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NBA 10/03/2018, 12.19

Steve Francis su The Players' Tribune: Ho una storia da raccontare

Una incredibile storia raccontata da Steve Francis su The Players' Tribune

NBA

HO UNA STORIA DA RACCONTARE

 

Mi ricordo il momento preciso in cui ho capito che le leggende NBA erano degli st***zi.

 

Il mio amico Sam Cassell mi ha portato fuori la sera prima del mio esordio in NBA. Avremmo giocato contro i Buck a Houston e lui sapeva che lo avrei stracciato. Ma Sam è di Baltimore e io di Washington DC quindi ha provato a convincermi con un trucco tipo "Jedi" che stava facendomi un favore a tenermi in giro fino alle sei di mattina per darmi i suoi consigli fraterni. E non stavamo nemmeno festeggiando! Era tutto parte dell'imbroglio. Siamo andati in qualche club a bere the freddo o simili e continuava a ripetermi cosa dovevo fare per sopravvivere in NBA.

 

Dopo un po' volevo dirgli "Amico, forse è meglio che vada".

 

"No tu devi restare e ascoltare come cavartela con queste groupies."

 

Quel bastardo mi aveva ipnotizzato. Poi, attorno alle 5 di mattina, il tono è cambiato. Mi stava dicendo di come mi avrebbe fatto distrutto il giorno dopo. Hey, fermi un attimo...

 

"Te l'ho detto Steve, farò un mazzo così al tuo ci*o assonnato. Riposati."

 

Siamo usciti dal club e il sole era già alto. Dovevo essere al palazzo in tipo cinque ore. Non ero nemmeno ubriaco, non avevo nulla! Avevo solo le str***ate di Sam che mi riempivano le orecchie e mi sentivo come se fossi in piedi da tre giorni.

 

Ragazzi, quella notte mi fece 35 punti in faccia. Nel primo quarto ero così stanco che credevo di morire. Ricordate, ero un rookie teppista in una squadra con Charles Barkley e Hakeem Olajuwon. Iniziano a confabulare tra loro e a guardarmi come se non valessi nulla. Rudy T mi guarda e fa una faccia del tipo "Abbiamo mandato 15 str**zi a Vancouver per 'sta roba?".

 

Feci qualcosa come 4 su 13 e perdemmo. Ho visto Sam dopo la partita e il discorso era "Non dimenticare fuori dal campo siamo amici, ma dentro..."

 

"Tu, furbissimo basta**o..."

 

Lezione imparata comunque. Ora conosco il gioco, giusto?

 

Un paio di settimane dopo giocavamo contro i Sonics. Crescendo idolatravo Gary Payton. Sull'aereo per Seattle Rudy T mi ha sistemato di proposito di fianco ad Hakeem. Sapeva cosa stava facendo, voleva che imparassi.

 

Stavamo per decollare e io ero seduto con le mie cuffie giganti ad ascoltare Jay-Z.

 

Hakeem era seduto a leggere il Corano. Non diceva una parola.

 

Poi mi diede un'occhiata. Sapete come è fatto Dream. Ti guarda soltanto, con quell'aria super saggia e super calma. Ogni singola parola che gli esce dalla bocca sembra arrivare da Dio Onnipotente.

 

"Che c'è Dream?"

 

"Steve."

 

"Sì Dream?"

 

"Steve, vai in giro vestito come l'autista di un autobus"

 

"Eddai Dream"

 

"Cosa sono quelle scarpe da cantiere che hai ai piedi?"

 

"Sono Timberland, eddai."

 

"Steve lascia che ti aiuti. Vieni dal mio sarto con me e ti facciamo fare 10 vestiti. Su misura. Cashmere."

 

“Dai Dream…"

 

"Cashmere, Steve."

 

"Dream! Essù..."

 

"Vieni con me Steve, vieni dal mio sarto."

 

Freddo come il ghiaccio. Dream era in anticipo sui tempi. I ragazzi in NBA vanno in giro vestiti come usava fare lui. Ma non volevo ascoltarlo. Dovete conoscere un po' della mia storia e sembrerà incredibile a chiunque abbia meno di vent'anni perchè oggi praticamente tutti i giocatori NBA hanno lo stesso percorso. Prep School. AAU. Scarpe Gratis. Cibo gratis. One-and-done. Ed è una cosa buone. Per loro, chiaramente.

