NBA Biography Christmas Special: Bill Russell (Parte 1)
Appuntamento speciale di Natale della rubrica NBA Biography Fanzone. È la volta del 13 volte campione ed ex Boston Celtics Bill Russell
Giuro che è l'unica volta che scrivo una storia del passato! Normalmente scrivo le storielle di giocatori contemporanei, del passato so ben poco. Mi intendo (se... Intendo per modo di dire eh!) dell'NBA contemporanea e di quella degli anni '50-'60. E mi sembrava bello far conoscere a chi non la conosceva (e so che già moltissimi la conoscono) o a chi voleva approfondire la storia di un campione come lui, è lunga, ci saranno più parti, ma spero che a qualcuno piaccia/serva. Buona lettura!
William Felton Russell nasce a Monroe, il 12 Febbraio 1934 (79 anni nel momento in cui vi scrivo e un arresto pochi mesi fa per possesso di armi da fuoco in un aeroporto, 79 ripeto). Il nonno è il primo della famiglia Russell a essere nato uomo libero e non schiavo. Monroe è un paesone nel nord-est della Louisiana diviso in due dalla lama del fiume Ouachita, pigro affluente del Mississippi.
Il mondo non lo saluta nel migliore dei modi: non riesce infatti ad assimilare né il latte materno né quello artificiale. La debolezza per ciò gli porterà per due volte la polmonite, e una volta di queste, rischierà pure la morte.
Non è facile per una famiglia di neri vivere nel Louisiana a metà degli anni ’30: il razzismo è al suo apice. Nonno Charles aveva oramai accettato il fatto che bianchi e neri erano due realtà diverse, mentre il papà Charlie e la mamma Katie sono dell’opinione opposta. La famiglia Russell, nel 1942, si sposta sulla costa Ovest, a Oakland, dove la discriminazione era minore. Bill (il soprannome datogli dalla madre) non ne poteva più del razzismo. C’erano le fontanelle “per soli bianchi”, i bar in cui non potevi entrare, i bus in cui non potevi salire. Tutto sembra migliorare nella calda California, fin quando, nel 1946 (Bill ha appena 12 anni) la madre Katie, figura fondamentale della famiglia, si ammala gravemente. Morirà pochi giorni dopo, a 32 anni. Sul letto di morte lei implorerà il padre di Bill di mandare il figlioletto a scuola.
Bill, per adempiere al desiderio della madre, si mette a lavorare in un cantiere vicino casa per racimolare qualche dollaro per iscriversi alla scuola serale (per soli neri) per cercare di guadagnare almeno un diploma.
Il papà, dopo vari lavori giornalieri e tanta fatica, riesce a iscriverlo ad un vero e proprio liceo della città, la McClymonds High School, scuola ricordata principalmente per meriti sportivi più che scolastici. Nonostante il fatto che il padre e il nonno avessero avuto doti fisiche superiori alla media, Bill sembra avere inizialmente problemi con lo sport. Ha un signor fisico, che però non riesce a esprimere. Inizia principalmente con il basket, ma viene subito escluso dalla squadra scolastica. Il secondo anno Bill ci mette impegno e duro lavoro, e riesce a entrare in squadra. Ha però un grosso un problema: non si fida dei bianchi (e come biasimarlo). Il suo allenatore liceale, George Powles, è proprio un bianco. Powles gli diceva in allenamento “Bill non saltare”, lui annuiva con la testa ma continuava a fare ciò che gli passava per la testa. Però senza ascoltare l’allenatore è dura crescere. Bill continua a essere fra i peggiori in squadra. Ha un fisico impressionante, una velocità pazzesca (corre in 48.9 i 400 piani e riesce a saltare 2.01 metri) ma sbaglia tiri, appoggi da solo e tutto ciò che gli capita in mano, corre come un’antilope, ma non sembra molto tagliato per questo sport. Viene affiancato da molte persone che lo spingono a migliorare, e a 17 anni, dopo un paio d’anni di durissimo lavoro per plasmare quel corpo possente in un corpo da basket, diventa già un buon giocatore di basket.
