Mindaugas Kuzminskas sulla scelta di firmare a Milano: “Il progetto a lungo termine mi ha convinto"
“Quando ho deciso di tornare in Europa, avevo alcune squadre interessate ma non appena ho parlato con il Coach tutto è diventato chiaro perché ho capito che ha una visione a lungo termine non a corto termine."
LE ORIGINI – “Sono cresciuto in una famiglia di sportivi, e non ho avuto molta scelta se non quella di fare sport. Mia madre è stata in Nazionale per 13 anni, mio fratello è stato un giocatore professionista e anche mio padre è stato campione di tennis tavolo. Ma il basket è lo sport numero 1 in Lituania, fin da quando ero bambino andavo alle partite e per me giocare a basket è stato naturale. Sono contento di aver fatto questa scelta e adesso sono ancora qui”.
LA CARRIERA DI MINI ARBITRO – “Sono sviluppato tardi, tutti sembravano più grossi e forti, io ero piccolo e debole. Ad un certo punto ho pensato che il basket non facesse per me ma mi piaceva e volevo restarci dentro. Così mentre giocavo a scuola ho pensato di fare l’arbitro, ho preso il patentino, ho arbitrato e ho guadagnato anche qualche soldo dirigendo le partite dei bambini. E’ stato divertente, un’esperienza e forse è per questo che non protesto mai. Capisco quanto sia difficile arbitrare. Quando fischiano mi limito ad essere d’accordo con quello che hanno chiamato”.
LO ZALGIRIS – “Quando sono cresciuto c’erano due grandi squadre in Lituania, Lietuvos rytas e Zalgiris, e tutti vogliono giocare in uno dei due. Ma il Lietuvos rytas è più la squadra di Vilnius, mentre lo Zalgiris appartiene un po’ a tutto il paese. E quando ho avuto la possibilità di fare questa esperienza sono stato più che contento di farla. In quegli anni ci sono stati tanti problemi, tanti allenatori diversi, difficoltà economiche ma è stata una grande esperienza soprattutto a inizio carriera per capire cosa ti aspetta. Con lo Zalgiris, mai direi tutte le mie ex squadre, ho ancora un eccellente rapporto. Quando giocherò contro di loro sarà la mia prima volta tra l’altro”.
MALAGA – “E’ stata la mia esperienza fuori dalla Lituania, così significa trovarsi a vivere da solo, lontano da casa. Il mio primo anno ho sofferto molto, pensavo che con i grandi giocatori che avevo accanto, avremmo vinto tante partite ma non fu così, la lega spagnola è difficilissima, l’EuroLeague anche, così ho fatto fatica. Dal secondo anno le cose sono migliorate, il terzo anno è stato il migliore, Malaga è stata una grande esperienza, Plaza un coach esigente di sicuro, ma gli sono grato per l’esperienza, e Malaga come città è un posto in cui di sicuro tornerò come minimo da turista perché lo amo, grande clima, grande gente, ottimi tifosi”
LA NAZIONALE – “Mi viene in mente ora che quando abbiamo vinto l’argento europeo abbiamo sempre battuto l’Italia nei playoffs… La Nazionale è diversa, rappresenti il tuo paese, giochi per l’onore e per vincere, poi la Lituania è un paese piccolo e i giocatori si conoscono tutti, li consideri amici fin da quando eravamo molto giovani. Ed è speciale soprattutto quando vinci, torni a casa e trovi 10-15.000 persone all’aeroporto. E’ una sensazione indescrivibile. Poi se perdi invece cerchi di evitare la gente perché magari non sono troppo contenti… Mi piace giocare in Nazionale, finché avrà bisogno di me e sarò in salute ci sarò sempre”.
LA NBA – “Onestamente era il mio sogno da bambino ma poi quando sono cresciuto ho pensato che sarebbe stato davvero difficile arrivare lì e ho pensato all’EuroLeague. Ma nel 2014 quando abbiamo giocato contro gli Stati Uniti la semifinale mondiale, ho pensato che giocare contro di loro era possibile per quanto fossero grandi giocatori e grandi atleti forse potevo farcela un giorno. Quando ci sono andato, la mia è stata una buona stagione, non abbiamo vinto tanto, tante cose sono successe attorno a noi, ma è stata un’esperienza stupefacente. C’erano tre o quattro squadre attorno a me come New York ma sono contento di essere andato lì. Ho giocato in Lituania, a Malaga, New York, ora Milano, tutti grandi posti”.
LA NBA – “La prima cosa è il numero di partite, folle. Di gara in gara il club ti assicura tutto quello di cui hai bisogno in modo da permetterti di concentrarti solo sul basket. La cosa che mi ha colpito di più sono i giocatori, ad esempio Carmelo Anthony, che sono anche grandi star, personaggi famosi ma anche persone semplici. Non importa se sei una star o un ragazzo dalla Lituania, ti trattano allo stesso modo. Poi i media: dopo ogni partita, ogni allenamento trovi 30 giornalisti che vogliono fare interviste, avere qualcosa di interessante per la gente. Qualche volta non può essere vero ma te lo metti alle spalle e cerchi di pensare alla partita successiva”
MELO E PORZINGIS – “Kristaps lo conosco bene. I nostri paesi sono vicini. La mia città e la sua distano un paio di ore di auto. Siamo molto amici. Su Carmelo ho una bella storia relativa alle Olimpiadi: eravamo alla Cerimonia di apertura e avevo appena firmato per i Knicks. L’ho visto e ho pensato di presentarmi. Ma poi mi sono detto che lui è una grande star e probabilmente non sa nemmeno chi sono. Così l’ho visto ma non sono andato da lui. Poi al training camp gli ho raccontato l’episodio e mi ha detto “Naturalmente so chi sei”… e mi ha anche menzionato le mie statistiche alle Olimpiadi. Sono rimasto impressionato da lui. Un’altra cosa che ho imparato è che lui vive con tanta pressione addosso, tante attenzioni e ho capito come lasciare tutto fuori del campo e dimenticare tutto una volta che metti piede in campo”.
MILANO – “Quando ho deciso di tornare in Europa, avevo alcune squadre interessate con cui ho parlato ma non appena ho parlato con il Coach tutto è diventato chiaro perché ho capito che ha una visione a lungo termine non a corto termine. Anche adesso, abbiamo grandi giocatori ma da questi grandi giocatori, queste pedine del puzzle dobbiamo costruire una squadra. Avere grandi giocatori e una grande squadra sono due cose differenti. Nell’immediato futuro dobbiamo riuscirci e mostrare tutto il grande potenziale che abbiamo”.
IL RUOLO – “Dipende dall’avversario, soprattutto adesso che i ruoli sono quasi scomparsi e molti giocatori possono esprimersi dall’1 al 4 in base a dove hanno un vantaggio. Ovunque il coach mi veda meglio a vantaggio della squadra andrà bene. Nella NBA giocavo da 3 tutto il tempo o quasi, in Nazionale gioco più da 4, a Malaga ho giocato da 2, 3 e 4. Così sono pronto a giocare ogni ruolo e in ogni ruolo sei sempre un giocatore di basket e giochi sempre a basket”.