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NCAA 02/06/2015, 15.21

Ronnie Fields of Dream: Si scrive Ronnie Fields, ma si legge futuro

La storia di Ronnie Fields: Ronnie Fields #23. Ad oggi, probabilmente, quel nome dice poco o nulla, ma nel Febbraio del 1996 quel nome, a Chicago e non solo, significava il miglior giocatore della nazione

NCAA

Tratto da HoopsDemocracy.

 

Chicago, 26 Febbraio 1996


Il tabellone dello United Center segna 6 minuti e spiccioli da giocare nel terzo quarto. I Bulls stanno dominando una delle tantissime gare di una stagione che diverrà semplicemente leggendaria e le vittime di turno sono i Minnesota Timberwolves di JR Rider. L’arena conta l’ennesimo tutto esaurito anche perché Michael Jordan convince facilmente tutti a venire a palazzo.

Per la verità stasera una parte di pubblico è lì non solo per lui; la parte che non viene da downtown e che non lavora in uno degli uffici della splendida e famosissima Willis Tower. No, stasera allo United Center è presente anche un folto gruppo di afroamericani che hanno scelto non a caso questo match per presenziare. Sul campo infatti c’è uno di loro, uno che fino a pochi mesi prima salutavano per nome fra le loro strade, quelle del South Side or Die e che oggi battaglia contro Dennis Rodman dotto i tabelloni NBA. E’ magro e altissimo, ma si muove con una leggerezza impressionante e quando infila il jump in arresto e tiro per i suoi primi due della serata, un piccolo boato proveniente dalla piccionaia celebra il canestro. Sono loro, quelli del South Side che festeggiano il primo centro di tale Kevin Garnett . Dopo un paio di altre giocate degne di nota (fra cui una schiacciata a difesa schierata che deve aver fatto intravedere non poco) la tv indugia sulle Nike del 21. C’è scritto qualcosa, un nome ed un numero: Ronnie Fields #23. Ad oggi, probabilmente, quel nome dice poco o nulla, ma nel Febbraio del 1996 quel nome, a Chicago e non solo, significava il miglior giocatore della nazione. Significava prima scelta assoluta al prossimo draft, significava futuro e speranza per chi non l’aveva, significava semplicemente tutto.

Ma quel nome Kevin non lo aveva scritto sulle sue scarpe a caso.


L’aveva impresso perché poche ore prima la carriera di Ronnie Fields era appena finita ancora prima di cominciare.


La storia di Ronnie Fields non è la storia del più forte giocatore mai uscito dall’area metropolitana di Chicago a non indossare una canotta NBA. Quella è la storia di Benji Wilson, un altro figlio del South Side.


Ronnie semplicemente non ce l’ha fatta, nonostante ce la potesse, anzi dovesse fare. Ma è il perché la parte più interessante.


Fileds venne alla luce il 28 Febbraio del 1977 nella Chicago più scura, quella delle gang. La zona in cui cresce è quella di Catham, allora come oggi uno dei posti più violenti del mondo.


Papà semplicemente non esiste e Ronnie cresce poverissimo con la madre, la sorella ed un fratello.


A Catham non appena si realizza la realtà, l’imperativo è fare soldi, perché con i sussidi statali una famiglia non campa. Così non era raro vedere orde di ragazzini intenti a cercare con ogni sforzo possibile di racimolare qualche dollaro, utilizzando via poco o per nulla legali, spesso diventando giovani pusher al soldo dei grandi, quelli delle gang.


Ma il giovanissimo Ronnie ha altri piani.


Nessuno sa bene da dove nasca, ma la sua passione per il basket lo coglie in tenera età ed ogni momento libero lo passa al playground sottocasa. Ore ed ore ad imitare sua altezza reale MJ che però opera più a nord ed il prezzo per assistere allo spettacolo è di gran lunga fuori portata per la famiglia Fields.


Quando si comincia a fare sul serio, le ore al campetto pagano e Ronnie Fields diventa improvvisamente il futuro del basket targato Chicago.