 

Ed io?

 

Quattro anni prima di essere su un aereo con Hakeem a parlarmi di comprare vestiti di cashmere insieme, quattro anni prima di giocare contro Gary Payton ero a un angolo di Maple Ave a Takoma Park, Maryland a vendere droga fuori da un locale cinese.

 

Mia madre era morta. Mio padre era rinchiuso nella prigione federale. 18 persone vivevano nel mio appartamento. Mollai il liceo, nessuna borsa di studio, nessun diploma, niente di niente.

 

Era il ‘95! Guardavo Allen Iverson dominare a Georgetown proprio vicino casa mia e stavo tutto il giorno a quell'angolo, provando a costruire il mio piccolo impero della droga e cercando di non essere rapinato, mentre di notte facevo partitelle nel seminterrato di una caserma dei pompieri.

 

Non molte persone conoscono la mia storia. A volte ancora mi chiedo "come diavolo hai fatto a finire su un aereo con The Dream?"

 

Ve lo dirò, ma prima non posso scordarmi di Gary Payton. Sentite gente... Sono stato circondato da una montagna di chiacchieroni in tutta la mia vita. Ho incontrato gente anche migliore di GP, più creativa, più minacciosa. Ma quel tizio... Ero tipo un "volume shooter" del trash talking. Non stava mai zitto dal momento in cui si metteva piede in campo.. E, come ho detto, io lo idolatravo. Quindi non c'era altra cosa da fare che distruggerlo.

 

E lo feci.

 

Guardate le statistiche. L'ho DISTRUTTO.

 

Ha tirato col 30%. E so che alcuni nerd saranno già sul mio profilo Twitter a dire "Nah Steve, IN REALTA' ho controllato su Google e IN REALTA' ha tirato col 39%".

 

Dai gente, IN REALTA' gli ho fatto il cu*o.

 

Feci 27 punti con 20 tiri, lo so per certo. Credo che Seattle ci abbia anche battuto quella notte ma Gary era così scosso che non riusciva a crederci. Sapete cosa sembrava? Avete presente quando Scooby-Doo e la sua banda catturano il cattivo alla fine della puntata e i poliziotti lo portano via in manette mentre lui bercia cattiverie? GP rientrò negli spogliatoi a fine partita dicendo "Aspetta e vedrai stron*etto presuntuoso! Aspetta che arrivi a Houston! Sarai mio Steve Francis, Sarai mio stron*etto di un rookie!"

 

Sull'aereo per Houston pensai Ce l'ho fatta, ragazzi.

 

Ce l'ho fatta, dall'angolo della strada a questo.

 

-----------------

 

Non è mia intenzione glorificare lo spaccio di droga. Non c'è gloria in questo. Ma dovete capire da dove vengo e il quando. Sono cresciuto a Washington DC negli anni ’80 durante l’epidemia di crack. Non chiamatela “l’Era del crack”. Era un’ epidemia. Il crack ha devastato la nostra intera comunità, Era come una piaga. L’ho vista. L’ho vissuta. L’ho venduta.

 

Il mio primo ricordo in assoluto è di una visita a mio padre alla prigione federale in occasione di un barbecue, un poliziotto condusse me e mia madre in una stanzetta. Ci perquisirono entrambi. Io avevo tipo tre anni, non importava.

 

“Gli tiri giù i pantaloni.”

 

Ecco come le persone erano solite introdurre droga nelle prigioni. Ecco a che livello di disperazione si era arrivati. Mio papà doveva scontare 20 anni per rapina a una banca – negli anni in cui ancora si potevano rapinare, le banche. Quella cosa un po’ old school, gli anni ’80, la maschera da sci + fucile… Era un uomo conosciuto a Washington e lo erano anche i miei fratelli più grandi. Quello era il mio mondo. Ma io ero veramente piccolo e quando mio padre e mia madre si separarono, lei disse ai miei fratelli “Non Steve. Mai Steve. Per lui dovrà essere diverso.”

