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Serie A 11/01/2012, 18.22

Intervista a Anna Cremascoli, la signora dei canestri

Intervista alla presidentessa della Bennet Cantù

Serie A

Intervista pubblicata da Tempo Sport a firma Francesca Mei

E' la prima ed unica presidente donna del basket italiano di massima serie. Anna Cremascoli, milanese, 39 anni, è da questa stagione il numero uno dei vice-campioni d'Italia della Bennet Cantù, gloriosa società di pallacanestro. Al “vecchio” Pianella, l'impianto dove la Bennet disputa le sue gare interne di campionato, capeggiano i gagliardetti dei tanti trofei, italiani ed europei, vinti negli anni d'oro, quando fra le sue fila ha vantato i nomi dei giocatori più forti di sempre. Quest'anno la Pallacanestro Cantù è tornata a calcare i parquet più importanti d'Europa guadagnandosi l'accesso all'Eurolega, la massima competizione di basket al mondo dopo l'NBA: gioca le sue gare europee al PalaDesio, perché la capienza è quella prevista dal regolamento e il Pianella sarebbe troppo piccolo, ed ogni volta fa il tutto esaurito in una atmosfera di festa, di cori e di colori che solo i tifosi canturini sanno regalare a squadra e pubblico.
Ingegnere meccanico impegnata nella NGC Medical, impresa di famiglia, Anna Cremascoli ha una sfrenata passione per il basket e per la “sua” squadra, una passione che ha nel sangue, sin da piccola, una passione che le ha trasmesso proprio la sua famiglia, e che viene fuori con prepotenza dalle sue stesse parole e dal tono sella sua voce: “La mia passione per il basket viene dalla mia famiglia – conferma -. Ho sempre vissuto l'atmosfera che si respira in un campo da basket. Ho una famiglia molto numerosa, basti pensare che mio padre ha dieci fratelli, si può quindi immaginare quanti cugini io possa avere. E ognuno di loro, in qualche modo, è sempre stato coinvolto in questo sport. Ho sempre masticato la pallacanestro, specie le serie minori e le squadre giovanili, perché andavo a vedere i miei cugini giocare. L'interesse per la serie A e per Cantù è aumentato pian piano negli anni. La mia famiglia è milanese ma nel 1992, quando io ero ancora studentessa, ha trasferito l'azienda da Milano a Novedrate, negli anni ci siamo così nel territorio della Brianza, patria proprio della Pallacanestro Cantù. Abbiamo iniziato come sponsor, mettendo il nostro logo sulle maglie, e dopo tre anni e mezzo abbiamo rilevato la maggioranza della società fino a diventarne proprietari, visto che il presidente di allora non riusciva più a sostenere i costi di una simile attività”.
Anna Cremascoli è una donna determinata, con le idee chiare – come si definisce lei stessa - che sa conciliare la vita di famiglia con quella di imprenditrice e di presidente-proprietario di una grande squadra sportiva. Una donna che quando parla trasmette allo stesso tempo femminilità, serenità, oltre che amore e impegno per quello che fa. “La passione per questo sport va ben al di là del ritorno economico – spiega -. In realtà un ritorno economico quando si “investe”, se proprio vogliamo usare questo termine, nel basket non esiste. Piuttosto ci si concentra nel limitare le perdite. Perché allora buttarsi in una simile avventura? Una infinita passione ma non solo. Dietro c'è anche e soprattutto un dovere sociale. La Pallacanestro Cantù non è solo la prima squadra, quella che lo scorso anno ha disputato la finale scudetto, la finale di Coppa Italia, e quest'anno di Supercoppa Italiana. La Pallacanestro Cantù ha un vivaio di ben 1500 ragazzini. L'impegno è soprattutto nei loro confronti. Sono ragazzi che in palestra dedicano il loro tempo libero, un modo per tenerli impegnati in una attività sana e formativa, altrimenti chissà cosa andrebbero a fare in giro. Molto meglio che giochino a pallacanestro”.
E a proposito di ragazzi, la presidente di Cantù ha due figli, come riesce a conciliare tutto? “La mattina, appena mi sveglio, sistemo i bambini, la grande la porto all'asilo e poi mi reco in ufficio all'NGC dove resto fino a dopo pranzo. Ma la mia giornata lavorativa nella azienda di famiglia è spesso interrotta dalle questione cestistiche. Il basket, anche mentalmente, mi impegna molto. Dopo l'ufficio, di solito, vado al Pianella a seguire gli allenamenti o nel mio ufficio del club. La sera torno a casa a Milano dalla famiglia e dai miei bambini. Impegni di lavoro permettendo, seguo gli allenamenti almeno due volte a settimana. Perché loro (i giocatori e lo staff, ndr) devono vedermi. Vado anche puntualmente in trasferta, ma se la squadra parte il giorno precedete la gara, io viaggio sempre il giorno stesso della partita, così non tolgo troppo tempo all'azienda e alla mia famiglia”.
Da presidente della Bennet Cantù, se dovesse definirsi con tre aggettivi, quali sceglierebbe? “Innanzitutto, femminile. Il mio approccio per questo incarico e la mia impronta su questa squadra sono quelli di una donna. Sono per la disuguaglianza dei sessi, in questo senso. Siamo diversi dagli uomini, e per questo dobbiamo agire e comportarci in modo diverso. Poi mi definisco determinata: ho poche idee ma molto chiare. Alla squadra faccio pochi discorsi, ma quando li faccio vado subito al sodo e trasmetto bene quello che ho in mente. Infine, direi, che sono comprensiva, cerco di contestualizzare ogni situazione. Ad esempio, quando abbiamo perso male con Treviso, non ho fatto sfuriate o cose simili, piuttosto non mi sono fatta sentire per un giorno, lasciando che i sentimenti negativi provocati dalla brutta sconfitta scemassero”.
Come definirebbe invece la sua squadra? “Ho costruito la squadra a mia immagine. I giocatori che fanno parte della Pallacanestro Cantù sono prima di tutto brave persone, poi atleti. Sono persone altruiste, che danno l'anima in campo e fuori. Quello che si respira in squadra, fra giocatori e staff, è una bella atmosfera, c'è una grande alchimia, e un grande rispetto gli uni nei confronti degli altri. Inoltre, posso dire che cresciamo insieme, io con loro. Curo ogni dettaglio, ogni minimo particolare. Basti pensare che ho fatto venire apposta un sarto che prendesse l'orlo dei pantaloni a tutti, perché fosse uguale per tutti e non ci fosse qualcuno che si presenta con i pantaloni troppo lunghi o troppo corti. E poi, ad esempio, ho scelto personalmente anche le calze che devono portare. E se qualcuno sgarra, ci sono multe salate. L'unica cosa che non mi concedo è entrare nello spogliatoio. Sono una donna e non sarebbe giusto. Ci entro solo in casi molto rari, quando devo fare dei discorsi, ma loro sono sempre avvisati prima e si presentano vestiti”.
Come vede il basket di oggi? “Malissimo purtroppo. L'immagine della nostra pallacanestro è ai minimi storici. Il motivo credo sia dovuto a decisioni sbagliate, ma ne siamo tutti responsabili e tutti abbiamo il dovere di fare qualcosa. Perché è un enorme peccato: il basket è uno sport ancora pulito, non marcio, uno sport per famiglie. Qual è la ricetta per migliorare le sorti del nostro basket? Renderlo più divertente, creare maggiore suspance in campionato, anche se forse quest'anno un po' di suspance in più c'è. Il problema è che non lo vendiamo bene. Ma in realtà è un prodotto eccezionale, per il quale potremmo e dovremmo, tutti insieme, fare molto di più”.
Si sa che i tifosi canturini sono tifosi particolari, molto caldi, qual è il rapporto della Pallacanestro Cantù con loro, con gli appassionati? “I tifosi di Cantù sono fantastici. Ci seguono sempre e ovunque. A loro basta la squadra, prima ancora dei risultati. E questo ti stimola, e ti permette di lavorare senza avere grosse pressioni addosso. Senza di loro, i risultati buoni ottenuti finora non sarebbero mai arrivati. Sono un'arma in più. E se la squadra ha dei momenti bui, loro ci permettono di giocare meglio, ci supportano, ci aiutano”.
Quali sono le differenze fra il fare l'imprenditrice dell'azienda di famiglia e ricoprire il ruolo di presidente di una società di basket di serie A? “Sono due cose totalmente diverse. In azienda sai bene quali sono i risultati da ottenere e come fare per ottenerli. Se lavori in un certo modo ci riesci. Nel basket, puoi anche fare il meglio che puoi dare il massimo, ma non ci sei solo tu. Dall'altra parte ci sono gli avversari, e il tuo risultato dipende anche da loro. E poi dipende tutto esclusivamente dalle persone, dal loro interagire. Ci sono equilibri sottilissimi che non è facile mantenere. Non è un gioco. Direi che è molto più facile fare l'ingegnere che guidare una società di basket”.