La voce che esista sul pianeta uno bambino delle medie con un’elevazione di 127 centimetri da fermo, si sparge presto, prestissimo fra le strade di Chi-Town ed assume presto i connotati mitologici della ghetto superstar.


Ma quando lo si inizia a veder giocare dal vivo, si capisce presto che di mitologico e leggendario c’è ben poco. Ronnie Fields ha il talento atletico e tecnico di un junior anche se non ha ancora calpestato per un volta il parquet come freshman.


Ronnie Fields è qualcosa di raro anche se ha solo 14 anni. Tecnicamente, grazie agli anni (letteralmente) passati a tirare al playground è già avanti e non di poco per la sua età, ma è fisicamente che appare in tutto e per tutto come un autentico prodigio. Le sue schiacciate sono roba da cineteca che attirano fans da ogni angolo della città. Le sue windmill diventano il marchio di fabbrica di un ragazzino che in molti considerano già come un prossimo professionista, l’erede delle tante superstar, da Isaiah Thomas a Mark Aguirre che dominano la lega dell’avvocato Stern.


E Ronnie appare adatto per gestire anche tutto l’Hype che gli gira intorno fin da quando è un freshman presso la Farragut Accademy.


Si perché il nostro, per quanto giovanissimo, ha uno e un solo obbiettivo che si chiama National Basketball Association e sa che per raggiungerlo certi cose è bene non farle e certi personaggi è bene evitarli.


Le sue prime due stagioni sotto coach Nelson non fanno che accrescere la sua leggenda.

Uno così, fra le high school della città del vento era da molto, molto tempo che non si vedeva. Anzi,forse non si era mai visto.

Ronnie sforna quarantelli e cinquantelli fin da freshman, affrontando i ragazzi più grandi senza il benché minimo timore. E’ semplicemente immarcabile.


Il campo della Farragut High diventa il teatro dello show al quale non si può mancare: The Ronnie Fields Air Show.


Le sue affondate fanno saltare dalla sedia ogni essere umano che le testimonia, ma scordatevi il saltatore devoto unicamente alle schiacciate con poca pallacanestro nelle mani. Fields è una guardia tiratrice capace di abusare fisicamente (anche in tenera età) dei suoi marcatori, con un buon tiro da fuori e una cattiveria agonistica degna del miglior Barkley.
 

 

Si scrive Ronnie Fields, ma si legge futuro.


Questo lo sanno tutti, in tutta America, ecco perché quando viene selezionato per il Nike All American Camp (Fields detiene il record come primo ed unico sophmore ad essere mai stato selezionato per la competizione) del 1993, la sua personalità magnetica conquista un suo compagno di squadra al raduno, un ragazzo magro e altissimo che di nome fa Kevin e di cognome fa Garnett.

I due stringono da subito un’amicizia che durerà fino ai giorni nostri e quando KG racconta delle difficoltà che occorrono nel vivere e giocare nella rurale Mauldin del South Carolina, Ronnie coglie al volo l’occasione e propone a Garnett di unirsi a lui nella Farragut formare così la miglior coppia liceale della nazionale.


E KG accetta.


Ronnie è una stella affermata fra le strade di Chicago, in estate gioca già contro i pro della NBA e non va sotto contro nessuno.


Con KG formano il one-two punch più forte dello stato dell’Illinois e della nazione asfaltando ogni singolo avversario si ponga fra loro e la vittoria. L’obiettivo? Ovviamente il titolo statale!

 

 

La finale dell’ultra competitivo torneo statale dell’Illinois si gioca all’ Assembly Hall di Champaign, Illinois e a sfidare la Chicago Farragut, che si presenta con un record di 28 vittorie ed un solo stop (occorso senza Ronnie) ci sono i Wildcats della Harvey Thorton.


E la sensazione è che sul parquet stia per andare in scena il classico duello fra zorro e il sergente Garcia. Nessuno degli avversari sembra possedere neanche un decimo del talento di Ronnie e KG e a dirla tutta molti tra i Wildcats non sono neanche giocatori di pallacanestro, ma ragazzi del football prestati al basket. Tutti a parte uno che, a differenza di Fields, la NBA la raggiungerà: Melvin Ely.