 

Il fatto è che allora Washington DC era un’area di 65 miglia quadrate di droga, ragazze, pistole, combattimenti e persone che provavano a cavarsela in ogni modo possibile. Mia madre era un’infermiera, il mio patrigno un netturbino. Avevamo 18 persone che vivevano in una casa di tre stanze e i buoni pasto non bastavano. Quindi da bambino ero in strada con i miei amici, provando a stare con quelli più grandi, provando a racimolare qualche soldo per le Now & Later (una barretta candita – ndr) o roba del genere.

 

A 10 anni ebbi il mio primo lavoro come ‘uomo telefono’.

 

Sapete cosa fa un uomo telefono?

 

Era facile. Aspettavo fuori dal negozio cinese e sedevo sul cordolo di fianco al telefono pubblico, con aria innocente, e non appena il telefono squillava rispondevo. Erano sempre persone che cercavano droga, ragazze o altro. Io dicevo loro dove trovare i venditori e questo era quanto. Tutto il giorno, tutta la notte. C’erano circa 50 spacciatori a un incrocio e altri 50 in un altro. E il piccolo Steve fermo di fianco al telefono.

 

Non c'era niente da fare, quindi per passare il tempo ero solito tirare un pallone da basket nella parte superiore della cabina del telefono. Avevamo strappato il tetto, e c'era abbastanza spazio per farci passare la palla, ma il foro era un quadrato, quindi bisognava centrarlo in maniera perfetta e con una parabola molto alta, e anche così spesso rimbalzava sui lati del quadrato.

 

Ero fuori tutta la notte… crossover, crossover, step back, tiro, ddddddrrrrrrrrrrr-rat-tat-tat-tat.

 

Ho tirato un milione di volte su quella cabina, evitavo i bus, evitavo i miei insegnanti e ovviamente evitavo i miei fratelli e mia madre. Mi nascondevo ovunque ma era comunque abbastanza bravo a scuola (quando ci andavo). Quindi ero solo il “piccolo Steve con la palla da basket” per tutti nel quartiere. E lo ero, piccolo. Chiedevo a mia nonna di misurarmi con una matita tutti i giorni. Faceva dei segni sul muro e non crescevo. 12 anni, 13 anni … e non crescevo.

 

Mi sono presentato alle selezioni della squadra di basket al primo giorno di liceo pensando di essere il migliore e non mi presero. Volevano che giocassi nella Junior Varsity perché ero troppo basso. Questa cosa mi fece male. Uscii dal campo e non giocai mai più a basket nel liceo se non in un paio di partite.

 

Due partite in tutta la mia carriera da liceale, riuscite a crederci? Ho giocato per un po’ in un team della AAU, ho giocato partitelle e poi basta. Immagino che avrei dovuto solo chinare il capo e lavorare duro ma dovete capire quanto tutto sia complicato quando cresci in povertà. Continuavamo a muoverci. Sono stato in sei differenti licei. Non avevo nessun tipo di stabilità, mi sembrava di crescere dentro a una macchina dei pop corn.

 

E’ divertente ricordare che dicevo alle persone “un giorno sposerò Janet Jackson”. Janet Jackson ai tempi era la ragazza più bella del mondo per me. Ma avevo 15 anni, mangiavo coi buoni pasto, piccolo da far schifo, cresciuto attorno ai tossici e non riuscivo nemmeno a giocare in una squadra liceale. Come mai avrei potuto raggiungere Janet?"

 

E quindi restavo nel mio angolo, facendo quello che facevo per sopravvivere. Era un casino, non sto glorificando nulla. Sono stato rapinato con una pistola alla testa un milione di volte. Mi hanno picchiato un milione di volte. Ho visto sparatorie dalle auto. Onestamente però, se mi chiedete cosa mi faceva più paura al tempo la risposta non è ‘le pistole’. Le sparatorie erano quasi… naturali. Voglio dire, cosa credi che accada quando sei per strada? La cosa più spaventosa era la droga. Gli aghi, le pipe, la polvere d’angelo. Le persone che arrivavano da te con quegli occhi. Era ovunque. Ed erano persone comuni, infermieri, insegnanti, postini. Il Sindaco di DC, Marion Barry.

 

Era l’apocalisse zombie. Ecco l’ambiente in cui vivevamo, ogni giorno, ogni minuto.