Caso vuole che nell'ultimo anno di liceo Hal De Julio, scout di University of San Francisco, assiste ad una partita di Bill e, nonostante fosse evidente una più o meno grossa mancanza dei fondamentali, riuscì comunque ad intravvedere in lui un’estrema fiducia in sé stesso e la capacità di trovare il tempo giusto nei rimbalzi e nelle stoppate. Ecco perché convince coach Woolpert, allenatore dell’università, a garantirgli una borsa di studio per l’università di San Francisco. Il sogno di mamma Katie, lui non dovrà più andare ai corsi serale, andrà al college.
Allora però valeva la regola che i freshmen (gli studenti al primo anno di università) non potevano partecipare alle gare ufficiali ma solo allenarsi per tutto il loro periodo da matricola. La filosofia di coach Woolpert (bianco, ma non razzista, e gesuita) era: si sta bassi, con le mani alzate e i piedi letteralmente incollati al parquet. Bill invece non la pensa cosi:
“Perche non si può saltare e stoppare il tiro degli altri, coach?”
“Perché non è cosi che si gioca a basket”
“Ed io gioco cosi”
Bill fa il suo debutto (con tanto di numero 6) con gli Homeless Dons (si perché la squadra non aveva neanche il palazzetto, giocava nel quartiere di Homeless, mentre Dons deriva dell’etimo ispanico della zona) nell'inverno del 1953. Gli avversari sono la migliore formazione di tutto il panorama californiano: i California Bears di Bob McKeen, un All America Second Team. Bill fa 23 punti… e 13 stoppate (ahh, ma allora anche il suo sistema funziona) oscurando completamente compagni di un certo calibro come Jerry Mullen, Frank Evangelho e K.C. Jones (futuro compagno Celtics ed Hall of Famer). Vince USF 51 a 33, McKeen subisce 7 stoppate da Russell e viene completamente cancellato.
La squadra pensa di poter puntare in alto, ma pochi minuti prima della seconda gara stagionale contro Fresno State l’appendice di K.C. Jones esplode letteralmente. Il giocatore rimase 5 giorni in coma fra la vita e la morte per poi salvarsi successivamente. La squadra vince in suo onore, ma senza di lui, nonostante un gigantesco Bill Russell, non riesce neanche a qualificarsi per il torneo finale con un record di 14 vittorie e 7 sconfitte.
L’anno successivo (il terzo di Bill, il secondo da giocatore di basket) fermare USF sembra un’impresa, complice anche il rientro di K.C. Jones. Dopo due vittorie viene sconfitta per 47 a 40 ad opera di UCLA di John Wooden e del futuro Celtic Willie “The Whale” Naulls, ma sarà l’ultima battuta d’arresto per molto, molto tempo. Coach Woolpert inserisce nel quintetto base il terzo afroamericano, Hal Perry, cosa che all'epoca spezzò completamente le barriere razziali sul basket del tempo. La settimana successiva Bill prende la sua rivincita contro i Bruins battendoli 56 a 44 con 23 punti e 21 rimbalzi. Non è importante tanto la partita, bensì il fatto storico: sarà la prima di 55 vittorie consecutive dei Dons di Russell. Per la partita successiva la squadra vola ad Oklahoma City in trasferta. Quando ai giocatori viene negato il permesso di alloggiare in un hotel, tutta la squadra decide di passare la notte in un dormitorio universitario chiuso per le festività. Quell'esperienza crea un forte legame tra i cestisti, ed è inutile dire che nel torneo arrivarono tre facili vittorie contro avversarie valide come Wichita State (94 a 75), Oklahoma City University (75 a 51) e George Washington (73 a 57). Da li in poi tartassano ogni avversario fino la torneo NCAA. Al primo turno i Dons distruggono West Texas State per 89 a 66 grazie a 29 punti di Russell.
Un po’ di partite del torneo più avanti, l’11 marzo 1955, nelle Western Regionals Finals USF affronta Utah (acerrimi rivali) e nel primo tempo chiude vincendo 41 a 20. Bill si sente poco bene nell'intervallo e il medico di squadra gli proibisce di rientrare. Utah recupera fino al -8. Timeout di coach Woolpert, la squadra è preoccupatissima e ha paura di farsi rimontare e uscire dal torneo per il secondo anno consecutivo. In tribuna c’è Ed Duggan, laureatosi in medicina proprio alla USF, che consiglia a Bill di giocare, a patto che il giorno dopo effettuerà un paio di visite di controllo. Bill rientra e chiude le possibilità di rimonta a Utah vincendo 78 a 59.
