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NBA 23/12/2015, 19.00

538: Le quattro (per ora) versioni della percentuale d’impiego

La nuova traduzione di Giacomo Sauro dal sito 538.com. Quale giocatore NBA è più imprescindibile per l’attacco della propria squadra? Quale giocatore porta su di sé il maggior peso offensivo? Ma poi, queste due domande sono equivalenti o no?

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Due domande rapide. Quale giocatore NBA è più imprescindibile per l’attacco della propria squadra? Quale giocatore porta su di sé il maggior peso offensivo? Ma poi, queste due domande sono equivalenti o no?

Dal punto di vista statistico questi dubbi rientrano all’interno della cosiddetta “percentuale d’impiego” (usage rate), un termine che informalmente comprende una serie di statistiche che quantificano l’ingombro offensivo di un tale giocatore. Quello di ‘impiego’ è uno dei concetti più accessibili nel mondo delle statistiche avanzate legate alla pallacanestro: il suo ambito è piuttosto cristallino, ed è subito comprensibile da chiunque abbia mai giocato con uno spudorato mangiapalloni o sia stato quel tipo di giocatore che tratta la palla come una patata bollente. Nel mondo degli analytics, l’impiego è una delle basi su cui analizzare un atleta, anche perché rimane più o meno inalterato nonostante un giocatore cambi ruolo o contesto. A un primo sguardo, l’impiego, rispetto alle altre statistiche principali, ci racconta di più di come gioca un cestista.

C’è un piccolo problema: pare non ci sia accordo su che cosa sia, o dovrebbe essere, esattamente la percentuale d’impiego, o come vada calcolata. Molti osservatori con un debole per le statistiche avanzate nemmeno sanno che esistono e vengono usate diverse versioni concorrenti di questo parametro, men che meno che ogni variante preveda una propria filosofia circa che cosa voglia dire ‘impiegare’ un possesso. Per un termine così diffuso nel discorso sulla pallacanestro contemporanea, la faccenda è a dir poco strana. Concediamoci quindi una piccola lezione di storia, e prepariamoci a imparare ben più di quanto avremmo mai pensato di volere sulla percentuale d’impiego e sulle sue varianti.

L’impiego nel corso degli anni

Come molti concetti relativi alle statistiche avanzate legate al basket, la percentuale d’impiego può essere fatta risalire a Dean Oliver e John Hollinger, tuttora probabilmente i due nomi più influenti del campo. L’idea che un attacco possa passare troppo (o troppo poco) dalle mani di un solo giocatore è nata praticamente insieme a questo sport. Tuttavia nessuno ne creò una voce statistica ufficiale fino agli anni duemila, quando Hollinger pubblicò il suo rivoluzionario Pro Basketball Prospectus e Oliver scrisse il fondamentale Basketball On Paper. In realtà proprio il pensiero di calcolare la percentuale di impiego di un giocatore sui possessi totali non aveva mai sfiorato i primi maniaci dei numeri cestistici.

Per capirne il motivo serve tornare ai primissimi tempi in cui il basket si avvicinò alle statistiche. Gli statistici della NBA mutuarono molti dei loro primi concetti dal movimento della sabermetrica nel baseball (nato in realtà 25 anni prima), compresa l’attenzione spasmodica per l’ottimizzazione dell’efficacia. Una tale fissazione ha senso nel baseball, in cui la tendenza di un giocatore a essere eliminato è indiscutibilmente una cosa negativa (la tua partita finisce quando subisci la 27esima eliminazione, non ne puoi sprecare nessuna) e si può individuare chiaramente l’efficienza di un singolo giocatore e il suo impatto sulla squadra. Così, trasportando il ragionamento alla pallacanestro, ci si può chiedere: se i possessi, così come le eliminazioni, sono l’unità fondamentale che misura le opportunità, perché dovremmo celebrare la propensione di un giocatore a sprecarne?


C’è il fatto che il basket è più complicato del baseball. I possessi si alternano, quindi in un dato momento ci sarà sempre un giocatore che sta “impiegando” il pallone. Soprattutto poi i membri di una squadra non si avvicendano con la palla in mano così schematicamente come i battitori, che seguono un preciso ordine: ogni giocatore è teoricamente libero di usare quali e quanti possessi della propria squadra vuole. Questo comporta che un singolo giocatore possa aiutare la propria squadra in moltissimi, e complessi, modi che vanno oltre le personali statistiche di efficacia.


Una delle intuizioni chiave di Oliver e Hollinger fu che la frequenza con cui un giocatore genera attacco (riportata dalla percentuale d’impiego) dovesse essere accompagnata, e mitigata, dalle altre statistiche. “Alcuni giocatori tirano e passano benissimo, e non perdono quasi mai la palla”, scrisse Hollinger nella presentazione dello usage nell’edizione del 2002 del suo Prospectus, prevedendo le guerre che avrebbe dovuto combattere qualche anno dopo riguardo Carl Landry. “Se le cose stanno così, perché non li consideriamo dei campioni? Il motivo è che, a differenza di altri giocatori, non sanno costruirsi il tiro da soli con frequenza”. La percentuale d’impiego nacque per quantificare tale abilità a creare.