 

Quando avevo 18 anni mia madre morì di cancro e per me è stato un segno. Avevo chiuso. E con un po’ di fortuna avrei dimenticato. Smisi completamente con la pallacanestro, lasciai la mia squadra della AAU, smisi di andare al playground. Lasciai la scuola e portai il mio traffico di droga a un altro livello. Ero convinto di costruirmi un piccolo impero fino a quando mi avrebbero sparato o arrestato e sarebbe finita.

 

Intendo, non ero sul radar di nessun college, mia madre era morta. Cosa aveva più senso?

 

L’unica cosa che mi salvò fu una frase che mi disse il mio coach della AAU, Tony Langley. Era un poliziotto in pensione e aveva la saggezza tipica di chi ha fatto il suo mestiere. Era solito dirmi “Ti dico come andrà a finire, Steve. Tra dieci anni continuerai a vedere le stesse persone, gli stessi incroci e farai le stesse cose. E avranno addosso le nuove Fila, le nuove Jordan, sembreranno fighi. Ma tu li guarderai e avranno un anni di più, poi un altro anno di più e faranno ancora le stesse cose e continueranno a essere rapinati. Tu puoi fare qualcosa di diverso.

 

Mi fece trillare un campanello nella testa. Non riuscivo a smettere di pensarci. Avevo un solo modo per uscirne ma non era esattamente Duke, mettiamola così. Era San Jacinto College… in Texas. Uno dei loro coach mi vide giocare nella AAU e disse di avere un posto a roster per me. Capiamoci, un Junior College? E che ne sapevo io del Texas?

 

Mia nonna però mi convinse che era ciò che mia madre avrebbe voluto per me così ci andai. Presi il GED (General Equivalency Diploma - ndr) , mia nonna mi diede 400 dollari e un biglietto aereo per Houston. I coach del San Jacinto mi vennero a prendere allo stesso aeroporto i cui i coach di Houston presero The Dream in arrivo dalla Nigeria. Molto probabilmente ero scioccato tanto quanto lo era stato lui. C’erano 30 000 bianchi e il vostro amico Steve. Uno shock culturale totale. Ma finalmente avevo della stabilità, avevo un letto, avevo un posto in squadra. E con tutto questo in tasca andai là fuori a dominare.

 

Chiedete a Shawn Marion. Andate a chiederglielo. Giocava per Vincennes University a quel tempo ed era un juco All-American. Era considerato il migliore di tutti ma quando andammo in Indiana a trovarlo lo annichilii. Gli feci una quadrupla doppia in faccia. Ricordo quando entrambi arrivammo in NBA ci ridemmo sopra durante qualche riscaldamento e mi disse che aveva il VHS della partita a casa, da qualche parte. Una cassetta esisteva, dunque. Per vent’anni gli ho chiesto dove diavolo fosse e ha sempre evitato di rispondermi.

 

SHAWN DOV’E’ LA CASSETTA?!

 

FALLA VEDERE A TUTTI, SHAWN.

 

Distruggevo qualunque giocatore. MA ero sempre in un community college. Il mio sogno a quel punto - e so che suonerà ridicolo ad alcuni – era di frequentare un college vero, con il mio zainetto sulla spalla, a frequentare le lezioni. Mi immaginavo a Georgetown o Maryland, al campus, in aula. Solo quello, ecco cosa sognavo.

 

Un anno dopo avevo richieste da Gary Williams e John Thompson. Anche Oklahoma e Clemson mi volevano fortemente, ma per uno cresciuto a guardare Len Bias e Patrick Ewing era Maryland o Georgetown.

 

E per un attimo è stata quasi Georgetown. Ma non scorderò mai la conversazione avuta con John Thompson. Disse “Steve, ci piaci. Davvero. Ma ho appena avuto Allen Iverson, non posso avere te subito dopo di lui. Non posso, davvero, mi verrebbe un infarto”

 

L’ho rispettato. Aveva ragione. Aveva visto che genere di persone bazzicava attorno ad Allen durante gli anni di Georgetown e sapeva di non volerlo affrontare un’altra volta con me. Quindi nel mio anno da junior, quando ero un ventunenne, mi trasferii a Maryland.

 

Ero un Terp.