Il problema più grosso si verificherà per la partita successiva. Coach Woolpert si chiede se Bill potrà giocare contro Oregon State ed il suo gigante da 221 centimetri “Swede” Halbrook. Bill gioca, anche se in condizioni fisiche pessime. Viene raddoppiato continuamente da Halbrook e dall’altro “sette piedi” Phil Shadoin. La partita degenera quando Jerry Mullen, altra stella di USF, si procura una distorsione alla caviglia al secondo quarto. La partita è 57 a 56 a favore di USF ma quando mancano 2 secondi dalla fine Halbrook guadagna una palla a due contro il piccoletto K.C.Jones. Il coach avversario è sicuro della vittoria del suo 221 contro un 180 ed è pronto a chiamare subito timeout e disegnare lo schema non appena la palla sarà vinta. E invece quando la palla è in volo K.C. la toglie dalla testa del gigante per finire in mano a Bill e chiudere la partita. FINAL FOUR!
E’ la ventiquattresima vittoria consecutiva e la squadra si prepara a volare a Kansas City per le Final Four dove dovrà affrontare Colorado. Senza Mullen la squadra ha molti problemi, Colorado è sempre attaccata, ma USF vincerà 62 a 50. La finale allora sarà University of San Francisco vs LaSalle, “Russell the Remarkable” contro “Gola the Great”. Chi è Gola the Great? Tom Gola, stella di LaSalle, viaggia a 23 + 13 rimbalzi di media.
Coach Woolpert fa dell’incredibile per quella finale. A marcare Gola non sarà Russell, bensì K.C. Jones (circa 30 cm di distanza). Woolpert non vuole che Gola (tiratore da fuori dall'area) portasse lontano dal canestro Bill, limitando il suo potenziale a rimbalzo. Jones tiene Gola a 16 punti e ne realizza 24, uno in più di Bill, che però prenderà anche 25 rimbalzi. Vittoria 77 a 63. I 118 punti del centro di USF in tutto il torneo NCAA battono il record fatto registrare da Gola un anno prima, e gli valgono il trofeo di MVP, il primo afroamericano a vincerlo.
L’anno successivo i Dons vogliono ripetersi. Il 28 Gennaio 1956 battono il record di vittorie consecutive vincendo 33 a 24 contro California, partita con possessi infiniti perché il coach californiano Pete Newell (ex Dons) considerava il perder tempo l’unica arma con cui cercare di battere USF.
Intanto l’NCAA impone a USF di fare a meno per il torneo finale di K.C. Jones. La causa? Averlo fatto giocare dopo quella terribile appendicite quando il regolamento prevedeva un’anno di riposo per fatti del genere. Quindicimila persone accorsero per salutare all'ultima partita di stagione regolare Jones, che terminerà il percorso universitario (come Bill) a fine anno. In quella partita USF distrugge St.Mary’s 82 a 49. Il primo turno del torneo nazionale li vide contro la UCLA di John Wooden. I Dons costringono uno dei migliori attacchi dell’ intero lotto a zero canestri in uno spazio di otto minuti, e prendono il largo e grazie ai 23 punti di Eugene Brown ed ai 21 di Russell e chiusero agevolmente sul 72 a 61. La sera dopo, in una gara più combattuta di quanto dica il 92 a 77 finale, la squadra dovette lottare fino alla fine per avere ragione degli eterni rivali di Utah, e solo grazie all'ottima gara del numero 6 (27 punti) riuscì ad avere la meglio. Per la seconda volta consecutiva il gruppo di Woolpert era alle Final Four, ma riuscirà a ripetersi senza K.C. Jones, decisivo nella finale del 1955? In semifinale distruggono agevolmente Illinois 86 a 68 (dopo essere stati 40 a 19 per USF all’intervallo), Bill ne ha fatti 17 e si prepara alla sua seconda finale NCAA consecutiva. Dopo LaSalle lo scorso anno, questa è la volta di Iowa. Gli Hawkeyes l'anno scorso erano arrivati alle Final Four perdendo proprio con LaSalle, e la squadra punta tutto su Carl "Sugar" Cain.
