Olimpia Milano: il riassunto di un'emozionante stagione europea
Un'analisi sui protagonisti biancorossi, di quella che comunque resta una grande Eurolega
Un’Olimpia ad un passo dalle Final4 ad inizio anno in pochi, o forse nessuno, l’avrebbero immaginata, eppure oggi c’è ancora un pizzico di rammarico e delusione nei cuori dei tifosi e anche in quello dei giocatori. Perché a furia di vittorie entusiasmanti, l’obiettivo impensabile sembrava davvero raggiungibile, per giunta in una serie playoff contro una squadra assolutamente allo stesso livello dei biancorossi, e con il fattore campo a favore. Ma si sa, il basket è bello proprio perché può capovolgere qualsiasi pronostico anche solo con un paio di giocate in tutta una serie e, purtroppo per Milano, così è stato in quei 2 maledetti minuti di gara1. Però c’è anche la consapevolezza di uscire a testa altissima da questa competizione, di prenderla come un trampolino di lancio verso una costanza di risultati nei prossimi anni, e di aver fatto tornare a sognare una città che da anni non respirava partite di così grande importanza. Un giudizio, personale, ad ognuno dei protagonisti di questa cavalcata biancorossa:
Alessandro Gentile: Partiamo dalla fine: la sua assenza nella serie contro il Maccabi probabilmente ha pesato molto di più del mese di assenza di Langford. Ha avuto un inizio abbastanza in sordina, dove si ricorda principalmente la grandissima prestazione contro il Bamberg, salvo poi crescere esponenzialmente nelle Top16, ancor di più quando Keith si è fermato ai box. Contro il Barcellona ha tirato fuori la miglior prestazione della carriera, e poi sul più bello è dovuto restare a guardare. Ma resta comunque un’ottima Eurolega la sua.
Bruno Cerella: Il protagonista che mai ti saresti aspettato. E’ riuscito ad annullare gente come Spanoulis e Diamantidis, i suoi tuffi hanno fatto incendiare il pubblico del Forum, dimostrando che a volte non serve talento per sfondare, ma bastano grinta, voglia e tantissimo cuore. E questo Bruno ha fatto. Il suo utilizzo è stato altalenante è vero, ma quando è stato chiamato in causa ha sempre reso al meglio.
Nicolò Melli: Molti ricorderanno la sua EL solo come “ha fatto l’antisportivo che ha cambiato gara1”. Certo, questo è innegabile, ma non bisogna scordarsi del grande lavoro fatto dal ragazzo reggiano in precedenza, sia nel girone che in Top16. La sua miglior giocata probabilmente resta la difesa su Wright nel match contro il Bamberg a Desio che ha consegnato poi la matematica qualificazione alle Top16. Sicuramente ha peccato un minimo di inesperienza, ma anche con ciò si cresce.
Daniel Hackett: Lui è partito dalle Top16, e lo ha fatto con il botto producendo la sensazionale prestazione contro l’Olympiacos. Poi ha avuto alti e bassi, mostrando sempre però leadership in campo e dando identità alla squadra. Certo, nella serie con il Maccabi ha avuto difficoltà in quasi tutte e 4 le partite, e questo aspetto si è sentito abbastanza. Dovrà migliorare ancora, è lui il primo a dirlo, e tutti si aspettano il vero salto di qualità di Daniel.
Kristjan Kangur: Un utilizzo spesso “limitato” dove però son spuntate due partite sensazionali come quella con il Fener e gara2 contro il Maccabi. Nel mezzo un po’ di difficoltà, ma sempre grande dedizione e impegno. Giocatore poco “visibile” ma spesso e volentieri utile alla causa.
Keith Langford: Se ci si dovesse soffermare a quel tiro libero di gara1, allora si dovrebbero dare molte colpe a lui per l’eliminazione. Però nelle precedenti 25 partite cosa è stato in grado di fare questo giocatore? Di tutto e di più. Mette a referto 29 punti per ben 3 volte, domina quasi tutte le partite, nessun difensore è in grado di tenerlo; insomma, è umano e può sbagliare, ma è stato sicuramente il miglior giocatore di Milano in questa Eurolega. Forse quell’infortunio davvero lo limita, e difatti nella serie con il Maccabi non è il solito esplosivo Keith; ma non si può cancellare lo spettacolo prodotto in precedenza.
Samardo Samuels: Per essere alla sua prima apparizione europea può ritenersi ampiamente soddisfatto. Certo, l’impatto non è stato semplice e difatti la Regular Season è stata molto altalenante, ma le Top16 sono state ai limiti della perfezione. Prestazioni sublimi con Pana ed Efes, minaccia continua per le difese avversarie, e per giunta ha iniziato anche a segnare da 3. Crescerà, perché deve crescere, ma esce a testa altissima da questa competizione, nonostante Tyus e Big Sofo lo dominino in 3 gare su 4 della serie playoff.
CJ Wallace: Limitato anche dai suoi problemi fisici, apporta giusto un minimo contributo alla causa, senza strafare quasi mai. Forse la sua esperienza sarebbe servita di più in momenti “caldi”, anche se lui stesso raramente ha dato impressione di poter risultare decisivo.
Gani Lawal: Croce e delizia. Alterna prestazioni quasi impensabili (le due contro l’Oly su tutte, ma anche gara1 contro il Maccabi), a gare in cui sembra uno che giochi a basket da due giorni. Purtroppo il nigeriano è un giocatore così, e psicologicamente deve maturare ancora molto. Se riesce anche a sistemare l’aspetto mentale può davvero essere un fattore assurdo, perché quando è in giornata, nel pitturato son dolori per molti.
David Moss: Vogliamo fare i critici? Pure lui nella serie contro il Maccabi non è il solito David, specialmente nel suo punto di forza, ovvero la difesa. Ma un giocatore così silenzioso e così utile e determinante raramente lo si vede. Spesso sembra quasi che in campo sia “isolato” eppure tutte le piccole cose che non vanno a referto portano la sua firma. E molte volte son quelle che incidono sulle partite. La sua duttilità sui 28 metri del campo è stata rimarcata ulteriormente un’altra volta, dimostrando come la sua crescita ormai sia davvero completa.
Curtis Jerrels: Dr. Jekyll e Mr. Hyde! Probabilmente mai paragone è più azzeccato per la sua stagione. Una Regular Season ampiamente insufficiente, dove non è mai entrato realmente nel gioco di Milano. Poi arriva Hackett, si libera da compiti che magari non sentiva propriamente suoi, e diventa un fattore pazzesco nelle Top16. E lo dimostrano le cifre (specialmente punti realizzati e % da 3 punti), e soprattutto lo ha dimostrato lui sul campo. In terra israeliana non rende al meglio, ma come tutta la squadra d’altronde, però è stato importantissimo come sia cambiato e cresciuto nel corso di questa stagione.
Luca Banchi: Se Milano è tornata tra le prime 8 d’Europa, questo signore in panchina tanti, tantissimi meriti li ha. Dopo anni fallimentari e, spesso e volentieri, senza entusiasmare il pubblico, lui è riuscito a mettere tutte queste cose assieme. Si è spento sul più bello, battuto comunque da un certo David Blatt, non l’ultimo degli arrivati (e se lo vogliono in NBA un motivo ci sarà), e quindi quel pizzico di rimpianto resta certamente. Ma non cancella il lavoro svolto, perché il coach grossetano deve essere solamente fiero di ciò che ha fatto. Ora però i complimenti (e i rammarici) per questa stagione europea van lasciati alle spalle. È “obbligato” a vincere lo scudetto per far tornare per davvero a gioire i tifosi biancorossi.
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