Scudetto Olimpia '89, un ex magistrato accusa nel suo libro: Milano aiutata dai politici
Nel libro di un ex magistrato le rivelazioni sul titolo perso da Livorno. "L’Olimpia non doveva nemmeno essere in finale, ma il Psi…"
Il libro del magistrato ora in pensione Pierfrancesco Casula, dal titolo “LGM, Lessico Giudiziario Minore” parla anche dello scudetto vinto dall’Olimpia Milano nel 1989 tirando in ballo la politica ed il PSI nella vittoria del titolo da parte delle scarpette rosse. Casula nel parla nel libro nel capitolo intitolato proprio "Meneghin".
Casula nel libro ha ascoltato anche Guido Carlo Gatti che allora era GM di Pesaro.
Questo quanto scrive Il Tirreno, Ma che c’entra la Scavolini? C’entra eccome, perché nella semifinale venne sconfitta da Milano per 2-0 (a quei tempi si giocava due su tre). Ma in garauno, a Pesaro, le Scarpette rosse allenate da Franco Casalini furono premiate da una vittoria a tavolino anche se il responso del campo era stato nettamente a favore dei marchigiani, 91-78 il risultato. Ma la gara venne caratterizzata da un episodio, la famosa monetina che, gettata dagli spalti, colpì alla testa Dino Meneghinche finì all’ospedale. I giudici accolsero il ricorso di Milano che vinse a tavolino, chiudendo poi la serie in casa e volando nella finale contro Livorno.
Sempre nel libro Casula racconta che la sera della partita la decisione era stata presa a favoe di Pesaro ma nella notte tutto cambiò.
Sempre secondo Il Tirreno, che riprende il libro dell’ex magistrato, "il presidente della commissione venne convocato in un non precisato ministero a Roma e l’indomani si presentò davanti ai colleghi annunciando di avere cambiato idea". Gatti fa i nomi di chi avrebbe influenzato il dietrofront: Carlo Tognoli e Paolo Pillitteri, esponenti del Partito Socialista, non escludendo un coinvolgimento di altri elementi di spicco del Psi. Il motivo? Per l'ex dirigente pesarese salvare l'Olimpia da una cattiva situazione finanziaria che, in caso di mancata conquista del tricolore, avrebbe potuto portare al fallimento del sodalizio meneghino".
Dopo aver vinto contro Pesaro, Milano andò in finale e vinse contro Livorno in una incredibile e storica gara 5.
Il canestro di Andrea Forti della Libertas Livorno non fu convalidato perché considerato fuori tempo massimo e Milano vinse lo scudetto.
La polemica sulla validità del canestro di Forti va avanti oramai da 25 anni.
Alle “accuse” presenti nel libro dell’ex magistrato ha risposto a Panorama Toni Cappellari, allora GM dell’Olimpia Milano.
“Affermazioni davvero senza fondamento", è la pronta replica di Cappellari, "e anche con un falso cronologico. Il risultato archiviato fu infatti il 91-78 a favore di Pesaro, con noi che comunicammo agli arbitri l'intenzione di fare reclamo, chiedendogli anche di preannunciare la cosa nel referto di fine partita. Reclamo che venne inoltrato a Roma il giorno successivo e subito discusso nell'ambito della giudicante, senza alcuna notte di mezzo. Posso solo commentare che il giudice, dopo aver preso atto di tutte le proposizioni nostre e di Pesaro, ci diede partita vinta a tavolino, con la Scavolini che non fece nemmeno reclamo in seconda istanza. Tra l'altro, eravamo in un periodo in cui era frequentissimo il lancio di monetine in campo e quella sentenza, per quanto negativa per Pesaro, fu estremamente positiva per il nostro basket perché dalla stagione successiva quella pessima abitudine scomparve. Tra l'altro, è una grossa bufala anche la teoria relativa a un possibile crack finanziario dell'Olimpia in caso di mancata vittoria: ci fu una suddivisione del patrimonio all'interno della famiglia Gabetti e Gianmario, grandissimo tifoso al contrario del fratello Elio e del padre, ottenne di ricevere tra le altre cose la società, di cui rimase proprietario fino al 1994 senza che ci fosse mai una sofferenza economica. Meglio che si rassegnino tutti: quello, per quanto caratterizzato da due episodi tanto particolari, fu uno scudetto meritatamente conquistato sul campo”.
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