 

Potete dire quello che volete su di me. Ho fatto un sacco di idiozie nella mia vita, non sono perfetto. Ma il primo giorno a Maryland… quel giorno? Avevo tutti i libri e la sacca, girando per il campus le persone mi gridavano “Hey Francis, come va?”

 

Quel giorno? Ero inappuntabile, in cima al mondo ragazzi. Mia madre avrebbe pianto a vedere una cosa del genere.

 

Il mio patrigno ottenne un lavoro al campus come bigliettaio al Metro Center. Un giorno tornando dall’allenamento vado per incontrarlo e alcuni tizi di una confraternita stavano uscendo dicendo “Hey Steve Francis! Amico, tuo padre è il numero uno!”

 

“Di cosa diavolo state parlando?”

 

“Ci ha fatto entrare gratis, è veramente un grande. Ci ha detto di essere tuo padre.”

 

Entrai al Park & Ride e il mio patrigno era come tallonato dalle persone. Era come nel suo parco giochi, aveva la sua TV nella cabina, le patatine fritte e un sacco di gente attorno che beveva birra e parlava di basket con lui. Aveva anche portato la mia sorellina e il suo barboncino Precious. Dovevate vedere la scena. Mi vide arrivare con addosso la felpa dei Terps e non credo di aver mai visto qualcuno così orgoglioso. Disse a tutti “Ecco mio figlio, il mio ragazzo. Università del Maryland, ca**o!”

 

Venne a vedermi in ogni partita in casa e quando eravamo in trasferta e lavorava mi guardava nella sua cabina. E’ curioso che il mio padre biologico derubava abitualmente le biglietterie della Metro prima di essere incarcerato e il mio patrigno invece ci lavorava. Ma era un gran lavoratore, divenne il mio vero padre. Era il mio migliore amico. E il tizio più rumoroso nella palestra.

 

Non c’era modo di fermarmi a quel tempo, ero decollato. Alla fine della stagione ero un finalista del Naismith e tutti dicevano che sarei stato una Top 5 al Draft.

 

Fermatevi un attimo a pensarci…

 

A 18 anni vendo droga a Takoma Park e mi puntano le armi addosso.

 

A 22 vengo selezionato per giocare in NBA e stringo la mano a David Stern.

 

E indovinate dove si è svolto il Draft quell’anno? Washington DC.

 

Come diavolo si può spiegare?

 

Ricordo il momento subito dopo la cerimonia, ero seduto in cucina nella casa del mio patrigno e guardano 80.000 dollari in contanti. Per giocare a basket. Non aveva senso. La mia sorellina aveva 10 anni. La prima cosa che feci fu comprarle un computer, uno di quei grossi arnesi tipo Compaq Presario e per tutta l’estate quel coso del ca**o ha fatto rimbombare Britney Spears giorno e notte. La seconda cosa è stata comprare una casa a mia nonna. Dopo circa una settimana ho cominciato a ricevere telefonate da creditori che dicevano gli dovessi dei soldi.

 

Chiesi ai miei fratelli “Che diavolo sono queste telefonate?”

 

Mi dissero “Beh sai, tempo fa quando non avevamo un soldo la mamma firmava documenti a nostro nome. Era l’unico modo per avere del credito”.

 

Vi garantisco che arrivavano telefonate del tipo “Bene bene bene. Finalmente sappiamo chi ca**o sei, amico”.

 

L’ America, ragazzi. Non si dimenticano mai. Ti trovano. Iniziai a pagare conti di carte di credito di quando avevo otto anni… Per darvi un’idea.

 

Ora, so di gente a Vancouver che è ancora arrabbiata con me per aver forzato una trade che mi portasse via da lì. Ho quasi pianto quando sono stato scelto con la 2 dai Grizzlies. Non avevo intenzione di andare a gelarmi il cu*o in Canada, così lontano dalla mia famiglia quando anche se avevano comunque l’intenzione di spostare la franchigia. Mi dispiace ma in verità… non mi dispiace. Tutti vedono come va il business della pallacanestro oggi. Quella squadra era morta. L’unica cosa di cui sono dispiaciuto è quando sono arrivato ho fatto forse la più sgarbata conferenza stampa di sempre prima di essere scambiato.

 

Avete presente quella del “Practice” di AI? Nulla in confronto.

