La tessera Aldridge nel mosaico Spurs (2/2)
La seconda parte della traduzione dell'articolo di Grantland con protagonista LaMarcus Aldridge
(Qui si può leggere la prima parte)
Sia Aldridge che Diaw e West preferiscono allargarsi dopo aver piazzato il blocco; il primo e il terzo per prendersi il tiro, il secondo per iniziare uno di quei meravigliosi attacchi dondolanti che iniziano con una ricezione fuori dalla linea da tre, continuano con una, due e tre finte nello spazio di una frazione di secondo e si concludono con una penetrazione in palleggio condita da un pregevole gancio a una mano. Il roll di Duncan è invece incerto e troppo lento per costituire una minaccia costante per le difese. Poi c’è Boban Marjanovic, il nuovo gigante cattivo degli Spurs, che ama tagliare a canestro ma che probabilmente non avrà molti minuti in campo questa stagione.
“Non abbiamo più degli eccellenti taglianti”, afferma Buford. “Il nostro gioco sarà diverso”.
Molti dei possibili problemi possono essere ovviati con dosi extra di tiro. In caso la difesa chiuda Parker o Manu Ginobili dopo un pick-and-roll alto con Aldridge, le opzioni che diventano disponibili sono o un tiro dalla media di LaMarcus o una tripla piedi a terra che lo stesso Aldridge crea grazie all’attrazione gravitazionale che esercita sui difensori in aiuto.
Se il difensore bracca Aldridge e non gli permette di liberarsi, Parker e Ginobili possono godere di una comoda direttrice a canestro. Letale. Se invece la difesa cambia, Aldridge avrà vita facile contro la povera guardia avversaria, un’opzione niente male. Anche se i ribaltamenti degli Spurs sono notevoli, costano più fatica, ed è per questo che San Antonio si è dotata di una panchina profonda che supplisca all’età media in aumento e agli sforzi extra richiesti da quel tipo di attacco. Poter contare su un Aldridge in più significa anche poter rinunciare per almeno un paio di possessi alla calcolata frenesia dei passaggi ed eseguire un semplice gioco a due in posizione centrale.
Affinché Popovich si convinca è però necessario che Aldridge prenda decisioni migliori quando ha la palla in mano, perché la scorsa stagione ha ceduto troppo spesso alla brutta abitudine di ignorare il tiratore libero, aspettare un secondo e poi sparare un tiro dalla media contestato dal difensore in recupero.
Nonostante lo scorso anno a Portland abbia avuto il pallone in mano più tempo del solito (nonché molto più della media di qualsiasi componente degli Spurs), la percentuale degli assist che ha distribuito è calata sensibilmente.
Grazie alle sue finte può costringere l’avversario a correre in aiuto per poi bruciarlo in palleggio, ma se invece il difensore mantiene l’equilibrio e la distanza, Aldridge si arresta per il tiro o per uno step-back.
Un’azione simile, specie con molti secondi sul cronometro dei 24, non è tollerabile da Popovich.
Non parliamo di fisica nucleare, ma del fatto che Aldridge deve rinunciare a un un paio di piazzati egoisti a partita e muovere la palla, per poi magari riceverla di nuovo più avanti nell’azione. Se vuole sa essere un passatore intelligente, e sa anche che non può allargarsi per il piazzato dopo ogni blocco, ma che ogni tanto deve tagliare a canestro con decisione, specie se vede che il suo uomo si concentra sul palleggiatore.
Tutti questi lunghi di San Antonio con il piazzato in faretra hanno dalla loro un vantaggio considerevole: l’imprevedibilità. Se di tanto in tanto tagliano forte a canestro possono non far rimpiangere l’assenza di Splitter. Questa è la pallacanestro.
Tra l’altro Aldridge non è neanche l’elemento più importante dell’equazione. Quello è Parker. Le difese proveranno a scardinare l’intero attacco passando dietro i blocchi per Tony, e se lui non riesce a punirle con i jumper, gli arcobaleni o le penetrazioni a tutta velocità gli Spurs dovranno conquistarsi un vantaggio in qualche altra maniera. “A meno che Parker non si dia da fare in area, è difficile far collassare le difese se giochi sempre il pick-and-pop”, dice Van Gundy. “Tutti parlano di LaMarcus e di Duncan e Ginobili che invecchiano, io invece mi preoccupo di Parker, della sua salute e del suo livello di gioco”.
La scorsa stagione Patty Mills ha avuto minuti importanti, ma non è certo quel tipo di giocatore instancabile che taglia, penetra, scarica e sostanzialmente tiene in piedi da solo un intero attacco. Non è Parker, insomma.