Ma com’è come non è accade l’impensabile. Diventa una di quelle gare nelle quali un squadra è nettamente più forte, ha i migliori giocatori e la miglior organizzazione, ma per quale motivo non riesce a prendere il controllo della partita. E così sotto di tre, a pochi secondi dalla sirena, prima KG e poi RF tentano il tiro del pareggio che però non raggiungerà mai il fondo della retina.


Game over e la carriera alla high school di Garnett finisce con un niente che rimbomba in tutta la nazione.


Ad eccezione del Minnesota che lo sceglierà con la 5a scelta del draft 1995, selezionando così, sostanzialmente, il primo giocatore della storia a passare direttamente dalla High School alla NBA (e a breve, nella Hall of Fame).


Senza Kevin, nel suo anno da senior Ronnie è pronto a seguire le orme del suo amico e la sua stagione sembra non lasciare dubbi al riguardo: 32.4 punti, 12.2 rimbalzi, 5.1 assist, 4.5 stoppate e 4 palle recuperate con gli Admirals che marciano di nuovo verso la finale statale e un enorme murale dipinto sul muro della palestra della Farragut ce immortala il numero 23 mentre vola scacciare contro uno sfortunato difensore. Siamo ben oltre il mitologico.

Il nome di Ronnie precede quello di Kobe Bryant, Mike Bibby, Ron Mercer e Jermaine O’Neal nella graduatoria di migliori liceali d’America. Tutto sembra andare alla grande, fino al 25 febbraio del 1996, ad una settimana all’inizio dei playoffs.

“A weird day”. Così definirà quella giornata proprio Ronnie Fields. Dopo scuola, nel pomeriggio, gira qualche Foot Locker della zona e firma, come di consueto, qualche centinaio di autografi. Poi con un compagno di squadra se va in giro fino a sera, spingendosi fino a Lombard, 35 chilometri fuori da Chicago. Si fa tardi, è passata da poco la mezzanotte e i due hanno scuola al mattino.


Ronnie riaccompagna l’amico a casa, che abita a Maywood, un quarto d’ora d’auto dal South Side. E’ l'una quando Ronnie si sente offrire, dalla madre dell’amico, il divano del salotto come soluzione per la notte. Fuori piove ed è meglio per tutti se Ron non affronta il tratto di strada da solo, ma 15 minuti d’auto spaventano una mamma, ma non di certo il miglior giocatore delle high school americane! 


Le luci dell’ambulanza illuminano la strada bagnata e l’aria ha l’odore di paura.

Ronnie è sotto shock. Si è appena schiantato con la sua macchina dopo uno spaventoso testa coda. Lo stanno portando via e lui continua a chiedere se il giorno dopo potrà allenarsi con i suoi, perché i playoffs sono ad passo e lui deve assolutamente esserci.

Quando arriva in ospedale un dottore chiede all’infermiere di turno chi sia quel ragazzo e perché intorno a lui si stia radunando un vera e propria folla.

La risposta è: “Doc, quello è il miglior giocatore di Chicago”

“Michel Jordan?”

“No, Ronnie Fields.”


Ronnie si frattura un osso del collo. Rischia la paralisi, è costretto a indossare un alone protettivo che lo assomigliare sinistramente a tutto tranne che ad un futuro giocatore professionista di basket, ma fortunatamente riesce a recuperare al 100%. Riceve le visite dell’intera comunità di Chicago, perfino il sindaco va a trovare il fenomeno Ronnie Fields. E anche Garnett che è appunto in città con i suoi T-Wolves.


Fields è messo male, ma la sua determinazione e la sua sicurezza non si sono intaccate.


La NBA però si è raffreddata. Gli scout si sono fatti indietro, anche se non definitivamente. La decisione più logica appare quella del college e per Fields si fa il nome di De Paul, l’università locale meta di tanti e tanti giocatori di Chicago.


Coach Meyer, all’epoca allenatore dei Blue Demons, ha fatto firmare a Ronnie la lettera di reclutamento e De Paul diventa immediatamente uno delle top 25 università nel ranking della stagione 1996-1997. Sembra fatta.


