La storia del basket cinese - Parte 1
Alvise Peltrera ci introduce nel limbo del basket cinese, raccontandoci in una serie di episodi tutto quello che è successo, dall nascita, passando per Yao Ming e finendo ai giorni nostri
Dopo i recenti arrivi degli ex NBA Al Harrington e Pandas Friend, al secolo Ron Artest o se si preferisce la variante Metta World Peace, la Chinese Basketball Associasion della sua 20a stagione dalla nascita, nel prossimo campionato 2014-15, vedrà all’opera le 18 squadre sparse per l’ex Impero Celeste darsi battaglia per togliere lo scettro a Marbury ed i suoi infallibili Beijing Ducks, con due finali all’attivo negli ultimi tre anni ed altrettante vittorie. L’8 novembre, data di kick off del torneo, si aggiungeranno altre due squadre, Jiangsu Tongxi, ridente paesaggio dove prospera la moderna “Cultura Jianghuai” e Chongquing Drangons, famosa per la sua luccicante, portando le partite in tutto a 38 e rendendo così più competitivo il già divertente ed alquanto ignorante campionato che si disputa all’interno della Grande Muraglia.
Innegabile che sempre più appassionati di basket dovranno confrontarsi con l’emergente realtà cinese, incuriositi per lo meno dai variegati roster con ex stelle NBA e giovani dragoni rampanti come l’altissimo Qi Zhou erede designato di Yao. Nomi come Toney Douglas, ex GSW e Miami, il quale ha scelto “la via del samurai” (o meglio, del Dragone) andando a giocare nell’antica Capitale delle Sei Dinastie, Nanjing; Al Harrington, tatuatissima power forward ex Bullets ha deciso prendersi casa a Jinjiang fronte Taiwan; Jacob Pullen non ha di certo aspettato ed ha firmato un redditizio contratto con i guerrieri di Liaoning. Probabilmente anche Gustavo Ayon, centro mestierante messicano, e Hamed Haddadi, idolo delle folle per il kebab sempre caldo, stanno seriamente vagliando l’opportunità di atterrare a Pechino dopo i Mondiali di España 2014.
Quest’anno dunque, perchè no, si può decidere di pranzare con riso alla cantonese ed involtini primavera mentre si gusta un’energica azione della combo-guard Emmanuel Mudiay, giovanissima promessa delle HS e del continenet nero, con le tigri del sud di Guangdong od un bel flagrat dell’amico dei panda, al secolo Metta o semplicemente Ronald Artest e le sue balene blu di Sichuan.
Ma partiamo con ordine. La pallacanestro fu importata in Cina grazie a Mao Zedong ed i suoi seguaci, attorno agli anni ‘20 - ‘30, i quali iniziarono a giocare una specie di basket, un rudimentale gioco del moderno cesto. Vien da sè che durante quel periodo se Mao gradiva il basket, era di conseguenza gradita una massiccia partecipazione di tutto il popolo. E così poteva succedere ad esempio con la pesca al tonno o il ricamo l'uncinetto.
Il primo vero e proprio assaggio di basketball, lo si ebbe, però verso gli anni ‘50: nei programmi degli YMCA americani (Young Men’s Christian Association, fondata nel 1844 ben prima della canzone dei Village People) oltre ad (im)portar la Bibbia, decisero portare anche la palla a spicchi (strano legame il Vangelo e il basket, ma ancor oggi ne traiamo beneficio). La zona di sbarco dei giovani cristiani fu Tianjin, una manciata di chilometri a sud di Beijing percorrendo il grande fiume Chaobai. Manco a farlo apposta, il basket attecchì in quella che oggi è la quarta città per grandezza ed importanza del paese. Così cominciarono a crearsi le prime squadre, i primi campi da gioco. Il perchè di tale successo è molto semplice: servono pochissime cose: un pallone un qualsiasi cosa possa fungere da anello e pochi giocatori. Nella povertà delle risaie dell’epoca questo sport così “morigerato”, fu una vera e propria manna dal cielo. Altra nota da aggiungere molto importante sulla diffusione del basket in Cina: al tempo come ora, qualsiasi cosa provenisse dagli States faceva figo e tremendamente must have. Si può tranquillamente asserire che scimmiottando ancor oggi l’NBA, moltissime squadre cinesi continuano a preparano e sviluppano i loro giocatori.
Ma il vero boom d’amore verso la pallacanestro fu tra gli anni ‘70 e ‘80, gli anni d’oro NBA. Perchè? Unite la birra, la Tsingtao, e le prime liberalizzazioni (pochissime a dir il vero ma nel nostro caso significative) in fatto di usi e costumi, soprattutto in fatto di TV. Su ogni bottiglia di Tsingtao c’era un bell’adesivo con il buon vecchio Mr. Logo in penetrazione, ogni minuto passava per i canali catodici la suddetta birra a prezzi stracciati affiancata a spettacolose azioni di gioco dagli States. Bum, era scoppiata la NBA Mania.
Dovete sapere che la cultura cinese è alquanto singolare ed influenza la vita quotidiana di ogni cittadino. Al cinese medio piace lo spettacolo, la magnificenza e la grandezza. Cosa c’era di meglio che veder uomini volare con la stessa palla che milioni di ragazzi avevano in mano per schiacciare come Jabbar oppure vedere passaggi fantasmagorici di Stockton o Magic, le triple di Bird. Un mondo così lontano, così diverso che però portava con sè un grande insegnamento: con quella palla in mano milioni di cinesi (oggi si parla di circa 350 milioni di ballers e di una fan base dalla quale attingere di circa mezzo miliardo) potevano evadere dalla povertà dalle diseguaglianze sociali e dalla monotonia di una vita imposta.
In questi decenni si formò la scuola cinese di basket, la quale sfornò un nome su tutti. Ming Yao, la macchina perfetta studiata a tavolino, l’uomo che doveva portare al bar molti giocatori NBA, frutto di un esperimento che solo la megalomania e la pazienza millenaria cinese potevano pensare.
Articolo di A. Peltrera
Pagina di 2