Al netto di un iniziale periodo di adattamento, le percentuali di Aldridge possono essere un grande vantaggio per gli Spurs anche se Parker non dovesse tornare in forma All-Star. L’inserimento dovrebbe essere anche più semplice in difesa, fase per la quale Aldridge è stato per molto tempo sottovalutato. Quando è concentrato infatti può difendere su più posizioni, oltre a muoversi agilmente per il campo grazie alla sua elevata velocità di piedi. In situazioni di pick-and-roll è abbastanza rapido da aiutare sul palleggiatore, arrestarsi di botto e recuperare in fretta sul suo uomo prima che questi riesca a prendersi la tripla.
Non salta sulle finte e ha acquisito l’abilità di cambiare sugli esterni che scaricano la palla fuori e poi cercano di giocarsi l’uno contro uno contro di lui.
Se una guardia avversaria gli prende mezzo passo di vantaggio Aldridge può disturbarla comunque da dietro per via della lunghezza delle braccia. I playmaker che penetrano contro di lui arrivano al ferro, sentono il contatto con il fianco e, per evitare le sue braccia protese, lanciano degli appoggi qualche centimetro più in alto rispetto a quello che avrebbero voluto. In genere va a finire che la palla sbatte sul tabellone e torna disponibile davanti al ferro.
Gli stretch 4 non riescono ad aggirare il suo tagliafuori.
È questo ciò che rende Aldridge un antidoto perfetto contro lo small-ball; gli Spurs lo sanno e l’hanno ingaggiato con il costante riferimento di Golden State in testa. La reazione ideale contro i quintetti piccoli è semplice: non togliere i lunghi e resisti in difesa, poi sull’altro lato del campo martella con il post e con i rimbalzi offensivi. San Antonio può usare Aldridge in combinazione con qualsiasi altro lungo a disposizione, in particolar modo Duncan, per fermare le squadre che adottano quintetti piccoli ma mantengono un centro tradizionale. Aldridge non ha problemi contro le ali piccole prestate alla posizione 4 (sebbene Aldridge sia capace di tenerlo per qualche secondo dopo un cambio verso lo scadere dei 24’’, Kevin Durant rappresenta un’eccezione degna di nota), mentre Duncan si occupa dell’unico vero lungo.
Contro quintetti piccolissimi gli Spurs possono panchinare Duncan senza sacrificare la taglia e l’abilità in post. Aldridge pare non voler giocare da centro, ma qualsiasi siano i cinque in campo (anche per esempio quando Leonard viene schierato da ala grande) dovrà adattarsi a farlo. Può essere il 5 accanto a Diaw o West in quintetti con molte seconde linee, eventualità in cui può delegare la marcatura in post dei colossi avversari al compagno di turno.
Non è fenomenale nel proteggere il canestro, e si è molto parlato, forse pure troppo, di quanto gli Spurs abbiano carenze in questo aspetto dopo le partenze di Splitter e Aron Baynes. Aldridge e Splitter sono alti uguale e il brasiliano non è propriamente un saltatore; secondo i dati di SportVU, l’anno scorso gli Spurs hanno concesso migliori percentuali agli avversari quando Splitter era vicino al canestro rispetto ai Blazers con Aldridge. Aldridge non è uno stoppatore e quando era a Portland soffriva di periodi in cui la concentrazione calava e non spazzava le plance come si deve. Non è neanche bravo a prendersi gli sfondamenti, anche se in questo aspetto può fare decisamente meglio quando è sul pezzo e non è ossessionato dal numero dei falli personali.
Baynes invece era entrato a tutti gli effetti nella rotazione, ma c’è veramente qualcuno che crede che la cessione di Aron Baynes abbia fatto scendere le possibilità di titolo di San Antonio? Non diciamo cazzate, per favore.
Aldridge ha 30 anni e con il passare del tempo perderà un po’ di quella rapidità che lo rende così efficace contro lo small-ball. Le squadre più scafate possono già disinnescarlo coinvolgendolo di nuovo in un pick-and-roll dopo un cambio o fermandolo con un blocco cieco lontano dalla palla. È anche vero però che così si disinnesca un bel po’ di gente, e Aldridge è lesto a imparare dopo essere stato fregato. Non sarà uno dei migliori difensori della NBA ma va più che bene.
In questa prima fase agli Spurs, forse l’ultima dell’era Duncan, può ricoprire un determinato ruolo, per poi ricoprirne un altro negli anni di contratto futuri. “Un giorno Pop, Tony, Timmy e Manu non ci saranno più”, dice Buford ridacchiando, “e magari chiederemo a LaMarcus di gestire il pallone per 20 secondi”.
Traduzione di Giacomo Sauro