Il saluto di Pau Gasol a Kobe Bryant: ‘Eravamo una combinazione perfetta’
Il catalano ha scritto una lettera al Black Mamba
“Nel mio primo giorno con i Lakers incontrai la squadra all’Hotel Ritz di Washington. All’1:30 di notte bussano alla mia porta. È così che ho scoperto che Kobe non dorme molto. Mi sedetti a letto, credo, e lui si sedette alla scrivania al lato del televisore. Mi diede il benvenuto nella squadra e mi disse che quello era il momento. Era il momento di vincere. Sentiva che io potevo portarlo di nuovo al top e voleva assicurarsi che io lo sapessi. ‘Questa è la nostra opportunità’, mi disse. Per me quell’incontro significò molto.
Eravamo una combinazione perfetta.
Gran parte della triangle offense si basa sulla lettura e sul capirsi l’uno con l’altro. Io capivo il gioco ed ero molto scrupoloso. E credo che lui lo apprezzasse. Era aria nuova. La nostra relazione fu buona sin dal principio. Entrambi sapevamo che avevamo bisogno l’uno dell’altro per vincere.
Ci sono molte partite in NBA, e questo fa sì che sia facile lasciarsi andare. Lui ci manteneva tutti in riga. In allenamento ci sfidava, parlava male degli altri. Non tutti riescono a sopportarlo. Alcuni non ci riescono ma a me non importava. Era il suo modo di motivarci e spingerci a dare di più. È facile adagiarsi. Lui si assicurava che nessuno lo facesse.
Dopo la sconfitta in gara 6 contro i Celtics alle finali del 2008, non ne parlammo molto. Era il momento di digerire ciò che era successo, lasciare che il fuoco iniziasse a bruciarci dentro. Arrivammo alla stagione successiva con un atteggiamento differente, con un approccio più intenso, più aggressivo e più determinato. Credo che per questo vincemmo i due titoli.
Se giochi con lui, vedi giorno per giorno un esempio vivente del perché i grandi sono così grandi. Non è casualità. È l’ossessione di raggiungere un certo livello e di rimanerci. La dedizione e l’impegno sono unici. È una cosa molto difficile da trovare. Mi ha ispirato a migliorarmi e a vedere il gioco in un modo più dettagliato.
Vincemmo contro i Magic nel 2008. Tutti erano felici, ma per lui era differente. Aveva un significato speciale. Il basket era la sua vita e vincere era la sua devozione. Non sto dicendo che la sua famiglia non lo fosse, perché è così per tutti e per lui in particolare, ma lui aveva la pallacanestro dentro.
Durante la vicenda del trasferimento di Chris Paul nel dicembre 2011, di cui io dovevo far parte ma che poi fu cancellato, Kobe si comportò come un fratello maggiore, mettendoci la faccia. Disse ai Lakers: ‘se volete cederlo, fate quello che dovete fare e cedetelo. Se non lo cedete, lasciatelo giocare tranquillo’.
Non passavamo molto tempo insieme fuori dal campo, però nell’ultimo periodo ci vedemmo di più, per mangiare e ricordare molte cose. Quando stavo decidendo se andarmene o no dai Lakers, nel 2014, venne a casa mia a Redondo Beach. Mi disse che voleva che rimanessi a Los Angeles, che lottassi con lui e che terminassimo le nostre carriere insieme. Furono queste le sue parole. Io gli dissi che mi trovavo in un momento in cui avevo bisogno di cambiare. Avevo bisogno di cambiare aria. Dirgli ‘ho deciso di non giocare con te’ è stata una delle cose più dure che abbia mai fatto nella mia vita.
Firmai con i Bulls perché volevo avere una chance di vincere un altro titolo. Ma questo non è stato possibile. Mi manca. Mi manca la sua presenza. Mi manca il suo atteggiamento. Pochi giocatori ce l’hanno.
“Il Cigno Bianco”, “il Cigno Nero”, questo cose non mi davano fastidio. Non mi frustravano. Mi dimostrò che a me ci teneva. Fu un amore difficile. Lui mi sfidava perché si aspettava di più da me. Quando qualcuno fa così è perché si preoccupa per te. Quando ti ignora è perché non gli importa. È lì che ti devi preoccupare.
Forse sono un viziato, perché so cosa vuol dire vincere e mi piace quella sensazione. Mi cambia l’umore. Mi influenza. Credo che vincere mi abbia fatto capire la mia carriera e motivato a fare di più. Aver giocato con Kobe ha avuto un impatto sulla mia vita. Quest’estate sarò free agent e ora penso a quello. Voglio approfittare degli anni che mi restano. Voglio tornare a far parte di qualcosa di speciale”.