Luca Banchi: La mia vita, la Milano di oggi, l'Eurolega
Tricolore con Siena e Milano, racconta il suo presente e analizza per noi la massima competizione continentale: Cska davanti al Fenerbahce, poi Real Madrid, Barcellona, Olympiacos, Panathinaikos, Anadolu e Milano
La nuova Eurolega. Campionato unico a 16 squadre, un format affascinante.
«Stimolante, sì. Spiace che siano solo 16, ma probabilmente è la soluzione migliore per una diffusione adeguata dell’evento. Cambia tutto, ovvio. I roster da 15 uomini non sono cosa solo di Milano, ma di tutti in generale. Sino all’anno scorso, il lavoro dei grandi club era in funzione di top16 e playoff. La stagione regolare, con quattro qualificazioni in gironi da sei, permetteva un’annacquamento dello sforzo sino a gennaio. Ora, bisognerà rispondere presente da subito».
Nei pronostici, Cska e Fenerbahce sopra tutti. Il Cska, paradossalmente pare essere la più forte perchè, rispetto ai turchi, un anno fa aveva più difetti. Pensiamo solo all’assenza di un centro, oltre ad Hines, dopo il ko di Freeland.
«E’ vero, ma parto dalla stagione scorsa. Penso che il Cska fosse molto più forte di quello che si è visto nelle Final Four di Berlino. La semifinale contro Kuban è stata un no-contest, d’altronde bisogna perdere prima di arrivare a vincere. In finale, la paura di un altro fallimento ha fatto capolino, e la prestazione ne ha risentito. L’unico vantaggio, per il Fenerbahce, può essere il fattore campo nelle Final Four. Non è la Ulker Sports Arena, ma non credo avranno problemi a portare altrove i loro tifosi…».
Poi, tutte le altre.
«Nel mio personalissimo ranking Real Madrid, poi Barcellona, Olympiacos, Panathinaikos, Anadolu Efes e Olimpia Milano».
Tra le sfide più affascinanti, quella di Velimir Perasovic. Ovvero un Anadolu che ha rifiutato Ivkovic più del progetto Ivkovic, cambiando poco della squadra del passato.
«Aggiungo anche che trattasi di ritorno in una piazza che toccò (nel 2010-2011, ndr) senza ottenere i risultati auspicati. Un 2.0 importante, in una struttura particolare. L’Anadolu ha una dimensione diversa da Fenerbahce e Galatasaray, senza un fattore campo non essendo polisportiva. Tuttavia vi è un roster eccellente, e un lavoro alle spalle come quello di Ivkovic: ci sono i risultati, ma anche gli interventi su organico e organizzazione del club. Bartzokas sa bene cos’ha trovato all’Olympiacos dopo l’addio di Ivkovic… Detto questo, Perasovic è coach molto esigente, se il gruppo lo segue, potrà fare molto bene».
Discorso simile per Georgios Bartzokas al Barcellona. Grande sfida sì, ma con un roster simile al passato.
«E’ vero, ma arriva in una realtà modellata negli ultimi anni da uno dei migliori coach d’Europa, Xavi Pascual. Rispetto agli anni passati ci sono dei play di grande capacità realizzativa come Rice e Koponen, in questo senso, più simili al Delaney che Bartzokas aveva a Krasnodar. Certamente ha mostrato poi di preferire lunghi alla Randolph, ma c’è un centro potenzialmente dominante come Tomic. Ho visto una squadra a suo agio nel nuovo sistema, servirà però rodaggio: ecco perchè non la vedo nelle top3».
E chiudiamo con Milano. Il suo passato, oggi.
«La proprietà, i giocatori… nessuno si nasconde, aspirano al top in Europa. C’è voglia di riscatto, profondità di roster, e un contesto ambientale che da qualche anno è tornato ad essere un fattore. C’è consapevolezza insomma. Campionato già vinto? Ho vissuto anche io questa situazione, e non è finita bene. Le distanze oggi sono ampie, ma i coach in Italia sono sempre capaci di tirare fuori qualcosa di importante in vista dei playoff. Certo, oggi come oggi, è difficile intuire chi possa mettere in difficoltà Milano».