Francesca Mei

© Riproduzione riservata
E. Carchia

E. Carchia

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Comments Occorre essere registrati per poter commentare 5 Commenti
  • spelle 12/01/2012, 18.04

    Annina daccela... la coppa dei campioni -:)

  • salparadiso 11/01/2012, 22.44 Mobile

    Mi sa' che con Montegranaro hanno giocato a piedi nudi ... le calze magiche dimenticate in lavanderia e le scarpe perse in autostrada .

  • alert 11/01/2012, 22.32

    Calze e orli a parte, a nome dei tifosi canturini non posso che ringraziarla. Senza di lei avremmo lottato per un posto ai PO o peggio ancora per salvarci. Oggi possiamo battagliare in EL e puntare ad un'altra finale di campionato. E se decidesse anche gli slip da mettere a me andrebbe benissimo. Forza Cantù.

  • ILPIALLATORE 11/01/2012, 19.02 Mobile

    Piu' bella che brava

  • SuitedConnectors 11/01/2012, 18.49 Mobile

    Anna sono strasicuro che i risultati di Cantù sono merito prima di tutto dalla scelta omogenea delle calze, ma anche dell'orlo ovviamente! Per ultimo pero' metterei , visto che non l'ho visto menzionare , qualcosa che hai trovato tra le immobilizzazioni quando hai rilevato il club, quel Bruno la' come si chiama, mi sa che la squadra a tua immagine (lol) vada bene, ma quel Bruno la ci deve aver messo le mani mentre forse eri distratta in azienda ) e la banda osiris era distratta dalle scoppole ghibelline e si scordava di Trincheri )) con simpatia