Il concetto di impiego originale di Hollinger, che si può tuttora trovare su ESPN.com, era una, relativamente semplice, percentuale regolata sul numero dei possessi dei tiri, assist e palle perse su base 40 minuti. Quello di Oliver, seppure partisse da principi analoghi, si spingeva ancora oltre in quanto a complessità, considerando anche le possibilità di avere possessi aggiuntivi derivanti dai rimbalzi in attacco, nonché la divisione del merito tra passatore e marcatore in occasione di canestri con assistenza. Sostanzialmente però entrambi cercavano di distribuire le responsabilità individuali per tutte le azioni che mettessero fine al possesso di una squadra: canestri fatti, errori non seguiti da un rimbalzo offensivo, tiri liberi e palle perse.


Tuttavia gli statistici del 2015 non gradiscono né l’interpretazione di Oliver né quella di Hollinger, almeno secondo questo sondaggio assolutamente non scientifico che ho realizzato su Twitter martedì scorso. Tra i partecipanti in grado di riconoscere le differenze fra le varianti, la versione di Basketball-Reference.com (BBR) è usata quasi il doppio rispetto a quella di Hollinger (la versione di Oliver è disponibile online solo per i giocatori di college).


Per come vengono usati oggi questi parametri, non c’è molta differenza fra i tre. Una percentuale d’impiego tra il 25 e il 35% indica un giocatore assolutamente centrale per un determinato attacco; invece una fra il 20 e il 25% rivela che un giocatore crea abbastanza situazioni ma non si porta la palla in giro per 24 secondi. Praticamente, qualunque versione preferiate, questa voce statistica vi dirà in sintesi quali sono le gerarchie offensive.


Avrete capito che per quasi tutte le applicazioni pratiche possibili, scomporre l’una versione o l’altra in particelle subatomiche per poi ricomporla è in buona sostanza inutile. Vale la pena però capire le differenze che ci sono. Per esempio il valore di BBR non contempla gli assist.

Regna la confusione


Avvertenza: in passato ho lavorato per Sports-Reference, la società che gestisce BBR, perciò ho familiarità con la situazione. Eccovi quindi un episodio della mia vita precedente in cui mi occupavo del blog della società; un’epoca in cui io e Justin Kubatko, il fondatore di BBR, inscenavamo liti da nerd come questa qua sotto.

IO: “Perché usiamo la definizione di impiego di Hollinger invece di quella di Dean Oliver?”.

JUSTIN: “Non è quella di Hollinger, è la mia”.

IO: “Non è quella che Hollinger usa su ESPN? Pensavo fosse la stessa”.

JUSTIN: “No, la sua moltiplica gli assist per un terzo”.

IO: “Capito, però resta il fatto che sono uguali”.

JUSTIN: “La mia è praticamente la percentuale di azioni usate sulle azioni totali di una squadra. Che cosa cavolo misura la sua?”.

IO: “Prova, senza successo, a misurare i possessi. La formula di Oliver invece ci dà i possessi reali”.

JUSTIN: “Non sono reali neanche quelli! Sono stime. Migliori di quelle di Hollinger, ma sempre stime”.

IO: “Sono confuso. È colpa di Hollinger”.


Per la maggior parte dei giocatori la distinzione è in larga misura irrilevante; in questa stagione, tra i giocatori qualificati (minimo 400 minuti) il coefficiente di correlazione tra l’impiego di BBR e la più strutturata formula di Oliver è 0,98. Per alcuni tipi di giocatori invece può fare la differenza. La differenza che passa per esempio tra l’affermare che DeMarcus Cousins si porta sulle spalle il maggiore fardello offensivo della NBA (secondo la formula di BBR) o concedere il primato a Russell Westbrook (al primo posto secondo Oliver e Hollinger). La prima formula valuta la pura affinità con il canestro; le altre aggiungono al riconoscimento per il/i giocatore/i da cui è passata la palla prima che terminasse l’azione anche le responsabilità legate alla gestione del pallone.


Non esiste un sistema perfetto. Il playmaking è sicuramente una parte fondamentale della creazione dell’attacco, quindi escluderlo del tutto non sembra il massimo. D’altro canto però, aggiungere gli assist a una statistica realizzativa non rende giustizia a ciò che si sta cercando di rappresentare. Inoltre chi ha spesso la palla in mano tende ad avere un tasso di palle perse più alto di quello che potrebbe essere previsto considerando la frequenza con cui terminano il possesso, il che suggerisce che anche un metodo apparentemente più completo come quello di Oliver non riesce a restituire l’aspetto fondamentale dei tiri creati per gli altri.


Quindi con l’arrivo dei dati relativi al movimento dei giocatori di SportVU, Seth Partnow di NylonCalculus.com si è proposto di scovare l’invisibile. Ha sviluppato una statistica chiamata Impiego Reale (True Usage) che include le “possibilità di assist” (vale a dire i cosiddetti hockey assists, più i passaggi che sarebbero stati considerati assist se la palla fosse entrata) nel calderone del benedetto impiego. La classifica che ne deriva vede una preferenza decisa per le point guards, oltre che per altri giocatori che spesso e volentieri gestiscono il pallone, come LeBron James. Se quello che ci interessa è valutare veramente l’onere offensivo di un giocatore, allora questo sistema di riferimento pare quello più adeguato.