 

Avanti gente. In Canada? Io? Lassù? Non avrebbe mai funzionato. Houston era il posto perfetto per me. Forse non mi crederete ma Hakeem è stato uno dei giocatori più influenti per me quando ero bambino. Guardavo il suo gioco di piedi e lo imitavo. Il mio crossover? Non da MJ, non da Iverson, da Hakeem. Guardate il mio gioco di piedi e vedrete The Dream.

 

E la cosa è parecchio divertente perchè quando andai ai Rockets a Dream… non piaceva.

 

“Steve.”

 

“Sì Dream?”

 

“Il tuo dribbling…”

 

“Che ha, Dream?”

 

“Dribbli troppo, Steve.”

 

“Dream ma che…”

 

Troppo.

 

La Voce di Dio. Aver giocato per due anni al suo fianco è ancora incredibile per me. Sono seduto sull’aereo con le mie cuffie e ascolto Jay-Z.

 

“Steve.”

 

“Sì, Dream?”

 

“La musica. Cos’è quel rumore?”

 

“Eddai Dream”

 

“Spegnila Steve, sto cercando di concentrarmi sulla Parola di Dio.”

 

“Dream… mer*a, va bene.”

 

Cosa avrei dovuto rispondere? Probabilmente avrei dovuto dargli ancora più ascolto, ma ero un teppista. Ero in cima al mondo. Dopo il Dunk Contest del 2000 e dopo che Hakeem e Charles ci lasciarono, sentivo come se Houston mi avesse eletto. Vivo ancora a Houston oggi, posso andare in giro per la città e non importa che succede la gente mi guarda le spalle. Anche quando ho attraversato dei momenti difficili negli ultimi anni e mi hanno rinchiuso, la gente di Houston mi ha sempre supportato. Quanti ragazzi che hanno giocato in un posto per solo 5 anni ricevono tutto questo amore?

 

Credo sia per l’energia sprigionata in città quando io e Yao giocavamo insieme. Eccolo lì il mio uomo. Quando arrivò a Houston eravamo veramente la strana coppia, un tizio dalla Cina e uno da DC, e non era nemmeno la lingua il problema, solo una parte. Sono parzialmente sordo dal mio orecchio sinistro e Yao è parzialmente sordo dal suo orecchio destro e stavamo solo provando a spiegarci in un inglese basico.

 

Girava la testa: “Huh?”

 

Giravo la mia: “Huh cosa?”

 

Era ridicolo. Ma era il mio uomo. Era il compagno più gentile, rispettoso e intelligente che abbia mai avuto. Il ragazzo doveva fare 15 interviste prima dell’allenamento e altre 15 dopo. Le telecamere lo seguivano ovunque andasse… era pazzesco. E ci chiedeva “A voi ragazzi sta bene? Vi danno fastidio?”

Questo è il tipo di persona che è. A mani basse il mio compagno di squadra preferito. Ed era anche un grande giocatore. Ogni tanto ancora mi domando cosa poteva essere se Yao non avesse affrettato i rientri da tutti quegli infortuni e se fossimo rimasti insieme. Ancora mi perseguita questa cosa. Saremmo andati lontano, a Houston lo sanno tutti.

 

Invece che hanno fatto? Hanno mandato il mio cu*o ad Orlando in cambio di Tracy McGrady.

 

La cosa mi devastò. Non vale nemmeno la pena di parlare di quegli anni ai Magic, men che meno di quelli ai Knicks. Questa parte della storia sarebbe come il finale di “Quei Bravi ragazzi” dove tutti vengono arrestati, si tradiscono e scrutano il cielo per paura degli elicotteri della polizia. Era un casino. In entrambe le squadra, appena arrivato mi sono bastati 5 minuti di chiacchiere per capire che non si sarebbe vinto nulla.

 

Lo puoi capire in un attimo: è la cultura.

 

Quando tornai a Houston nel 2007 ero felicissimo di essere di nuovo a casa. Ma onestamente tutto andò a rotoli in fretta. Rick Adelman, ragazzi… Sentite, vi giuro che mi facevo un mazzo così in allenamento. Chiedete a Yao, ve lo dirà. Ma Adelman faceva giocare Luther Head e Aaron Brooks e Rafer Alston prima di me. Rispetto per questi ragazzi, ma andiamo… collezionavo DNP e sedevo in panchina e la folla cantava comunque il mio nome. Tornavo a casa la sera e stavo seduto in completo silenzio. Niente bere, niente musica, niente di niente. Stavo seduto fino all’una di notte a pensare.