Iowa parte alle grande: parziale 15 a 4 iniziale. Russell non ci sta. Stoppa tre tiri di fila avversari, segna e continua a prendere rimbalzi per portare i Dons in vantaggio 38 a 33 all'intervallo. Aveva 8 punti e 11 rimbalzi all'intervallo. Terminerà con 26 punti e 27 rimbalzi. Inutile dire che USF vince, finirà 83 a 71.
Bill ha terminato la carriera universitaria e il presidente degli Stati Uniti d'allora, Dwight D. Eisenhower, sta per ricevere la visita (come si faceva al tempo) dei campioni NCAA annuali. Durante l'incontro sollecita Russell e K.C. Jones a partecipare alle olimpiadi 1956 di Melbourne, senza nemmeno una sola partita NBA. Come è andata? Oro... molto tranquillo... 53,5 punti di scarto medio, fate voi...
Ora, dopo le olimpiadi, Bill ha due scelte davanti da se: andare a giocare agli Harlem Globetrotters di Abe Sapestain (come farà fra qualche anno il rivale Wilt Chamberlain) oppure decidere di entrare nell'NBA. È Saperstain a fare la prima mossa. Va a trovare Bill, discutono e cercano di trovare un'accordo ogni giorno. Però ad un certo punto Saperstain decide di trattare con coach Woolpert, lasciando Bill da parte. Russell è infastidito e abbandona l'ipotesi Globetrotters.
Bill si presenta con un discreto biglietto da visita: 2 titoli NCAA, 2 MVP Final Four e 20.7 punti con 20.3 rimbalzi di media in tutta la carriera universitaria.
Bill Reinhart, a quel tempo allenatore di George Washington e mentore di Red Auerbach (allenatore dei Boston Celtics), aveva consigliato all'allievo di scegliere il ragazzone di Monroe, secondo lui perfetto per Boston. Non aveva tutti i torti. A quel tempo i Celtics avevano una squadra dal potenziale offensivo impressionante, ma soffrivano sia rimbalzo che in difesa. Era proprio perfetto per loro.
I Celtics avevano la terza chiamata assoluta al draft 1956, davanti a loro con la prima i Rochester Royals e con la seconda i Saint Louis Hawks. Gli Hawks avevano già il grande Bob Petit come pivot titolare, sarà facile strappargliela. Ben Kerner, proprietario della franchigia che si trasferirà più avanti ad Atlanta ed ex datore di lavoro di Auerbach, tirò la corda fino in fondo: pretese in cambio Ed “Easy” Macauley e Cliff Hagan. Macauley (che Boston non voleva cedere) ha un figlioletto malato di meningite e le strutture ospedaliere di St.Louis sembrano più preparate nella cura di questa malattia, per questo spinge molto per la sua cessione agli Hawks. Alla fine Boston accetto lo scambio Macauley + Hagan per la seconda scelta di quel draft. Ora rimanevano i Royals da convincere a non scegliere Bill. Rochester aveva già sottocanestro Maurice Stokes e sopratutto non poteva permettersi i 25.000 dollari che Bill Russell chiedeva di ingaggio mensile. Per avere la sicurezza Russell il proprietario dei Celtics, Walter Brown, ebbe un'idea: a: in cambio della mancata scelta di Russell, Brown avrebbe portato a Rochester le “Ice Capades”, lo spettacolo su ghiaccio di cui era uno dei “patron”. Rochester ci sta. Boston ha la strada spianata verso Bill.
30 Aprile 1956. No, non c'è (ancora) David Stern. C'era il primo commisioner di sempre da quando la lega esiste dal '46: Maurice Podoloff. Lui annuncerà che i Rochester Royaks scelgieranno Sihugo Green, G/F da Duquesne. A questo punto, in versione sterniana: "With the 2nd Pick, in the 1956 NBA Draft, the Boston Celtics select: Bill Russell from University of San Francisco".
L'NBA arriva con la parte 2, sperando che questa sia piaciuta... E non abbia annoiato troppo...
Per Sportando: Leonardo Genta (CelticLG)