio in denaro non si assegna alcun titolo di merito ma viene evidenziato quello che è il nostro stile e la linea intrapresa, non migliore o peggiore di quella delle altre (ognuno farà le sue valutazioni secondo il suo punto di vista: quello del movimento, quello della nazionale, quello dei risultati, eccetera).
Di sicuro è una linea in controtendenza rispetto a quelli che sono stati i modelli di riferimento delle squadre dominanti degli ultimi anni, improntati sul costruire la squadra con tutti giocatori sopra i 30 anni e destinando ai giocatori italiani una quota di protagonismo estremamente bassa. Ripeto, non considero la nostra scelta migliore o peggiore, ma è quella nostra e siamo contenti che stia pagando.
La pausa permette anche di guardare con crescente attenzione alle imminenti Olimpiadi. Questa è una fase in cui stiamo monitorando con molta attenzione le condizioni fisiche di tutti i giocatori, e ovviamente qualcuno ci preoccupa più di altri; con il medico, il preparatore atletico e gli assistenti stiamo creando dei piani personalizzati di lavoro in modo da poter compensare le situazioni molto diverse dei vari giocatori, i quali potrebbero finire la loro attività con le squadre di club molto prima o molto dopo rispetto ai loro compagni di nazionale.
Il passo successivo sarà la compilazione di una lista di 24 giocatori da comunicare alla FIBA, che poi dovrà ridursi via via fino alla lista ufficiale dei 12 giocatori: stiamo comunque ancora riflettendo sulle formule da utilizzare per completare la convocazione in funzione anche delle condizioni fisiche dei nostri giocatori e con un gruppo di lavoro più ampio di quello dei 12.
Per la mia ultima considerazione, permettetemi di lasciare da parte lo sport giocato e parlare di moda. Mi hanno appena mostrato le divise ufficiali che le nazionali italiane indosseranno alle Olimpiadi: sono divise create nientepopodimeno che da Giorgio Armani con il marchio che tra l'altro sponsorizza l'Olimpia, l'EA7. Senza considerare fattori politici, economici o commerciali che non mi competono e limitandomi ad un giudizio estetico, dopo aver visto quelle che indosseremo con le nazionali spagnole a Londra, sinceramente sono un po' invidioso!
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