Un problema c’è però. Ronnie nei suoi 4 anni alla Farragut ha fatto tutto tranne che studiare.


Risultato: Ronnie Fields, Mr. Basketball dell’Illinois per il 1996, non è eleggibile a livello accademico per la NCAA.


Ok. Ronnie Fields, il miglior liceale degli Stati Uniti d’’America, si è rotto il collo ed è ineleggibile per la NCAA. Ma rimane comunque un giocatore pazzesco. Almeno fino al 30 giugno del ’96.


Un’ altra data da ricordare. Purtroppo.


A casa del suo ex assistente allenatore alla Farragut, ci sono il nostro, 2 amici e una giovane 23enne.


La stessa che accuserà i 3 di averne abusato sessualmente.


Così tassello dopo tassello il magico mondo di Ronnie Fields si sgretola in 1000 pezzi che cadono sula pavimento lercio di una cella in quel di Chicago.


Scatta il processo, che per attenzione mediatica ha poco da invidiare a quella riservata all’ O.J. Simpson.


Ronnie si dichiara colpevole, seguendo la geniale strategia difensiva del suo avvocato. Libertà vigilata e tanti, tanti saluti alla NBA.

Potrebbe concludersi così la storia di Ronnie Fields. Uno che sarebbe potuto diventare un All Star, sicuramente un milionario ed invece sbaracca il lunario in un supermercato del South Side e domina i playground locali anche quando di fronte si trova quelli che nella NBA ci giocano.


Ed invece no, non finisce qui la storia.


Ronnie Fields giocherà 8 anni nella CBA, antenata dell’attuale NBDL, oltre a tante apparizioni in paesi lontani dal suo south side: Grecia, Turchia, le Filippine, il Venezuela e la Repubblica Domenicana.


In CBA non avrà rivali, a tal punto da guidare la lega in punti e assist. Nonostante questo la chiamata al piano di sopra non arriverà mai. Chissà perché.


Ronnie sarebbe stato una shooting guard alla Joe Dumars, con le gambe di Harold Miner, forte fisicamente e con un discreto (evidentemente non sufficiente per la NBA) tiro da fuori.


Ma forse nonostante tutto la NBA non era nel destino di Ronnie Fields, il re di Chicago, la speranza del south side, semplicemente the Air Show.


Ps: Per chi volesse sapere qualcosa di più della carriera in CBA del nostro Ronnie, vi consigliamo caldamente il pezzo scritto da Federico Buffa nel suo Black Jesus.

Di Edoardo Tamalio

Responsabile comunicazione & marketing presso la Amnesty Don Bosco (campionato DNB) della sua Livorno.

 

 

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Comments Occorre essere registrati per poter commentare 7 Commenti
  • andrebott 02/06/2015, 18.40

    Non conoscevo assolutamente la storia ma complimenti all'autore dell'articolo perchè mi ha preso molto!

  • Elijah 02/06/2015, 16.42 Mobile

    Forse un po' troppo generoso definirlo un dumars con le gambe di miner. Pur senza aver visto una sua partita completa mi dà l'idea di un 3 alto meno di 1,95 con un tiro da fuori ondivago...per quanto forte ed atletico non sarebbe mai diventato una super star. Anche se il fade away "solo Jordan lo faceva meglio".

  • Vspan7 02/06/2015, 16.23

    caspita, mi ha messo una tristezza questo articolo...

  • react 02/06/2015, 15.51 Mobile

    Questi articoli mi piacciono un casino. Complimenti

  • PesicBuendia 02/06/2015, 15.48

    Ho letto black jesus e Buffa racconta la stessa storia ma, a mio modo di vedere, con maggiore lucidità e ponendo l'accento su questioni qui minimizzate.
    Sulla CBA non può scrivere granchè, avendo scritto gli articoli su Fields tra il '97 e il '98 (e in ogni caso non lo descrivevano minimamente come un giocatore dominante)

  • RedMambaPT 02/06/2015, 15.38

    Cavolo che storia...