 

Sono passato dal vendere droga all’NBA nel giro di 4 anni… e adesso è finita? A 32 anni? Sapevo che era la fine ed è una pillola veramente dura da ingoiare. Non importa chi tu sia.

 

Ho provato a giocare a Pechino e sperando di tornare in NBA per un periodo ma… nulla. Ci ho masso quasi 4 maledetti anni ad accettare che non avrei più giocato a basket. Che era davvero finita.

 

Ho passato dei giorni veramente difficili e so che le persone si chiedevano “Che diavolo è successo a Steve Francis?” Ma la parte più dura è stata leggere in internet str***ate come quella che avessi problemi col crack. Quando pensavo a mia nonna o ai miei ragazzi che potevano leggere una cosa del genere… mi ha spezzato il cuore. Sentite, ho venduto crack quando ero adolescente ma in vita mia non mi sono mai fatto.

 

Cosa è successo a Steve Francis? Bevevo troppo, ecco cosa è successo. Ed è stato parecchio nocivo comunque. Nel giro di pochi anni ho perso la pallacanestro, la mia identità e il mio patrigno che si è suicidato.

 

Molla, amico.

 

Molla e basta.

 

Dal giorno n cui è morta mia madre quando avevo 18 anni a quando ho lasciato l’NBA non ho mai abbassato la guardia, nemmeno per un minuto. Ero come un soldato in guerra. Alla fine invece è stato come un congedo. Una cosa tipo Beh… è stato un bel viaggio.

 

Sentite, potete pensare quel che più vi piace pensare di Steve Francis. Potete pensare che al mio apice ero il giocatore più elettrizzante di sempre o potete pensare che non fossi un granché, non mi importa. Ma l’altro giorno mi sono ritrovato a ripensare da dove vengo e a come sia pazzesco che abbia giocato anche solo un minuto in NBA… e questa è la sola cosa che voglio la gente si ricordi.

 

Takoma Park, Maryland, 1997.

 

Ai tempi sono tornato a casa da San Jacinto per un paio di giorni. Ad essere onesto, avevo enorme nostalgia di casa qui in Texas. Piangevo tutti i giorni, dicevo ai coach che volevo mollare e Tornare a casa. Tornare dalla mia famiglia, al quartiere, ai miei traffici alle solite ca**ate, tutti i giorni, per sempre. Era ciò che conoscevo.

 

Tornai a casa durante una pausa e tutti mi dicevano cose del tipo “Oh pensi di essere un uomo adesso? Ok, ragazzo del College, vediamo quanto sei bravo.”

 

Mi misero contro Greg Jones, il numero uno a DC a quei tempi. Era una gara tra spacciatori, il che significava avere 50 persone in un angolo con l’AK-47 e 50 persone all’altro angolo con l’AK-47.

 

C’erano in palio 10.000 dollari. Uno contro uno, al meglio di tre.

 

Non puoi dire di no.

 

Giocammo la prima partita e lo distrussi. Per un minuto ci pensai. Avrei potuto essere il numero uno a DC, una leggenda della strada. Avrei potuto batterlo e fare dei soldi, restare nel quartiere, sentirmi comodo.

 

Potevo restare nella mia gabbia.

 

Ma volevo di più, volevo qualcosa di diverso. Volevo sposare Janet Jackson. Quindi gli lasciai vincere la seconda. Poi presi la palla e la tirai sopra il tabellone e uscii dal campo. Salii sull’aereo e tornai al Community College in Texas e anziché a lui ho fatto il cu*o a Shawn Marion.

 

Dalla strada all’NBA in quattro fo**uti anni.

 

Devo ammetterlo… non ho mai avuto Janet, non è un peccato? Ma sapete una cosa? Quattro anni dopo la partita degli spacciatori ero sulla copertina di ESPN Magazine assieme alla rivelazione del momento.

 

Il “piccolo Steve con la palla da basket” che sorrideva accanto alle Destiny’s Child.

 

Non puoi inventartela una storia così pazzesca.