Il problema naturalmente è che oggi le cifre relative all’impiego non sono solo entrate in pianta stabile nel lessico degli appassionati di statistiche, ma appaiono anche aggiornate nei siti internet di colossi come Basketball-Reference e ESPN. Prima di poter convincere il cuore e la testa è necessario intervenire nell’interfaccia di programmazione.

Da una a molte statistiche


Forse l’intero concetto di una percentuale d’impiego condensata in un unico numero è superato, soprattutto in un’epoca in cui abbiamo a disposizione delle statistiche sui possessi ultra dettagliate targate SportVU. Oggi possiamo sapere quanto un giocatore tiene la palla, quanto spesso la passa, quanti punti sono merito di quei passaggi, ecc; potenzialmente abbiamo davanti a noi ogni pezzo del puzzle immaginabile. E ogni esperto di statistiche avanzate legate al basket mi ha detto di preferire un approccio all’impiego più modulare, con diverse formule per misurare i diversi aspetti che compongono la responsabilità offensiva di un certo giocatore.


“Io non uso un’unica statistica d’impiego”, mi ha detto Oliver. “Ne faccio una per l’impiego di tiri, una per i tiri dal campo e una per i possessi. A seconda di cosa cerco, guardo alla statistica più appropriata”.


Jacob Rosen, che scrive di analytics per Nylon Calculus e per Waiting For Next Year, il blog sportivo di Cleveland, concorda sul fatto che avere una singola statistica d’impiego sia obsoleto. “Come per ogni statistica della pallacanestro, bisogna trattenersi dal voler descrivere tutto con una singola cifra”, ha detto Rosen. “Forse in un mondo ideale potresti avere un parametro che combini le dimensioni del tempo di possesso, i passaggi, gli assist potenziali, le palle perse, i tiri, i liberi, ecc. Ma mi pare che si trovino su piani di esistenza differenti”.


Come possibile alternativa alla singola formula d’impiego risolutrice, Rosen si domanda se il prossimo passo potrebbe essere l’introduzione delle tipologie di giocatori, come il sistema Position-Adjusted Classification (PAC) sviluppato da Jon Nichols, attuale Responsabile statistico dei Cleveland Cavaliers. “Dentro di me credo che avere queste diverse dimensioni aumenterebbe la precisione”, ha detto Rosen. “Forse si potrebbe creare una definizione PAC con i soli dati d’impiego (vale a dire passaggi, possessi, palle perse e tiri)”.


Allo stato degli strumenti di osservazione odierni, il True Usage di Partnow sembrerebbe avere il miglior bilanciamento tra il tutto-in-uno e le molteplici personalizzazioni, oltre a essere il più usato e capito.


“Per me l’Impiego Reale è il migliore”, mi ha detto Ian Levy, che contribuisce a Nylon Calculus (oltre che a FiveThirtyEight). “È una valutazione precisa della mole di responsabilità offensive di un giocatore. Il vero punto di forza però è che ti permette di analizzare singolarmente le varie componenti per scoprire che cosa deriva dal playmaking, dalle realizzazioni e dalle palle perse. Così è l’ideale: una buona misura olistica che è al tempo stesso scomponibile in varie parti per capire che cosa succede”.


In tal caso forse dovremmo tutti impegnarci a far cambiare nome alle molteplici altre versioni della percentuale d’impiego (Possession Rate? Scoring Attempt Frequency?), oppure tormentare i responsabili di ESPN e Basketball-Reference per far aggiungere una colonna in più nella sezione delle Statistiche Avanzate. Questo naturalmente fino a che la prossima rivoluzione dei dati ci porti uno strumento ancora più preciso per calcolare il carico offensivo dei giocatori… che chiameremo subito “percentuale d’impiego”, ricominciando così tutto da capo.

Traduzione di Giacomo Sauro
Articolo originale di Neil Paine
Titolo: How Did Basketball End Up With Four Versions (And Counting) Of One Stat?

© Riproduzione riservata
G. Sauro

G. Sauro

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Comments Occorre essere registrati per poter commentare 3 Commenti
  • dariosk 23/12/2015, 22.21 Mobile

    Senza alcun dubbio quella di partnow è più completa, dato che ha svariate sottocategorie, dalle quali 'pescare' di volta in volta quel che serve

  • thebigsleep 23/12/2015, 20.19 Mobile
    Citazione ( CelticLG 23/12/2015 @ 19:35 )

    Spettacolari gli articoli di 538, e anche Nylon Calculus (che seguo da parecchio) meriterebbe più visibilità perché è realizzato veramente con passione e attenzione

    Per curiosità sono andato sul secondo sito che hai detto e sto leggendo l' articolo sulla difesa di HOU....interessante

  • CelticLG 23/12/2015, 19.35 Mobile

    Spettacolari gli articoli di 538, e anche Nylon Calculus (che seguo da parecchio) meriterebbe più visibilità perché è realizzato veramente con passione e attenzione