Traduzione di Michele Da Campo

© Riproduzione riservata
E. Carchia

E. Carchia

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Comments Occorre essere registrati per poter commentare 25 Commenti
  • Brindisinelsangue 10/03/2018, 19.20 Mobile

    Bel giocatore, me ne innamorai subito. Peccato non abbia raccolto quello che il talento meritava.

  • David 10/03/2018, 01.47

    Meravigliosa. Ne vorrei leggere ogni giono di queste.

  • TrueBryan 09/03/2018, 22.50
    Citazione ( Daca 09/03/2018 @ 22:46 )

    Maledetto correttore (cit.) https://media.giphy.com/media/cZHNk21INI
    lKo/giphy.gif

    *maladetto [ link ]

  • Daca 09/03/2018, 22.46 Mobile
    Citazione ( TrueBryan 09/03/2018 @ 22:35 )

    http://www.scuolazoo.com/wp-content/uplo
    ads/2015/12/finora-o-finora_come-si-scri
    ve.jpg

    Maledetto correttore (cit.) [ link ]

  • TrueBryan 09/03/2018, 22.35
    Citazione ( Daca 09/03/2018 @ 22:09 )

    Di quelli tradotti fin'ora è di sicuro il più bello.

    [ link ]

  • NoMorePain 09/03/2018, 22.22 Mobile

    Brividi. Insieme a Penny, Steve “Franchise” mio preferito

  • Daca 09/03/2018, 22.09 Mobile
    Citazione ( weareallwitnessess 09/03/2018 @ 21:55 )

    miglior pezzo che io abbia mai letto. grande steve . rispetto

    Di quelli tradotti fin'ora è di sicuro il più bello.

  • weareallwitnessess 09/03/2018, 21.55 Mobile

    miglior pezzo che io abbia mai letto. grande steve . rispetto

  • Tex91 09/03/2018, 21.52 Mobile

    Bell’articolo, complimenti!

  • Tex91 09/03/2018, 21.52 Mobile

    Bell’articolo, complimenti!

  • GioZena92 09/03/2018, 20.00
    Citazione ( Daca 09/03/2018 @ 18:06 )

    TrueBryan https://youtu.be/BJs_L7yq5qE

    Io sarò sempre dalla tua parte. Giurin giurello.

  • Ste1990 09/03/2018, 19.19

    Sempre tanta roba questo appuntamento

  • TrueBryan 09/03/2018, 19.06
    Citazione ( Daca 09/03/2018 @ 18:58 )

    You may say I'm a dreamer https://youtu.be/xwciuYqv7Yw

    [ link ]

  • FromTheOrigins 09/03/2018, 18.59 Mobile

    Steve Francis! Come si fa a dimenticarlo! Giocatore spaventoso, esplosivo. Aveva la dinamite ai piedi!

  • MaestroStockton2 09/03/2018, 18.58

    Boh, credo di essermi innamorato di nuovo.

  • Daca 09/03/2018, 18.58 Mobile
    Citazione ( )

    *** Commento moderato da Sportando ***

    You may say I'm a dreamer [ link ]

  • TakeThisLife 09/03/2018, 18.51 Mobile

    La conversazione Olajuwon - Francis sull'aereo è una delle cose più divertenti lette negli ultimi tempi
    :-)))))))))))))

  • TrueBryan 09/03/2018, 18.51
    Citazione ( )

    *** Commento moderato da Sportando ***

    per me ormai le scrive direttamente lui sul players tribune con google translate (varesotto-inglese), per poi ritradurle qui sempre col google translate (inglese-italiano).. da lì l'effetto lost in translation


    #TeamBattente

  • Daca 09/03/2018, 18.48 Mobile
    Citazione ( )

    *** Commento moderato da Sportando ***

    Non ti taggo senzadisqus

  • MagicBoy21 09/03/2018, 18.46 Mobile

    Che bombe ste storie, romanzata quanto vuoi ma certa gente che gira in nba ne ha davvero viste di ogni

  • TrueBryan 09/03/2018, 18.09
    Citazione ( Daca 09/03/2018 @ 18:06 )

    TrueBryan https://youtu.be/BJs_L7yq5qE

    il mio cuore batte solo per Battente [ link ]

  • Daca 09/03/2018, 18.06 Mobile